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Sommario anno XI numero 2 - febbraio 2002

 I NOSTRI PAESI - pag. 09

lettere al giornale

Notizie in... Controluce e gli emigrati in Argentina

Lettera di Florido Bocci del 29 gennaio 2002
Caro Tarquinio, debbo metterti a parte dei consensi conseguenti alla diffusione di "Controluce". C’è una schiera di frascatani che segue con particolare entusiasmo i miei articoli in dialetto, tanto, poi, da propagandarli all’estero. È il caso dei parenti di quella signora Valentina Pistacchi, uno dei quali emigrato in Argentina una cinquantina di anni fa, che si è beato nel leggere in dialetto "U giru d’u forte" in sette puntate, recapitatogli regolarmente da Frascati ad ogni uscita bimestrale.
L’emigrato in parola è Francesco Ippolito, figlio della signora da me ricordata; mi ha inviato una lettera recapitatami da suo fratello dott. prof. Armando Ippolito, mio carissimo amico, preside del Liceo classico di Frascati, ora in pensione, che è stato ospite del fratello in Argentina per qualche mese.
Ho avuto con lui un colloquio ieri mattina, che mi ha riportato indietro nel tempo, rispolverando vecchi cari ricordi della mia gioventù. Io l’anno scorso, dopo che tu mi telefonasti dei ringraziamenti ricevuti via Fax dall’Argentina, inviai a Checco parecchio materiale già pubblicato, tra cui "I Seminaristi", particolarmente toccante per lui perché si riconobbe tra i protagonisti che io ricordai in dialetto.
Orbene, il mio amico preside, tornato dall’Argentina, mi ha riferito che qualche settimana fa a casa di Francesco Ippolito, suo fratello, c’è stata una rimpatriata che ha avuto per protagonista "Controluce" letta e commentata dai rappresentanti di tre generazioni di frascatani i cui cognomi sono: Ippolito, Pistacchi, Blasi, Belli, tutti imparentati con quella signora Valentina Pistacchi da me nominata nella puntata di "U giru d’u forte".
I passi salienti della lettera da me ricevuta sono i seguenti:
"Ti sono grato per le pubblicazioni che mi hai voluto inviare e per la poesia in dialetto frascatano che mi ha rituffato ai tempi nostalgici del seminario. Ma mi sono deliziato soprattutto della lista dei soprannomi, moltissimi li tenevo conservati nella memoria e ridevo solo come un matto. Tutto mi ha fatto riassaporare i suoni della parlata del mio adorato paese. Poi ti sono grato perché attraverso i tuoi articoli così freschi spontanei e gustosi ho, all’improvviso in una folgorazione inaspettata ed emozionante, ritrovato l’atmosfera della mia Frascati, Via Paola, dei tanti dolcissimi e indimenticabili personaggi che la popolarono e che sono rimasti dentro di me con le tue parole. Folgorante è stata poi la menzione delicatissima su mia madre, così improvvisa e felice. Ritrovo attraverso tutti gli articoli notizie che mi aggiornano sul presente dei nostri Castelli Romani, sono nomi che mi ricordano gente che ho conosciuto nella mia gioventù. Quindi grazie per tutto quanto, carissimo Florido. Armando ti racconterà poi quale importante occasione abbiamo vissuto qui, fra tutti noi, in una specie di Frascati Argentina in cui tre generazioni della stessa famiglia (Ippolito – Blasi – Pistacchi – Belli) si sono ritrovate insieme per un lungo periodo strette da profondo amore per le proprie origini.
Mi piacerebbe che tu ne facessi cenno, sul tuo piacevolissimo giornalino, perché noi, poi, attraverso l’Oceano abbiamo veramente rivisto Frascati"
.
Queste le parole del mio amico emigrato, fattemi recapitare dal fratello prof. Armando, rientrato in questi giorni dall’Argentina.
Trasmetto, attraverso questa lettera, tutta la mia soddisfazione per avere in qualche modo interpretato lo spirito di "Controluce", pregandoti, ove fosse possibile, di pubblicare in uno dei prossimi numeri questo avvenimento per la gioia dei nostri connazionali che al di là dell’Oceano, vogliono seguirci e non vogliono assolutamente essere dimenticati.
Ti saluto cordialmente.
Florido Bocci


