Notizie in... Controluce Notizie in... Controluce
 Versione digitale del mensile di cultura e attualità dei Castelli Romani e Prenestini

sei il visitatore n.

 

home | indice giornali | estratti | info | agenda | cont@tti | cerca nel sito | pubblicità

 

Sommario anno XII numero 5 - maggio 2003

 CINEMA
Arte, sogno, realtà: pensieri e riflessioni a margine del Premio David di Donatello 2003
(Alberto Restivo) - Lo stimolo per affrontare questo nuovo (almeno per noi) tema, è scaturito dalla visione di uno dei tanti films, attualmente in vendita numerosi nelle edicole dei giornali, per commemorare ed onorare in tal modo la memoria di un grande attore romano recentemente scomparso: si dice così “scomparso”, ma in realtà Alberto Sordi sembra essere rimasto comunque nella vita di tutti noi, ancora oggi ed anche sicuramente lo sarà per il futuro, grazie soprattutto alla sua grande carica di umanità che traspare da tutti i suoi films che hanno costituito cronaca e storia di oltre mezzo secolo: “la storia un italiano” è la storia di tutti noi. In particolare, in quello intitolato “Tutti a casa”, ritroviamo la situazione tragica e comica insieme del Tenente di artiglieria che, nei giorni dell’8 settembre ’43, nel chiedere istruzione e ordini al suo Colonnello sul da farsi, si esprime con una battuta che è rimasta la fotografia di una tragica realtà vissuta in quel periodo dagli italiani.
“Signor Colonnello, sta succedendo una cosa incredibile, ...i tedeschi si sono alleati con gli americani e ci stanno sparando addosso…!! Che dobbiamo fare?”.
Quindi, fotografia di una realtà, …ma soltanto ciò?
Così ai giorni nostri, si è ripreso a parlare con maggiore intensità dell’argomento “cinema”, con una duplicità, anzi con una pluralità di argomentazioni e prese di posizione che non hanno potuto che fare del bene a questa espressione dell’Arte. Da un lato, abbiamo visto coloro che hanno sostenuto, in un recente passato, un inevitabile declino del cinema verso forme artistiche ed espressive minori, a causa della invadenza operata dalla televisione che tuttora rappresenta uno sfondo della nostra attività quotidiana, mentre ci dà, senza nessuna fatica da parte nostra, le informazioni necessarie ad ampliare le nostre conoscenze. Dall’altro lato invece, si sono opposti i sostenitori della rivalutazione del cinema come fenomeno artistico e culturale dotato di caratteristiche e peculiarità irrinunciabili, sostenendo che la cosiddetta crisi del cinema fosse solo passeggera e di breve durata e che, nel tempo, il cinema ne sarebbe uscito corroborato e vincente. Le due posizioni hanno reso molto vivace il dibattito sul cinema moderno e comunque si sono mostrate d’accordo nel vedere allora il cinema in grande crisi: in effetti si assistette ad una diminuzione delle sale di proiezione, ad una riduzione delle vendite dei biglietti e quindi ad una sempre minore presenza di spettatori: anche i giovani registi trovarono sempre più difficoltà a produrre le loro opere e ad inserirsi nell’ambiente, ristretto ed elitario, anche in considerazione delle limitate coperture finanziarie assicurate dallo Stato.
Il nostro cinema si è trovato a vivere una soggezione straniera, specie americana, ed ha trovato grosse difficoltà a realizzare una produzione in autonomia dalle importanti case cinematografiche estere che monopolizzavano il mercato, così da far avvertire con particolare insistenza il problema della propria crisi.
Tale fenomeno appare più evidente se si pensa alla grande tradizione cinematografica italiana che segnò il massimo punto di artisticità con il neorealismo del dopo guerra, che ha dato il via a quei films di impegno che tuttora caratterizzano buona parte della nostra attuale produzione. Nonostante ciò, siamo del parere che la società ha sempre avuto bisogno del cinema, perché esso parla in maniera del tutto unica della realtà che ci circonda, dei desideri, dei problemi, delle paure, degli amori di tutti i giorni.
