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Sommario anno XI numero 2 - febbraio 2002

 ARTE - pag. 17

Camera Work. Poesia e oggettività

Stieglitz - Inverno(Luca Ceccarelli) - Diversamente dalla pittura, dalla scultura e dalle arti figurative in generale, la fotografia non ha sempre una finalità artistica, in molti casi il suo scopo è puramente documentario. Tuttavia, a volte può raggiungere anch’essa risultati di alta poesia. Ne abbiamo una dimostrazione nella mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma dedicata ad Alfred Stieglitz e ai fotografi di "Camera Work" (che sarà aperta fino all’8 aprile). Una pagina di capitale importanza nella storia della fotografia, che mette a fuoco un’esperienza ben precisa nell’arte fotografica del Novecento: Camera Work è il nome della rivista fondata nel 1903 da Stieglitz, maestro della fotografia del primo Novecento, di origine tedesca.
Questa rivista, che fu pubblicata fino al 1917, ebbe il merito di pubblicare le opere di grandi maestri dell’epoca, come Alvin Landon Coburn, Julia Margaret Cameron, Paul Strand e altri, tra cui lo stesso Stieglitz. Ma non solo: oltre alle realizzazioni della fotografia, Camera Work riproduceva opere di pittori e scultori tra i maggiori dell’epoca, come Auguste Rodin, Picasso, Matisse, e diffondeva testi di capitale importanza nella storia dell’arte, come gli scritti di Kandinskij o del dadaismo francese, oltre a dare spazio a scrittori di grande spessore come George Bernard Shaw, Gertrude Stein e Mabel Dodge Luhan.
L’esposizione, curata da Sara Antonelli per il Centro Studi Americani, in collaborazione con la Royal Fotographic Society, pur non essendo amplissima, presenta una scelta abbastanza nutrita di opere fotografiche, oltre ad alcuni testi, con un ricco apparato esplicativo, esauriente anche per quanto riguarda le varie tecniche di rappresentazione: fotoincisione, gomma al platino, mezzatinta, ecc.
Stieglitz - Piogge primaveriliI soggetti sono i più vari. Di Stieglitz colpisce la rappresentazione del paesaggio urbanizzato. La mano dell’uomo, fotoincisione del 1903, riproduce una locomotiva a carbone che avanza emettendo fumo verso l’alto, in un paesaggio di binari ferroviari che si intersecano e di tralicci, sotto un cielo nuvoloso. Un’opera che evoca una meditazione su come l’uomo moderno abbia modificato il territorio, rendendo omnipervasiva la sua opera sulla natura originaria. Opposto è l’effetto che si ricava da un’altra fotoincisione, del 1905, L’inverno sulla Fifth Avenue: qui infatti, lungo il viale newyorchese sepolto nella neve si vedono arrivare delle vetture trainate a cavallo: la natura sembra avere il sopravvento sul paesaggio urbano.
In una mezzatinta a tre colori di Eduard J. Steichen del 1906 abbiamo invece Il Flat Iron di sera: qui il fascino del paesaggio è dato dalla penombra in cui tutto è avvolto nell’imbrunire fiocamente illuminato dalla luce di qualche lampione, che fa risaltare il nero degli alberi spogli invernali.
Oltre a queste e ad altre realizzazioni fotografiche di impianto manifestamente pittorico, in qualche caso evidentemente influenzate dalla pittura di paesaggio e dalla ritrattistica, c’è nell’esposizione una linea di evoluzione, lungo la quale sulle opere di impostazione più accentuatamente pittorica, prendono il sopravvento quelle di intento più oggettivo o sperimentale. Mentre nelle arti figurative si affermavano le avanguardie, l’astrattismo e il cubismo, la fotografia d’autore di Camera Work tendeva a sondare la possibilità di una resa oggettiva della realtà. E così, mentre in Alfred Stieglitz alle visioni poetiche del paesaggio urbano subentrano rappresentazioni più movimentate, in Paul Strand troviamo sia un estremo realismo, come nella fotografia della Cieca del 1917, sia fotografie che evocano quasi la pittura astratta.


Sommario anno XI numero 1 - gennaio 2002