“Quando
Roma si veste da Cupido”
(Dierre) - Nel panorama teatrale romano Gabriella Nicolosi
è ormai un’affermata realtà di notevole rilievo: autrice eclettica e
feconda, è anche abile regista dei propri lavori nonché impresario della
Compagnia “Quinte & Senza” con cui i medesimi vengono messi in
scena. Artista a tutto tondo, quindi, come è peraltro testimoniato dal
grande successo finora ottenuto sia con pièces brillanti (ad
esempio “Rose e cipolle” oppure “Duemila anni di amore”) che con
opere di alto profilo drammatico (“Tutto il mondo è palcoscenico”). A
tanta versatilità creativa mancava ancora una forma di cimento, ma anche
questa ha avuto la sua felice esplicazione: la commedia musicale. Ecco
allora nascere “Quando Roma si veste da Cupido”, andata in scena a
Roma - nello scorso mese di aprile - sulle tavole del prestigioso teatro
Tordinona. Sulla carta, la sfida che si era proposta Gabriella Nicolosi
era di quelle da far tremare i polsi a qualunque autore: scrivere e
rappresentare un musical su Roma proprio nella città che ha
celebrato i fasti di “Rugantino”, la mitica commedia musicale ormai
divenuta un tale mostro sacro che nessuno ha più “osato” produrre
qualcosa di simile ad essa. Non è, vivaddio, che il lavoro della Nicolosi
abbia qualche affinità con “Rugantino”, ma il fatto di raccontare
alcune storie d’amore favorite dalla magia irresistibile di Roma avrebbe
potuto in effetti confondere i più superficiali. Più o meno tale,
infatti, è stato ad esempio l’effetto su un giovane critico – tanto
saccente quanto somaro – che su un autorevole quotidiano romano ha
purtroppo recensito il lavoro inanellando una serie di insulsaggini
addirittura imbarazzanti. Ma veniamo alla commedia in sé. La trama è
semplice ma assai intrigante. Robert, giovane soldato americano nella Roma
del 1944, ama la bellissima Lucrezia figlia d’un oste ma deve suo
malgrado rientrare in patria. Anni dopo Gregory, figlio di Robert, viene a
Roma per conoscere luoghi e persone della bella storia vissuta dal padre
ed a sua volta si innamora….della figlia di Lucrezia, Lella. I due si
sposano e nasce Roberto (ma la storia non è ancora finita…), ormai
terza generazione in una vicenda che ha sempre come sfondo l’aria, i
profumi, la storia, la magia d’una Roma struggente e irrinunciabile.
Diceva il grande Bartolomeo Pinelli che lui amava tanto Roma da
separarsene sempre molto malvolentieri e solo quando non poteva farne a
meno: era forse per quello – precisava – che nel superare la dogana a
Ponte Milvio veniva aggredito da un feroce mal di testa che, magicamente,
svaniva solo al suo ritorno nel varcare nuovamente il ponte. Ecco, forse
il famoso e indescrivibile “mal di Roma” può essere in parte
percepito come quella singolare emicrania da astinenza romana. Ma torniamo
al musical. Tutto lo snodarsi delle vicende sulla scena viene
illustrato da un personaggio che fa da mentore e che altri non è che lo
“spirito di Roma”, ossia quel misterioso quid che da sempre affascina, intriga e ipnotizza chiunque abita o
arriva nell’Urbe. Le stupende musiche originali della commedia, davvero
fresche e “cantabili”, sono di Roberto Belli con i magistrali
arrangiamenti di Dimitri Scarlato. Il protagonista Roberto è un ottimo
Giuseppe Russo, che al grande pubblico è forse più noto per aver
interpretato alcuni famosi spot pubblicitari in televisione. Un
altro personaggio centrale è Agnese, reso divertente e irresistibile da
Michela Totino. Più che doverosa, poi, la citazione per gli altri garbati
interpreti: Donatella Nicolosi (lo “spirito di Roma”, anche autrice
dei testi delle canzoni) nonché – in rigoroso ordine alfabetico –
Giorgio Berini, Viviana Lentini, Salvatore Startari e una sempre frizzante
Luciana Tummino. Hanno completato il cast otto fra ballerini e
ballerine veramente simpatici ed entusiasti. Ad una delle rappresentazioni
hanno voluto assistere (e non è cosa di tutti i giorni) anche due vere
icone del teatro musicale italiano, Pietro Garinei e Iaia Fiastri, i quali
sono stati veramente prodighi di lodi e di apprezzamento per lo
spettacolo e l’impegno di tutti coloro che vi hanno partecipato. Con
buona pace, quindi, del critico accigliato, supponente…..e desolatamente
somaro.
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