E’risaputo che il cinema vive di caratteristiche proprie ed originali: prima di tutto di quella prepotenza del segno visivo che emerge da ogni proiezione di un certo valore che permette allo spettatore – protetto dall’ambiente esterno – di entrare nel film: scoprirne la leggerezza o la pesantezza, sentirne gli odori, i profumi, vivere le scene che si fanno vere nella loro immediatezza.
Non possiamo disconoscere che la realtà del cinema è il tempo presente vissuto nella storia del film, irripetibile, ma capace di incatenare la nostra attenzione, attimo per attimo, offrendoci contemporaneamente una realtà completa, densa di significati.
A questo punto sarebbe d’obbligo proporre e discutere un paragone già appena accennato: cinema – televisione.
Lo spettacolo televisivo vive nell’ambiente familiare, con individui che si conoscono fra loro, in ridotte dimensioni, con suoni e movimenti che turbano la diretta attenzione.
Il rapporto cinema – televisione è vissuto da molti registi, in maniera preoccupante, senza possibilità di mediazione fra i due generi anche se molti registi hanno tentato una integrazione fra i due generi ed una superiore sintesi artistica, proponendo nuovi esperimenti tecnici e divulgativi che vanno inseriti in un nuovo fecondo approccio con i problemi della comunicazione di massa (Ingmar Bergman ne è l’esempio più rappresentativo). Indubbiamente, il cinema sa cogliere meglio di ogni altra forma artistica la realtà moderna. Non intendiamo stabilire un confronto fra generi comunicativi diversi e segnati da percorsi storici e vicende stilistiche tanto diversi. Ma si deve cogliere ciò che rende il cinema più vicino alla realtà, rispetto a tante forme artistiche espressive.
Proviamo ad usare una macchina da presa, essa ci fa cogliere anche nei minimi particolari la vita reale, la scruta, la filtra, la rielabora: cioè costruisce e ricostruisce una sua realtà.
Il montaggio di un film riesce a dare un ordine ed una scansione nel mosaico delle immagini ed in questa operazione è possibile, ed è qui il miracolo dell’opera, scoprire la dinamicità della vita reale e nello stesso tempo artisticità del mezzo espressivo che parte appunto dal reale (nel laboratorio) per girarlo e “rigirarlo” in un prodotto finale che spesso è l’antitesi del reale, ma che ancora porta con sé i suoi segni, i suoi ricordi.
Per questo è stato detto che “il cinema è lo specchio del reale, quando non lo è di se stesso”. È l’uso delle immagini, dei colori, dei suoni che rappresenta la “complessità del messaggio cinematografico”, ma nello stesso tempo ricchezza espressiva e plasticità del prodotto nelle sue tre dimensioni. In altri termini, queste possibilità espressive permettono, come abbiamo già detto, di cogliere il reale nella sua complessità, attraverso una integrazione, non sempre facile (o felice) di più mezzi e forme artistici, che “aumentano le capacità comunicative e la pregnanza dei messaggi”.
Di fronte a questa profondità, colui che riceve il messaggio cinematografico deve compiere uno sforzo per penetrare fino in fondo la costruzione delle forme, i giochi scenografici, la perfezione del montaggio e, infine, la bravura degli artisti.
E più l’opera cinematografica è complessa, più essa stimola l’attenzione dello spettatore trascinandolo in un sempre maggior sforzo interpretativo.
Arriviamo così ad una conclusione per cui sarà sempre più difficile difendersi dal cinema, dalla sua persuasione e confusione – intesa come sovrapposizione – che esso permette tra il reale e l’immaginario, raggiungendo la forza di un linguaggio letterario, con cui i Visconti dell’epoca hanno potuto restituirci il realismo verghiano o farci rivivere le vicende della stirpe del Gattopardo, o Ingmar Bergman ridipingere un quadro di Thomas Mann.
