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Sommario anno XI numero 8 - agosto 2002

 DIRITTI UMANI

E io li condanno
(Federico Greco) - Qualche giorno addietro l’organizzazione radicale “Nessuno tocchi Caino” ha reso noto il suo rapporto annuale sulla pena di morte. Tali dati, vista la cristallina e specchiata serietà della organizzazione e il grande impegno profuso al fine di rendere edotto il mondo sulle nefandezze che ancora lo affliggono, sono da considerarsi della massima attendibilità e, quindi, ancora più aberranti. Nel rapporto in questione si evidenzia un trend che anno dopo anno porta sempre più Stati a rinunciare all’applicazione della pena capitale, ma, per converso,  si denuncia un aumento delle esecuzioni. Per gli amanti delle statistiche, nel 2000 le persone giustiziate furono non meno di 1892, nel 2001 il numero è vertiginosamente salito fino a toccare quota 4700. Chiaramente si tratta di dati approssimativi, purtroppo per difetto, poiché molti Stati sono poco propensi a fornire dati ufficiali su una questione spinosa come questa.
A tutt’oggi sono 69 i Paesi che mantengono come massima condanna la pena di morte; a guidare questa macabra e barbara classifica è la Cina. Basti pensare che delle 4700 esecuzioni avvenute nel mondo ben 3500 sono state eseguite nel Paese della grande muraglia.
Quello che più lascia basiti è l’apprendere quale esiguo valore venga dato alla vita umana in nome di una morale falsa e bieca. Evasione delle tasse, furto abituale, bigamia, guida in stato di ebbrezza, contrabbando di sigarette, sono soltanto alcuni dei “gravissimi” reati che in Cina, in uno Stato civile, vengono puniti con la morte. No, non siete innanzi ad un refuso, è tutto vero, niente scherzi, niente giochi, solo terribile ed inconfutabile realtà!!
Anche se quella cinese è la realtà che più di altre lascia storditi ed interdetti, non va dimenticato che anche Paesi culturalmente e spiritualmente più vicini a noi applicano la legge “dell’occhio per occhio”. Gli Stati Uniti, la superpotenza, il paese del progresso, la culla della democrazia, mantengono ancora quella che molti definiscono la “condanna dei poveri”. Statisticamente la maggior parte dei condannati a morte nel paese a stelle e strisce sono i reietti, i meno abbienti, coloro che non possono permettersi avvocati dal ricco blasone e dalle esose richieste economiche. Verrebbe da pensare che in questo caso si perpetri l’ingiustizia nell’ingiustizia, non si è solo in presenza di una pena barbara e incivile, ma anche classista…come dire, al peggio non c’è mai fine.
Per motivi religiosi, per motivi lesivi della morale, per il perseguimento della somma giustizia, qualunque sia il motivo che spinga uno Stato a tenere in vigore e ad applicare la più turpe delle cose turpi, la nefandezza con la n maiuscola, io lo condanno…

 DIRITTI UMANI

Sommario anno XI numero 8 - agosto 2002