Le
ipotesi non euclidee
(Luca Nicotra ) - 9. Legame fra idee e
proposizioni primitive. Il concetto di struttura in matematica. Pluralità
di modelli di una stessa geometria.
Qualunque sia l’origine, o sensoriale o logica o puramente ipotetica, le
idee primitive devono essere sempre accompagnate da un gruppo
di
proposizioni primitive che ne esprimono le proprietà essenziali, perché
soltanto tramite queste ultime esse possono essere “implicitamente”
definite. Insomma, le prime non possono esistere senza le seconde. Se, per
costruire la nostra geometria, assumiamo come enti fondamentali il punto,
la retta e il piano, in realtà nulla conosciamo di essi, fuorché i loro
nomi. Siamo autorizzati a concepire le idee più disparate di ciò che
abbiamo semplicemente chiamato punto, retta e piano; se, invece, oltre i
nomi, enunciamo alcune proprietà di cui tali enti godono, o meglio
“devono” godere, la libertà di concepirli diminuisce, in virtù dei
mutui legami che quelle proprietà stabiliscono fra di essi: “Per due
punti distinti nello spazio passa una retta e una soltanto. Per tre punti
non allineati nello spazio passa un piano e uno soltanto” e così via.
Ora le idee di punto, retta e piano devono necessariamente tenere conto
degli assiomi, che, ovviamente, non le definiscono esplicitamente (non
sarebbe possibile poiché, essendo idee primitive, sono indefinibili), ma
le definiscono implicitamente: la retta come quell’ente tale da essere
univocamente determinato da due punti distinti, il piano come quell’ente
tale da essere univocamente determinato da tre punti non allineati nello
spazio, il punto come quell’ente tale che due punti distinti individuano
una retta (e una soltanto) e tre punti non allineati individuano un piano
(e uno soltanto).
In conclusione, scelto un gruppo di proposizioni primitive, queste
definiscono implicitamente, e pertanto non univocamente, gli enti
primitivi. Insomma, ciò che conta è l’insieme delle relazioni
indimostrate (assiomi) che intercedono fra gli enti indefiniti. Da tale
considerazione è nato in matematica il concetto di “struttura”, che
ormai la caratterizza interamente.
L’avere fissato gli assiomi, però, diminuisce, ma non elimina,
l’indeterminazione da cui gli enti primitivi sono affetti, poichè le
condizioni imposte da essi lasciano ancora una notevole libertà di
concepimento della “natura” degli enti indefiniti. Che cosa sono in
sostanza il punto, la retta e il piano definiti implicitamente dagli
assiomi euclidei ricordati sopra? In altri termini, gli assiomi non dicono
nulla sulla loro effettiva identità e fisionomia, se così si può dire.
Euclide si rese conto di ciò e, per aiutare il lettore a focalizzare
l’idea di punto su ciò che lui intendeva, utilizzò negli Elementi
una frase che può apparire come una definizione: “Il punto è ciò che
non ha parte”. È ovvio che non è una vera e propria definizione (in
realtà non descrive nulla) e non può nemmeno esserla, essendo il punto
un indefinibile, per assunzione! Si tratta soltanto di una
pseudo-definizione che vuole mettere in evidenza il fatto che il punto non
ha dimensioni proprie, è senza estensione.
I modelli concreti ai quali abbiamo accennato, e dai quali, secondo la
concezione intuizionista dell’origine delle idee primitive, queste
possono pensarsi derivate per astrazione, forniscono soltanto possibili
ausili per focalizzare la “fisionomia” dei termini indefiniti. In
realtà, si può mostrare che possono esistere più “oggetti” di
diversa natura che soddisfano gli assiomi stabiliti, e che quindi hanno
pari diritto di essere considerati il punto, la retta e il piano: essi
costituiscono altrettanti “modelli (astratti) ” della nostra
geometria. Questi possono derivare dalla ricerca di riferimenti diversi,
per le idee primitive, nella realtà fisica o entro un altro sistema
ipotetico-deduttivo S(b)1.
È questo equivoco, questa indeterminazione insita nella natura astratta e
indefinibile degli enti primitivi, e perciò ineliminabile, che rende
possibili più modelli di una stessa geometria.
La loro esistenza è molto importante, come vedremo più avanti, perché
consente di affrontare il difficile problema della compatibilità o
non-contradditorietà dei postulati di una data geometria. Per esempio,
Eugenio Beltrami e Felix Klein si servirono proprio di alcuni modelli
della geometria euclidea per dimostrare che le geometrie non-euclidee
hanno la medesima validità logica della geometria euclidea.
10. Considerazioni conclusive sull’assetto logico della geometria
Ora
possiamo concludere questa prima parte dedicata alla struttura logica
della geometria, sintetizzando i concetti precedentemente illustrati.