E come dimenticare i problemi esistenziali nei quali, con tanta efficacia espressiva, si cala il cinema? Qui esso riscopre il nuovo su cui rigenerarsi e ricostruirsi attraverso la presentazione di nuovi problemi, le vecchie frustrazioni, le preoccupazioni anche di natura sessuale continuamente negate ma volute dal cinema.
Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: il cinema parla il linguaggio della realtà, ma non si limita a copiare e a riproporre. “Testardamente invece interviene a disegnare il Tempo…, lo spazio come dimensione della realtà”. Abbiamo ritrovato tutto ciò, con grande soddisfazione, per aver finalmente “capito” dalla proiezione di una serie di films recentemente visionati come “Il Pianista” di Roman Polanski, “Il cuore altrove” di Pupi Avati, “L’Imbalsamatore” con Ernesto Mahieux, “ Ricordati di me” di Muccino e infine “La Finestra di fronte”, capolavoro nella regia, nel miglior attore protagonista con un superlativo Massimo Girotti – gigante finalmente del cinema italiano insieme all’Alberto Sordi che ha interpretato la vita di tutti noi sì da esserne il simbolo, una appassionata e delicata insieme Giovanna Mezzogiorno, personaggi tutti che si muovono nella mirabile musica di Andrea Guerra, con l’adattamento di “Gocce di memoria” di Giorgia.
Con il David di Donatello, assegnato per vari meriti a quasi tutti i films menzionati il 10/04/2003, hanno trovato riscontro le nostre osservazioni e le riflessioni fatte più sopra. Fra tutte ha trovato la sua particolare collocazione l’affermazione del Presidente della Repubblica, Ciampi che, in occasione del saluto ai candidati al David, ha stigmatizzato uno dei films citati (Il Pianista) con le seguenti parole, mentre si congratulava con il regista: “Ho visto il suo film e l’ho trovato una testimonianza straordinaria che ha lasciato dentro di me una traccia profonda.
Mai smettere di alimentare la memoria, per evitare gli errori del passato”, e , rivolgendosi agli altri candidati ha rivolto un invito: “La presenza di Polansky mi spinge a dire a tutti, venite a produrre in Italia che ha capacità professionali uniche al mondo”.
Le nuove realizzazioni hanno dimostrato che alla cinematografia italiana si sono aperti nuovi orizzonti e, con Ciampi, diciamo: “il cinema italiano sta ritrovando ispirazione e organizzazione con la nascita di nuove produzioni e società di distribuzione… si è rafforzato anche come linguaggio culturale che parla alle nuove generazioni…”.
Nell’ultima stagione, il cinema ha evidenziato uno dei suoi temi centrali: la famiglia ed in proposito, sempre il Capo dello Stato ha rilevato che “C’è attualmente un grande desiderio di interrogarsi sui modelli di vita e sul dialogo tra le generazioni. La famiglia sta affrontando trasformazioni profonde, ma resta il pilastro della società, anche davanti alla globalizzazione dei consumi”. Perciò, contestiamo l’opinione di chi sostiene che il cinema è una “fabbrica dei sogni”, una macchina che produce artificialmente sogni.
Né siamo d’accordo con coloro che sminuiscono il cinema a puro strumento di evasione, in grado di rappresentare e far prendere corpo ai desideri degli spettatori, anche i più irrealizzabili.
Non potevamo tralasciare, dopo aver affrontato il tema del cinema nella sua generalità, di gettare per un momento lo sguardo nelle cose di casa nostra e riteniamo che l’evento del Premio David di Donatello abbia confermato in pieno le nostre argomentazioni sui valori di questa forma d’arte che è il cinema, e possiamo concludere che la stagione cinematografica ha mostrato segnali incoraggianti: sono aumentati i bei films nelle sale e in TV, così come le produzioni.
La società si sta avviando verso una trasformazione che vede nella autenticità ed originalità i parametri di una nuova vita, facendo dei buoni sentimenti il supporto essenziale ed universale per intraprendere il cammino verso un futuro che con questi presupposti non potrà non essere ricco di buone speranze.
 CINEMA

Sommario anno XII numero 5 - maggio 2003