La
svolta di Claude Lorrain
(Luca Ceccarelli) - Claude Gellée nacque esattamente
all’inizio del XVII secolo a Chamagne, in Lorena, da cui deriva il nome
con cui è
stato
sempre conosciuto: Claude Lorrain, o, in italiano, il Lorenese. Si trasferì
a Roma giovanissimo per imparare l’arte pittorica. A Roma in quegli anni
le botteghe d’arte prosperavano, e si confrontavano e si mescolavano il
realismo caravaggesco, con la sua cruda poesia, e il classicismo che
considerava come suo principale modello la pittura di Raffaello. Senza
dubbio il Lorenese dovette assorbire gli stimoli provenienti da entrambi
questi filoni. Si sa che nel 1626 egli tornò per un anno in Lorena dove
lavorò come apprendista nella bottega di Claude Deruet, per tornare
successivamente a Roma da dove non si mosse più fino alla morte avvenuta
nel 1682. Purtroppo la sua opera pittorica dei primi anni è andata tutta
distrutta o smarrita. Le opere databili al periodo più antico risalgono
al 1630 circa. Una di esse è il Paesaggio con mercanti oggi alla
National Gallery di Washington. A partire dalla metà degli anni Trenta
Lorrain cominciò a stendere il Liber Veritatis in cui, oltre ai
disegni dei dipinti realizzati, vi è il nome del committente. Una sorta
di diario, prezioso per la ricostruzione filologicamente precisa di quasi
cinquant’anni di carriera artistica.
C’è senza dubbio in Lorrain una profonda conoscenza della pittura di
paesaggio del Cinquecento e di quella a lui contemporanea, ma anche alcune
peculiarità che lo collocano al di sopra di una produzione paesaggistica
di maniera. Il Paesaggio con mercanti a cui si è accennato, e il Paesaggio
con capraio, del 1636, denotano una piena padronanza della pittura di
paesaggio. Ma nel Paesaggio con il ritrovamento di Mosè (al Museo
del Prado), nella Veduta di un porto con Villa Medici e nell’Imbarco
di Sant’Orsola, Lo sbarco di Cleopatra a Tarso, tutte opere
eseguite tra la seconda metà degli anni Trenta e i primi anni Quaranta,
emerge un luminismo molto più sapiente, in cui la luce di un sole basso dà
a tutto l’insieme (natura, figure umane, edifici) una patina dorata dal
forte effetto poetico. È un elemento che non resterà episodico, ma
tornerà anche nelle opere più tarde (si pensi al Porto di mare
all’alba della Alte Pinakothek di Monaco del 1674).
Si è inserito spesso il Lorrain nel filone del classicismo, dove viene
associato a Nicolas Poussin, anch’egli francese trapiantato a Roma di
cui il Lorenese subì certamente l’influenza. È importante tuttavia
rilevare, accanto agli elementi che accomunano i due artisti, anche quelli
che li differenziano.
Se, infatti, è vero che anche nel Poussin vi è un’attenzione spiccata
agli elementi paesaggistici, in Poussin il cielo e l’effetto della luce
del sole dànno ancora un senso di stilizzazione molto marcata, senza una
vera amalgama cromatica (che invece in Lorrain è un risultato acquisito).
In secondo luogo, va tenuto in considerazione l’aspetto tematico. Qui
gli elementi di affinità sono innegabili: tanto in Poussin che in Lorrain
vi è un’integrazione che si potrebbe definire perfetta tra gli elementi
biblici e quelli classico-mitologici, secondo una poetica che trova il suo
compendio in autori come Raffaello e Guido Reni (mentre nei “realisti”
e nei caravaggeschi la mitologia antica riceve attenzione minore). Questo
perché, anche in un’epoca di imperante Controriforma cattolica, questi
artisti comprendono bene le profonde affinità tra l’epopea della storia
romana e le vicende narrate nella Bibbia. Tuttavia, mentre in Nicolas
Poussin le figure umane occupano uno spazio notevolmente più vasto nella
realizzazione pittorica, in Lorrain passano in secondo piano, e non è un
caso che, da quanto risulta, non sarebbero di mano dell’autore ma di
allievi della sua bottega. Ne è un esempio manifesto la differenza tra il
Ritrovamento di Mosè di Poussin, un’opera tarda del maestro
conservata alla National Gallery di Londra, con le figure allegre e festevoli in primo piano, e il Ritrovamento
di Mosè di Lorrain del Prado, in cui l’evidenza maggiore viene
conceduta alla luce del sole che, in lontananza, illumina l’evento sacro
come l’occhio di Dio. Ciò spiega perché, mentre l’arte pittorica di
Poussin, pur pregevolissima, difficilmente poteva ispirare le nuove
correnti pittoriche dell’Ottocento, il fascino e la profonda influenza
del paesaggio di Lorrain si manifesta con tutta evidenza in molti
successori, tra cui Turner e gli Impressionisti. |