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Sommario anno XII numero 5 - maggio 2003

 CINEMA
Cose di questo mondo di Michael Winterbottom
(Roberto Esposti
flann.obrien@email.it) - Un dirottamento semantico realizza Michael Winterbottom, considerando la Via della Seta, in “Cose di questo mondo” (In this world), film da poco nelle nostre sale. La Via della Seta era il percorso seguito dalle carovane di mercanti che dall’Europa, passando attraverso Turchia, Persia ed Afghanistan raggiungevano il Pamir dove scambiavano le loro merci con il prezioso tessuto in un luogo chiamato Torre di Pietra, ove avvenivano le contrattazioni. Nel 2002 la Via della Seta è percorsa al contrario, dal Pakistan passando per Iran, Turchia, il Mar Adriatico fino ad arrivare a Trieste e da lì poi fino al Campo profughi di Sangatte sulla Manica dove, novella Torre di Pietra, mercanti di uomini (merce) scambiano denaro per un passaggio verso l’Inghilterra (Occidente).
Questa è la Via che percorrono Jamal e Enayatullah, afgani, uomini che valgono meno della secrezione di un insetto, poiché al contrario della seta nessuno li vuole nella moderna Europa.
Peshawar, febbraio 2002, Jamal è un orfano afgano che vive nel campo profughi pakistano di Shamshatoo, formicaio a cielo aperto riempito all’inverosimile da povera gente scappata ai massacri russi ed americani degli ultimi 24 anni. Ha un cugino più grande, Enayatullah, che vive in città e vuole andare a Londra per crearsi un futuro, ma ha un problema: non conosce l’inglese, carta che invece Jamal ha e che gioca per accompagnare il cugino in questo viaggio clandestino, prodotto delle aspettative e degli enormi sacrifici della famiglia di Enayatullah. I due partono e l’addio non è straziante, del resto come potrebbe esserlo? Attraversare la steppa pakistana non è un problema, l’assenza di strade e la corruzione delle guardie dei check point sono cose ordinarie, come le autostrade ed i caselli per noi, in Pakistan. Entrare in Iran è un’altra cosa invece: le frontiere non sono di argilla, possono diventare di cemento se parli solo il Pashtu e se sembri un afgano. I nostri vengono respinti verso il Pakistan, ma trovati nuovi intermediari ci riprovano e stavolta riescono a passare la loro prima frontiera, arrivando in breve, portati dai moderni autobus che corrono sulle strisce asfaltate persiane, a Teheran, caotica e illuminata.
L’avviso della possibilità di raggiungere la Turchia li coglie nella città che li ospita da diversi giorni e da lì vengono tradotti nel Kurdistan iraniano, da dove passeranno il confine valicando le altissime cime caucasiche in una notte di tormenta, bersagliati dal fuoco delle guardie di frontiera turche, che comunque eluderanno.
Forse sono già in Occidente (tra dieci anni sarà così): Istanbul sembra qualcosa a metà tra Napoli e Damasco, ma i cugini le sono indifferenti come una merce che debba pensare (?) solo a giungere a destinazione. Compito del quale si prenderanno cura alcuni contrabbandieri di uomini senza scrupoli che li imbarcheranno su di una nave diretta a Trieste, stipati in un maledetto container, condiviso con una famigliola di poveri profughi curdi. Il resto lo potete immaginare, perché siete figli di una terra che essendo il ponte tra Oriente ed Occidente assiste quotidianamente allo svolgersi di questo genere di drammi. Ma se potete, andate a vedere questo film: vi sorprenderete di non esservi mai chiesti che storia possa esserci dietro un cencioso ragazzino che tenta insistentemente di vendervi nastrini e magari di fregarvi pure la borsa. Potrebbero esserci gli scheletri nell’armadio della geopolitica occidentale. Potrebbe esserci un lontano e misero inferno. Winterbottom non cerca di vendervi un romanzo, non vi regala nulla di più di quello che è la realtà: questo film è asciutto e realistico come un servizio grezzo della Reuters. Le uniche sottolineature vengono dalle splendide note di Dario Marianelli, che assistono le sorgenti emozioni dello spettatore, coinvolto dall’incertezza del viaggio dei due ragazzi, resa bene dalla traballante ripresa digitale che trasmette angoscia e precarietà. Orso d’oro a Berlino 2003.
 CINEMA

Sommario anno XII numero 5 - maggio 2003