castelli romani

Consideriamoli una città

(Mirco Buffi) -

Consideriamoli una città

(Mirco Buffi) -

Consideriamoli una città

(Mirco Buffi) - Vi ricordate le famose gite fuori porta? I romani usavano, una volta, trascorrere le domeniche in uno dei tanti paesi dei Castelli Romani; non importava quale: Ariccia, Marino, Frascati, Monte Compatri… l’importante era passare una giornata diversa, tra il verde dei rigogliosi e sterminati castagneti che adornavano questi paesi. Divertenti, rilassanti, erano i pranzi a base di porchetta, consumati coi familiari o con gli amici, in una delle tante fraschette o bettole disseminate per ogni vicolo, e gustare un buon bicchiere di vino fresco di grotta, mentre per i più piccoli c’era la spuma.
Oggi purtroppo quella tradizione si è un po’ persa, a dire il vero un bel po’, anzi, diciamo che ormai è mantenuta in vita solo da qualche sporadico nostalgico, da poche persone che cercano nel vecchio nuove esperienze ed infine da tanti che altrimenti non saprebbero cosa fare. Oggi i Castelli Romani cercano di allinearsi con le esigenze moderne; i nostri paesi devono continuamente confrontarsi e risolvere problemi quali i parcheggi, il traffico, i servizi da dare ai cittadini, le strutture culturali, sportive, di svago, che ogni giorno di più, e a ragione, vengono richieste dalla popolazione. Ma come fare a dare tutto questo alla gente? I costi molto spesso sono proibitivi, e così capita che si raggiunge un compromesso con il risultato di dare un contentino che crea solo delusione.
Cosa inventarsi allora? Come risolvere il problema? Ed ecco che parlando con amici, conoscenti ed altri, scaturisce l’idea: proviamo a considerare i Castelli Romani non più come un insieme di una quindicina di paesi spesso in contrapposizione l’uno con l’altro, bensì come un’entità unica, una grande città di circa 350.000 abitanti.
Cosa porterebbe pensare e operare in questo modo?
Senz’altro una serie di benefici: economici, culturali, sportivi, sanitari, posti di lavoro e qualunque altra cosa che possa rendere più facile e ricca la vita di tutti i giorni. Cercherò di spiegarmi meglio con alcuni brevi esempi.
Uniti, questi paesi, potrebbero avere più facile accesso ai finanziamenti e contributi di Provincia, Regione e Comunità Europea; denaro che renderebbe attuabile una serie di iniziative altrimenti impensabili, come ad esempio una struttura ospedaliera più idonea alla popolazione della zona; un ospedale che disponga dei più sofisticati macchinari e che eviti di doversi rivolgere per forza ai grandi centri romani con tempi d’attesa a volte lunghi anche semestri, giusto il tempo di morire. Uniti, questi paesi potrebbero potenziare il servizio scolastico, fino a dotarsi di una Università, perché no! Di predisporre un servizio di trasporti pubblici tipo l’A.T.A.C. di Roma; di dotarsi di un teatro dove ospitare le più importanti compagnie teatrali nazionali; di costruire impianti sportivi più consoni ad un’utenza di 350.000 abitanti. Impianti sportivi che farebbero da richiamo a un più alto numero di giovani che si volessero cimentare nello sport, rendendo possibile, quindi, anche una più elevata probabilità di scoprire campioni a livello nazionale e internazionale, e quando arrivano i successi l’interesse aumenta sempre, ne è una dimostrazione la scherma frascatana che, pur appartenendo ad una cittadina di appena 20.000 anime circa, ha conquistato anche titoli mondiali ed ha oggi una scuola frequentatissima. E sempre a proposito di sport, mi chiedo, e chiedo ai nostri lettori: non sarebbe bello avere una squadra di calcio tutta nostra con ambizioni di serie "B" ed "A" e poi chi lo sa…
Perché dobbiamo dipendere quasi in tutto da Roma? Una metropoli che ci sta soffocando, che piano piano, ma inesorabilmente, ci sta togliendo i nostri spazi, le nostre risorse, la nostra cultura, le nostre tradizioni. Certo, anche pensare ai Castelli Romani come ad una città potrebbe influire negativamente sulla conservazione del nostro essere, è vero, ma potremmo operare liberi (o quasi) da qualsiasi impietosa intromissione esterna, dopodiché dipenderebbe tutto dalle nostre capacità e dalla nostra onestà. Insomma, forse non sarebbe sbagliato riflettere su queste considerazioni, ed anzi, la nostra redazione invita i lettori a farci pervenire il loro pensiero su questo argomento, scrivendoci agli indirizzi riportati in seconda pagina. Limitatamente allo spazio disponibile le lettere saranno pubblicate su questo stesso giornale o sul nostro sito internet.


comunicato stampa

Mostra sullo sterminio nazista dei testimoni di Geova

Con il patrocinio dell’Accademia Nazionale dei Lincei, è stata allestita a gennaio una mostra intitolata "I dimenticati dell’olocausto: i Triangoli Viola", che ha documentato lo sterminio nazista dei testimoni di Geova che furono tra i primi ad essere rinchiusi nei campi di sterminio a motivo del loro rifiuto di sostenere Hitler (le prime deportazioni risalgono alla metà del 1933). Furono anche tra i primi a denunciare all’opinione pubblica internazionale le atrocità commesse nei lager. Degli oltre 20.000 testimoni di Geova che c’erano all’epoca nella sola Germania, circa 10.000 soffrirono nelle prigioni e nei campi di concentramento nazisti, dove quasi 2.000 di loro persero la vita che avrebbero potuto salvare se solo avessero firmato una lettera di abiura con la quale rinnegare la propria fede.


artena

I 20 anni del Gruppo archeologico

(Nicola Pacini) -

I 20 anni del Gruppo archeologico

(Nicola Pacini) -

I 20 anni del Gruppo archeologico

(Nicola Pacini) - Il Gruppo archeologico di Artena ha festeggiato i 20 anni di una vita molto intensa e proficua e per l’occasione ha organizzato presso il salone del Palazzaccio una conferenza su Roma sotterranea, presentata da Carlo Pavia, uno dei maggiori studiosi di Roma sotterranea, archeologo, speleologo, nonché appassionato storico e studioso della città eterna.


Sommario anno XI numero 1 - gennaio 2002