Una
curiosa parentela
(Silvia Cutuli) - La moda in passerella confonde tessuti e
colori, vuole essere guardata, sa stupire ed incantare.
È anche vero che da quando si è affermata con maggiore incisività nel
‘700, ha stravolto le abitudini di costume. Moda che diventa meta da
seguire, nuove idee, cambiamento, con grande amarezza di molti, tra cui il
poeta Giacomo Leopardi. Nel “Dialogo della Moda e della Morte”
inserito nelle “Operette morali” (1824), Leopardi unisce Moda e Morte
in una curiosa parentela.
Nate “tutte e due dalla caducità”, Moda e Morte sono sorelle:
esse tirano “parimente a disfare e a rimutare le cose di quaggiù” benché
seguano strade diverse.
Nella loro opera di rinnovare continuamente il mondo, la Morte si è
rivolta “alle persone e al sangue”, la Moda si contenta “per
lo più delle barbe, dei capelli, degli abiti, delle masserizie, dei
palazzi e di cose tali”.
Il comportamento della Moda, orientato alla “costumatezza” (la Moda
afferma: “Benchè sia contrario alla costumatezza, e in Francia non
si usa di parlare per essere uditi, pure perché siamo sorelle, e tra noi
possiamo fare senza troppi rispetti, parlerò come tu vuoi”), non
convince la Morte della loro parentela.
La Moda prova perciò di non essere mancata e mancare di fare, parecchi
“giuochi” da paragonare a quelli della sorella Morte: “Io
persuado e costringo tutti gli uomini gentili a sopportare ogni giorno
mille fatiche e mille disagi, e spesso dolori e strazi (…) Io non vò
dire nulla dei mali di capo, delle infreddature, delle febbri che gli
uomini si guadagnano per ubbidirmi consentendo di tremare dal freddo o
affocare dal caldo secondo che io voglio”.
In conclusione, la Morte crede che la Moda gli sia sorella e pensa sarebbe
conveniente che la favorisse in qualche modo, a fare le sue faccende. La
Moda ribadisce la sua fedeltà ai legami di parentela: “Io che
annullo e stravolgo per lo continuo tutte le altre usanze, non ho mai
lasciato smettere in nessun luogo la pratica di morire” e mostra
tutta la potenza delle sue opere: “Io per favorirti ho mandato in
disuso e in dimenticanza le fatiche e gli esercizi che giovano al ben
essere corporale, e introdottone o recato in pregio innumerabili che
abbattono il corpo in mille modi e scorciano la vita (…) tanto che
questo secolo si può dire con verità che sia proprio il secolo della
morte”. |