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Sommario anno XII numero 1 - gennaio 2003

 COSTUME E SOCIETÀ
Il romanzo di una voce. Mostra su Claudio Villa
(Luca Ceccarelli) - Alla fine del film di Federico Fellini Roma, del 1972, un nugolo di motociclisti percorre rombando le strade di Roma, simbolo dell’esaltazione della tecnica e della cancellazione violenta dell’antico. Sarà forse anche per il sentimento di questi mutamenti che Claudio Villa decise di lasciare Roma e trasferirsi a Rocca di Papa? Nel Museo di Roma in Trastevere, si tiene un’esposizione su Claudio Villa. Il romanzo di una voce, che andrà avanti fino al 9 febbraio. Si legge la storia della sua vita (cominciata proprio in questo rione), si vedono le foto che lo ritraggono, si ascoltano le canzoni che lui ha lanciato. Si leggono le pagine di giornale che raccontano episodi salienti della sua carriera e della sua vita (Una vita stupenda, come recita il titolo che volle per la sua autobiografia), e la sua morte. Per chi lo ha conosciuto, a vario titolo, Claudio Villa ha rappresentato un pezzo di storia della cultura italiana. Più di ogni altro ha diffuso i ritmi e le melodie del canto lirico in forma volgarizzata. In un certo senso, ascoltando le canzoni da lui eseguite, sia quelle romanesche (tra cui Barcarolo romano, Quanto sei bella Roma, Com’è bello fa’ l’amore quand’è sera) che quelle in italiano (ricordiamo tra le altre Serenata celeste, Buongiorno tristezza, Corde della mia chitarra) si comprende che non era del tutto peregrina la sua convinzione di rappresentare “la vera canzone italiana”. Era vero anche se, com’è stato scritto da qualcuno in un pezzo di tanti anni fa, usava “le ugole come cazzotti”. In realtà, se si ascolta il Claudio Villa più giovane (che in realtà si chiamava Claudio Pica) ci si accorge che la sua voce era su toni molto bassi, quasi una voce bianca. Ciò era dovuto ad una tubercolosi polmonare di cui si ammalò da bambino, e che lo tormentò per un lungo periodo della vita, costringendolo, tra l’altro, a rinunciare agli spettacoli nel teatro di rivista. Non stupisce che negli anni Sessanta Pier Paolo Pasolini espresse, in una sede per lui insolita come il settimanale Sorrisi e canzoni, un elogio del “reuccio”. Proprio lui, l’artista e pubblicista impegnato e di sinistra, amante del popolo, comprese molto bene che le canzoni di Claudio Villa erano espressione di una cultura, nel senso migliore, “nazional-popolare”, dietro la quale non vi era che l’americanismo di maniera degli “urlatori”, e i seguaci delle varie volgarizzazioni (di solito, poco felici) del Pop, del Rock e del Jazz, fino ai cantautori degli anni Settanta. D’altra parte, non va dimenticato che per molto tempo il cantante militò nel Pci, e cantò gratis a innumerevoli feste dell’Unità, e anche dopo essere uscito dal partito rimase sempre di idee ferreamente atee e anticlericali. L’epitaffio irridente che ha voluto sulla sua tomba recita “Vita, sei bella, morte, fai schifo!”. Una gioiosa spavalderia che solo da un popolano romano ci si può aspettare. 
Un’istantanea dell’esposizione che colpisce è la fotografia di Claudio Villa insieme ad un Renato Zero ancora agli esordi. Due personaggi che a prima vista non si potevano immaginare più diversi, Villa, con la sua larga faccia popolana, e il Renato Zero degli anni Settanta, tutto parrucche e rimmel, imitatore di David Bowie. Eppure, Renato Zero scrisse, insieme a Roberto Conrado, una canzone per Claudio Villa: Buon compleanno. E la scrisse proprio in quello sciagurato 1982 in cui Villa venne escluso in modo dubbio dal Festival di Sanremo (nulla poté, in quel caso, la sua verve polemica e combattiva contro il cinismo da sfinge di certi impresari). Successivamente i due cantanti hanno eseguito insieme il brano insieme, e Zero lo ha inserito in una sua raccolta del 1991 dedicandolo “a Claudio Villa, Patrizia, Andrea Celeste, Aurora [la giovane moglie e le figlie del cantante, N.d.a.] e a tutti quelli che non avranno dimenticato la schiettezza”. I due artisti, profondamente popolari e popolani, nei pregi e nei limiti, evidentemente si erano compresi l’un l’altro.
 COSTUME E SOCIETÀ

Sommario anno XII numero 1 - gennaio 2003