È
così difficile capire che non vogliamo guerra?
(Dario Fo, Franca Rame, Jacopo Fo) - Francesco Merlo,
giornalista del Corriere della Sera, ha attaccato violentemente Gino
Strada accusandolo di essere una “scoria del pacifismo”, una
“serpe”, un “lupo”, una “volpe”. Secondo il signor Merlo, Gino
Strada è un infingardo che non prende parte e standosene fintamente
neutrale alla fine sostiene il terrorismo.
Il signor Merlo per illustrare il pensiero di Strada traccia azzardati
parallelismi. “Né con gli Usa né con Saddam” diventa un pensiero
tale quale a “Né con lo Stato né con le Br”, “Né con la
Resistenza né col fascismo”, “Né con Hitler né con gli ebrei”.
Alla fine sembra che Strada, per il solo fatto di essere contro la guerra
sia un po’ anche nazista perché non si impegna a favore del bene nella
crociata contro il male. Ora appare principalmente curioso che una tal
critica sia mossa da un giornalista che se ne sta comodamente in poltrona
a un medico chirurgo che da anni opera massacrati e moribondi a ridosso
delle prime linee in paesi dilaniati dalla guerra e dalla disperazione. Ma
è da notare anche un altro elemento curioso, quanto misterioso, che
impedisce ormai di dichiararsi contro la guerra senza essere tacciati di
fiancheggiare il terrore.
Ancora non sono arrivati a dire che anche il Papa è un violento
fondamentalista islamico ma ce l’hanno sulla punta della lingua.
Questa non volontà di capire le differenze è così diffusa e ostinata
che ci fa sospettare non una semplice malafede politica ma una vera e
propria lesione culturale. Queste persone sembrano aver assorbito talmente
in profondità l’ideologia dei film western da non poter immaginare che
vi sia un modo di affrontare il conflitto con Saddam senza distruggere
l’Iraq e massacrare migliaia di persone.
Non riescono a immaginare che si possa valutare eccessivo il costo umano
di una guerra realizzata per uccidere un solo uomo.
Non si rendono conto che il loro modo di ragionare ci sembra un po’
schizofrenico.
Quando nella guerra che Saddam aveva provocato con l’Iran egli si trovò
in grave difficoltà gli Usa lo riempirono di armi.
E quando, al termine della guerra del Kuwait, il popolo iracheno insorse,
dopo la sconfitta delle armate di Saddam, Bush padre accordò a questo
dittatore sanguinario il permesso di usare l’artiglieria e di far volare
gli elicotteri per bombardare i ribelli. Così Saddam, pur sconfitto dagli
Usa e in loro totale potere, poté massacrare alcune decine di migliaia di
persone che si erano ribellate perché volevano la democrazia e avevano
creduto alla protezione promessa dagli Usa.
E dopo questo atto criminale Bush padre stabilisce l’embargo economico,
poi mantenuto da Clinton, che ha provocato fino ad oggi 500 mila morti
solo tra i bambini iracheni. E ora Bush figlio ci dice che non c’è
altra soluzione che far fuori il rais e che per portare a termine
l’operazione val la pena di compiere un altro massacro.
E questa sarebbe una politica coerente di difesa della legalità
internazionale?
Ma non c’è da stupirsi, da sempre i potenti si ammantano di buone
ragioni e scopi umanitari quando la guerra diventa economicamente
conveniente.
Invece non era mai successo che 120 milioni di persone, in tutto il
mondo, marciassero per la pace. È stata la più grande manifestazione
della storia del mondo.
Molti hanno detto che è nato il popolo della pace e che ha imparato a
farsi sentire. E tutto si è svolto senza incidenti in modo assolutamente
pacifico e ordinato.
Questo nuovo pacifismo ha dimostrato di essere molto forte e di avere un
grande peso politico. Subito Bush e soprattutto Blair hanno iniziato ad
ammorbidire le loro posizioni e la pace inizia ad avere una possibilità.
Una sola, non è molto, ma prima del 15 febbraio non aveva neanche quella.
La grande novità di questo pacifismo, la ragione della sua forza, è che
crede alla pace come strumento di cambiamento. Crede che se i popoli del
mondo si coalizzano in modo non violento possono anche far crollare un
dittatore. Crede che si possano inventare sistemi di pressione mai
sperimentati e basati sull’azione non violenta.
Negli anni settanta si marciava per la pace in Vietnam ma si era spesso
favorevoli alla guerriglia e ad altre forme di lotta violenta.
Oggi il movimento non crede più all’efficacia della violenza, è alla
ricerca di nuove forme lotta, basate sulla cooperazione e il controllo
internazionali.
Il che non vuol dire abdicare alla necessità di battere i dittatori ma
cercare di ottenere questo risultato attraverso lo sviluppo economico, il
boicottaggio (mirato) degli interessi economici, la mediazione politica,
la crescita culturale, la solidarietà e l’appoggio alle realtà che
lavorano per il riscatto umano delle popolazioni.
I dittatori, il terrorismo, la violenza hanno bisogno di un terreno
fertile per svilupparsi. Se si vuole veramente sconfiggerli bisogna
demolire il contesto che li ha generati.
Se un dittatore viene abbattuto senza che si creino condizioni culturali
e economiche diverse da quelle che lo hanno prodotto si ottiene ben poco e
il vecchio dittatore viene sostituito da uno nuovo o da una serie di
signori della guerra legati alle mafie internazionali e ai mercanti di
droga, come sta accadendo in Afghanistan.
Quando le condizioni culturali e economiche maturano si ottiene invece il
crollo dei regimi senza spargimento di sangue. Sembra incredibile ma è
così. E il crollo incruento dell’impero sovietico ci ha mostrato che
nella società moderna esiste un’alternativa ai fucili mitragliatori. Si
è già realizzata una guerra contro l’Afghanistan per colpire Bin Laden
e non lo si è acciuffato. Un’altra guerra si sta preparando per colpire
un altro criminale che forse riuscirà a fuggire.
A ridosso dell’11 settembre molti stimati economisti spiegarono che se
si voleva veramente colpire il terrorismo internazionale bisognava
impedire che venisse finanziato in modo occulto. La soluzione sembrò
allora semplice e chiara: abolire il segreto bancario e i paradisi
fiscali.
Hanno finto di fare qualche cosa, hanno dato una limatina qua e là, si
sono rese un po’ più complicate le procedure ma di abolire veramente la
possibilità di muovere denaro segretamente, non se ne parla. Per battere
il terrorismo sono disposti a ammazzare civili a migliaia ma se ne
guardano bene di colpire gli interessi delle multinazionali che usano il
segreto bancario per evadere le tasse e creare fondi neri.
E poi sparare con i cannoni e bombardare dà impulso al prodotto interno
lordo.
I bambini morti sono solo uno spiacevole esubero statistico.
Fonte : il c@c@o della domenica |