Domenico
Veneziano e l’invenzione del suo omicidio
(Luca Ceccarelli) - Quella di Domenico Veneziano è una
figura piuttosto atipica, nella pittura italiana del Quattro-Cinquecento.
Certamente
una figura eclettica. Che fece l’inverso di Giotto che, molto tempo
prima, era andato a dipingere in area veneta dove realizzò gli affreschi
per la Cappella degli Scrovegni a Padova. Domenico Veneziano fu chiamato a
dipingere in Umbria e in Toscana, dove destò grande ammirazione con la
sua versatilità artistica, che univa il cromatismo del gotico
internazionale alla luminosità della pittura toscana. Del Veneziano, di
cui ignoriamo la data di nascita, che comunque dovrebbe risalire ai primi
anni del XV secolo, ci sono rimaste poche opere certe. Il tondo con l’Adorazione
dei Magi, conservato allo Staatliche Museum di Berlino,
risalente ai primi tempi della sua permanenza in Toscana, è ancora
ricollocabile nell’area del gotico internazionale, sia per la
disposizione delle figure in processione, sia per il cromatismo acceso e i
costumi, sia per il paesaggio, che rimandano ai quadri di Van Eyck, di
Gentile da Fabriano e del Pisanello. La presenza del cipresso, tuttavia,
è già un elemento tipicamente toscano, e la Madonna e i cavalli sono
manifestamente ispirati ad un dipinto di soggetto analogo del Masaccio, di
poco precedente. Nel 1439 Domenico lavorò anche per i Medici, per gli
affreschi di Sant’Egidio, oggi perduti. Qui ebbe come collaboratore il
giovane Piero della Francesca, che dal Veneziano apprese l’arte di
distendere la luminosità nei dipinti. Nella Pala di Santa Lucia de’
Magnoli, dipinta per la chiesa omonima negli anni Quaranta del
Quattrocento e firmata dal pittore, oggi agli Uffizi, il soggetto è
quello tradizionale dei trittici con la Madonna, il Bambino e Santi della
pittura dei secoli antecedenti. La differenza con i trittici medievali sta
nel fatto che qui, invece di un polittico, abbiamo un unico sfondo,
consistente in un’esedra a nicchie ispirata all’architettura
quattrocentesca e alla trattatistica di architettura dell’età classica.
Anche i colori tendono a farsi molto
tenui.
La plasticità è piuttosto spiccata, ma l’elemento che risalta
maggiormente è la luminosità. Il Veneziano acquisisce questo valore
proprio della tradizione toscana, in un insieme di grande originalità. La
luminosità la fa da padrona anche in un altro dipinto, che è forse il
suo capolavoro: il dittico comprendente San Francesco e la Povertà
e l’Imposizione della regola francescana, conservato alla Alte
Pinakothek di Monaco, che a lungo era stato attribuito ad Antonio del
Pollaiolo, e poi all’umbro
Bonfigli. Nella Pala di
Santa Lucia de’ Magnoli la figura del Battista è chiaramente
ispirata a quelle del suo presunto rivale Andrea del Castagno. Nella
biografia che scrisse Giorgio Vasari di Andrea del Castagno si racconta
che quest’ultimo, sopraffatto dall’invidia, uccise il Veneziano mentre
una sera quest’ultimo tornava a casa dopo aver eseguito una serenata
romantica: «Una sera di state, come altre volte era solito, Maestro
Domenico tolse il liuto, e di Santa Maria Nuova partitosi, lasciò Andrea
il quale nella camera sua disegnava, e l’invito che Domenico gli aveva
fatto di menarlo a spasso per la terra accettar non volse, mostrando che
allora avesse fretta di disegnare alcune cose importanti. Per il che
Domenico subito partito, et a’ suoi piaceri usati per la città
caminando, Andrea sconosciuto nel suo ritorno si mise ad aspettarlo dietro
a un canto, e con certi piombi il liuto e lo stomaco a un tempo gli sfondò,
e con essi anco di mala maniera su la testa il percosse, e non finito di
morire, fuggendosi in terra lo lasciò; et a Santa Maria Nuova alla sua
stanza tornato, si rimise con l’uscio socchiuso intorno al disegno che
avea lasciato». Il fatto, che sarebbe stato rivelato da Andrea in
confessione in punto di morte, non è vero per la semplice ragione che il
presunto assassino morì, in realtà, quattro anni prima della sua
vittima, nel 1457. È chiaro che nel racconto del Vasari ebbe la sua
influenza il carattere realistico e la forte plasticità della pittura di
Andrea, che lo rendono, agli occhi scrupolosi dell’autore
tardo-cinquecentesco, un uomo equivoco e violento che si contrappone al
romantico e dolce Veneziano, in un conflitto che fa pensare a quello tra
Mozart e Salieri. |