Sommario anno XI numero 1 - gennaio 2002
I
NOSTRI PAESI -
pag. 05
La pittura di paesaggio
della Campagna Romana
(Luca Ceccarelli).
Si sta tenendo al Museo del Corso a
Roma una mostra retrospettiva (aperta fino al 24 febbraio) dedicata alla
pittura agreste e di paesaggio: La Campagna Romana da Hackert a Balla.
La mostra è interessante, e a mio avviso vale una visita. È divisa in
epoche storiche, dalla fine del Settecento fino al Novecento inoltrato, e
offre vedute di vari angoli della Campagna Romana, e di angoli di Roma
oggi ampiamente costruiti ma che ancora nel primo Novecento conservavano
un aspetto agreste.
Non
poteva mancare una sezione dedicata ai Castelli Romani.
Come viene rilevato nei pannelli illustrativi della mostra la peculiarità
dei Castelli, rispetto a vaste aree desolate dei dintorni di Roma, era che
essi venivano visti dai pittori stranieri che vi giungevano tra il
Seicento e l’Ottocento come un prolungamento dell’Urbe, con la loro
abbondanza di ruderi romani e di chiese, palazzi signorili e ville del
Rinascimento e del Barocco, non diversamente da come li vedevano gli
scrittori impegnati nel Tour d’Italie (Goethe, Sade, Montesquieu,
Stendhal, Gogol). Ricordiamo che la monumentale Locanda Martorelli ad
Ariccia era un importante luogo di soggiorno per gli artisti e i letterati
stranieri di passaggio nella zona (delle scoperte dovute ai recenti
restauri della locanda si è reso conto diffusamente nel numero di marzo
del corrente anno).
Ariccia era un borgo in cui nel Seicento operavano, com’è noto, alcuni
tra i più grandi artisti presenti a Roma, a cominciare da Gian Lorenzo
Bernini. Quello che viene in luce dall’esposizione, e che si può
riscontrare anche con opere non presenti in essa, è che a partire,
sembra, dalla seconda metà del Seicento, diversi pittori subirono il
fascino dell’antico paese dei Castelli già caro alla mitologia.
Gaspard Dughet, nel 1670 dipinse un Paesaggio della Campagna Romana (Ariccia)
con figure mitologiche, ispirato al paesaggismo grandioso di Nicolas
Poussin e di Claude Lorrain.
Anche Richard Wilson, più tardi, importante vedutista inglese della
seconda metà del Settecento, dipinse l’allora minuscolo borgo di
Ariccia e il bosco aricino, all’insegna sia di criteri stilistici tipici del paesaggio ideale dei classicisti francesi che abbiamo
citato (per la tela che rappresenta il bosco), che di modalità più
razionalistiche, tipiche del vedutismo settecentesco (nel caso del disegno
a matita del paese). Ambedue le opere, databili agli anni Cinquanta del
XVIII secolo, sono oggi alla National Gallery di Londra,
nell’esposizione del Museo del Corso troviamo un olio su tela del 1844
del pittore romano Michel Angelo Pacetti, Ariccia vista dalla parte di
Albano, non priva di una maestosità classica, ma che, nella definizione
minuta dei particolari architettonici risente dei procedimenti di
rappresentazione dei paesaggi settecenteschi, soprattutto veneziani. Il
quadro ha, inoltre, un grande valore documentario, mostrando il paesaggio
tra Albano e Ariccia prima dell’apertura del ponte di collegamento
voluto da Pio IX. Decisamente diverso un altro dipinto, anch’esso
nell’esposizione: l’olio su cartone del 1845 Ariccia, di Charles
Coleman, pittore che venne a vivere a Roma giovanissimo e vi rimase fino
alla morte, dipingendo numerosi quadri ambientati nella Campagna romana,
è conserva delle opere precedenti la struttura compositiva, per dar vita
ad una pennellata molto
mossa, e ad un gioco di colori in cui predomina il giallo del sole, per
cui il villaggio appare in lontananza più nascosto che mostrato dai raggi
del sole.
Di un amico di Coleman, il romano Nino Costa, è invece Il ponte di
Galloro dall’Ariccia. Costa (che ad Ariccia aveva anche soggiornato per
alcuni mesi) non propone qui una veduta d’insieme del paese, ma un
semplice scorcio del monumentale ponte, immerso in un bosco dai
malinconici colori autunnali (forse uno dei più bei quadri
dell’esposizione).
Infine ricordiamo Ariccia, del 1874, dell’americano George Inness,
conservata al Timken Museum di San Diego, in California. Qui la struttura
compositiva e ad una linea più tradizionali. Non c’è quell’ampio
respiro che caratterizzava le opere precedenti, sembra solo un buon
dipinto di genere.
Conferenze di Umberto
Guidoni e Italo Mazzitelli
(a
cura della Redazione). L’ATA (Associazione Tuscolana di
Astronomia) annuncia l’avvio a gennaio di un nuovo ciclo di conferenze
dal titolo “Tutti gli Universi possibili”.
Le conferenze si terranno a Frascati nelle Scuderie Aldobrandini.
Venerdì 25 Gennaio 2002, alle ore 18:00, il Socio Onorario dell’ATA
Umberto Guidoni aprirà il ciclo con la conferenza dal titolo:
“La mia avventura nello spazio”
La Conferenza è tenuta con la
collaborazione dell’Amministrazione Comunale di Frascati e dell’Italian
Space Society.
A partire dal 14 Febbraio (sempre alle Scuderie Aldobrandini a Frascati)
sarà impegnato Italo Mazzitelli.
Quando saranno disponibili, avremo cura di precisare gli orari degli
incontri nella nostra rubrica “agenda degli eventi interessanti” nel
sito web del Photo Club Controluce al link http://photoclub.controluce.it/agenda/index.htm
Sommario
anno XI numero 1 - gennaio 2002 |