In
treno da Roccasecca ad Avezzano
(Luca Ceccarelli) - Alla partenza alla stazione di
Roccasecca siamo in quattro più il capotreno. Roccasecca, che diede i
natali a San
Tommaso
d’Aquino, quando venne costruita la prima ferrovia tra Roma e Napoli
prima dell’unità d’Italia, era la frontiera che divideva il Regno
delle Due Sicilie dallo Stato della Chiesa. Successivamente divenne un
nodo ferroviario di grande importanza, quando nell’agosto del 1902 venne
inaugurata, dopo più di vent’anni di lavori, la ferrovia che collega
Cassino con Avezzano, mettendo in comunicazione, con una serie
innumerevole di gallerie e ponti, la Valle del Liri con la Valle del
Roveto. Esattamente un anno fa, nell’agosto del 2002, per iniziativa
delle locali Comunità montane e di Trenitalia, si è festeggiato il
centenario della ferrovia, che da poco era stata riaperta nel suo intero
percorso, dopo una sospensione tra Roccasecca e Sora per via di una frana
all’altezza della stazione di Arpino. Per l’occasione, si fece venire
da Roma un treno d’epoca con locomotiva a carbone.
Oggi, il servizio viene effettuato con degli autolocomotori a trazione
diesel, quella trazione diesel che ha avuto una certa fortuna in Italia
fino agli anni Sessanta. Successivamente, vuoi per la crisi petrolifera,
vuoi per la limitata velocità e la limitata potenza, è caduta in
declino. Rimane in vigore sulle numerose linee non ancora elettrificate
che rimangono ancora in Italia, come appunto questa.
Per un breve tratto, la linea fiancheggia la Roma – Cassino, poi il suo
binario unico si immerge solo soletto nella boscaglia, ed entriamo in un
mondo diverso, più solitario e sonnolento. La prima fermata è Colfelice,
poi Arce, arroccato su un cocuzzolo. Il sole ha arso la campagna, e i
fiumi che si intravedono sotto di noi sono tutti prosciugati. Le fermate
successive ad Arce sono Fontana Liri inferiore e Fontana Liri.
Quest’ultimo centro, analogamente a Isola Liri, già nei primi anni
dell’Ottocento aveva visto sorgere una serie di stabilimenti che,
servendosi dell’energia elettrica fornita dal corso del fiume Liri,
erano dedicati alla produzione e alla lavorazione della carta.
Stabilimenti che oggi sono stati chiusi. Dopo Fontana Liri e prima di
Isola Liri il treno ferma a Santopadre, che prende questo nome
caratteristico dalla devozione che vi si tributava a San Folco, che,
originario dell’Inghilterra, visse nel VII secolo in un eremo nelle
vicinanze operando numerosi miracoli.
Alla
stazione di Isola Liri l’Appennino ormai ci circonda con una nuda,
maestosa chiostra di montagne. Abbiamo già attraversato diverse gallerie,
che devono aver richiesto un lavoro notevole agli ingegneri, ai capimastri
e agli operai che contribuirono a fornire l’Italia
di una rete ferroviaria moderna, capace di collegare anche i luoghi
più impervi del territorio nazionale. Verso le due siamo alla stazione di
Sora. Anche qui, come ad Isola Liri, un’edilizia popolare di scarsa
qualità deturpa una parte del territorio. Sora è un centro industriale
di una certa rilevanza, la sua stazione, che è grande e piuttosto in
decadenza presenta ancora qualche segno di una gloria passata. Ancora
negli anni Settanta era anche uno scalo merci pienamente attivo, prima che
la dissennata politica delle Ferrovie dello Stato lasciasse che il
trasporto delle merci passasse, in Italia, quasi completamente su gomma.
Oggi il traffico merci su questa ferrovia è praticamente scomparso.
Dopo Sora sono saliti diversi altri passeggeri. Ci si ferma a Compre San
Vincenzo e a Ridotti – Collepiano. Nonostante il pomeriggio estivo, si
sente che l’aria è più fresca, e siamo più in alto. Stiamo entrando
in Abruzzo, e passando dalla Valle del Liri alla Valle del Roveto. Ora, a
differenza di prima, tutti i corsi d’acqua sono ancora ben carichi. Per
un certo periodo, almeno fino all’altezza di Cupone, il paesaggio si è
fatto decisamente montano e gli alberi alti e robusti. Si vedono anche
alcuni abeti. Poi, mano a mano che ci si avvicina ad Avezzano, la montagna
torna brulla. Quello che colpisce, qui come in precedenza, è il contrasto
tra i giganteschi ponteggi e pilastri di varie superstrade e autostrade, e
il mimetizzarsi della ferrovia nella natura, con i suoi ponticelli in
ferro e le sue gallerie. Verso le tre, perfettamente in orario, facciamo
il nostro ingresso alla stazione di Avezzano.
Troppo decentrata per stimolare l’interesse ad un potenziamento, ma
sufficientemente frequentata, finora, da scoraggiare eventuali proposte di
soppressione, senza dubbio,
si tratta di una delle infrastrutture viarie più ardite d’Italia, che
non a caso ha richiesto circa un ventennio di lavori. Ma si tratta, anche,
di una delle passeggiate ferroviarie più belle, tra montagne maestose,
boschi, borghi antichi abbarbicati sulle montagne come spruzzi bianchi da
cui emerge un campanile. |