La geometria è costituita da un insieme di enti astratti (figure
geometriche) e di loro proprietà (teoremi), enunciabili sotto forma di
“proposizioni”. Figure geometriche e teoremi sono deducibili con le
regole della logica, da altre figure geometriche e da altri teoremi, che a
loro volta sono deducibili da altre figure geometriche e da altri teoremi
e così via, con un processo iterativo che, percorso a ritroso, ha termine
in enti geometrici e proprietà non ulteriormente deducibili da altri e
pertanto indefinibili e indimostrabili: le idee primitive e le
proposizioni primitive, dette anche assiomi o postulati. Questi sono i
fondamenti della geometria, perché su di essi si erige l’intero
edificio geometrico. Dunque, l’ideale di Platone di una geometria che
tutto definisca e dimostri non è realizzabile, perché all’inizio di
qualunque geometria esistono sempre degli indefinibili e degli
indimostrabili, di cui si può decidere di ricercare la verità al di
fuori della geometria, nel mondo fisico (intuizionismo) o nella logica (logicismo),
oppure di rinunciare a ricercarla nel senso tradizionale del termine,
limitandosi semplicemente a “postularla” (formalismo assiomatico).
Un sistema geometrico è costituito, in ultima analisi, da un insieme di
enti non definiti, un insieme di relazioni non dimostrate (assiomi) che
devono essere compatibili (non contraddittori), e indipendenti, (non
deducibili gli uni dagli altri e viceversa), e infine un insieme di regole
logiche da utilizzare per le dimostrazioni matematiche. Queste
considerazioni, fatte per la geometria, possono essere estese a tutti i
rami della matematica, poiché questi hanno la medesima struttura logica.
Questo è lo stato dell’arte ai nostri giorni; ma come si è pervenuti,
nell’arco di poco più di due secoli, vale a dire dal 1733, anno di
pubblicazione dell’“Euclides ab omni naevo vindicatus” di
Saccheri, ad oggi, a concezioni così rivoluzionarie e ardite nei riguardi
del significato e del ruolo della geometria e della matematica in genere?
11. Evoluzione nel tempo del significato della matematica
Fino alla scoperta delle geometrie non-euclidee, l’unico punto di vista
sui fondamenti della matematica era l’intuizionismo e “vero”
significava accordo con la realtà fisica. Le geometrie non-euclidee sono
nate non perché si sospettasse che potessero esistere geometrie diverse
da quella euclidea. Al contrario, sotto la spinta della convinzione
opposta che essa fosse l’unica possibile, esse ebbero origine
casualmente dai molteplici tentativi di rendere perfetta la costruzione
fatta da Euclide nei suoi Elementi, che portarono vari
matematici a cimentarsi nella dimostrazione del quinto postulato
euclideo, che non possedeva quella caratteristica ritenuta essenziale per
essere considerato un autentico assioma: l’evidenza fornita dalla
intuizione della realtà fisica. L’applicazione del ragionamento logico
deduttivo portò involontariamente e fatalmente a dover ammettere la
possibilità, inizialmente soltanto dal punto di vista logico e in
seguito, come vedremo, anche dal punto di vista fisico, dell’esistenza
di due geometrie diverse da quella euclidea, l’iperbolica e
l’ellittica, fondate sulle possibili negazioni del quinto postulato di
Euclide. Proprio in conseguenza del radicato convincimento che l’unico
significato della geometria dovesse essere l’interpretazione della
realtà fisica e che questa fosse una sola2 ,
per lungo tempo le geometrie non-euclidee, pur riconosciute logicamente
valide, non furono pubblicizzate e, quando lo furono, vennero presentate
ufficialmente come semplice frutto dell’immaginazione dell’intelletto
umano.
Ma il tarlo della ricerca scientifica stava ormai rosicchiando l’antica
granitica unità di visione sulla geometria e sulla matematica in
generale.
Le geometrie non-euclidee, con la conseguente rivoluzionaria convinzione
che altre geometrie possono esistere con pari dignità di quella euclidea,
pur poggiando su fondazioni diverse, furono uno stimolo fondamentale per i
matematici dei secoli XIX e XX ad approfondire il problema dei fondamenti
della geometria e della matematica tutta.
Fino al secolo XIX i matematici erano stati impegnati soprattutto in nuove
scoperte e generalmente poco si era curati della perfetta correttezza
logica dell’assetto della loro materia.
Verso la fine del secolo XIX e i primi del secolo XX, invece, essi furono
particolarmente sensibilizzati, proprio dal “caso” delle geometrie
non-euclidee e dalle inesattezze e lacune logiche degli Elementi di
Euclide, verso il problema della struttura logica delle varie branche
della matematica. La preoccupazione fondamentale, infatti, era di
“dimostrare” l’assenza di contraddizioni all’interno di ogni ramo
della matematica. Il problema è meno banale e semplice di quanto può
sembrare a prima vista. Infatti, affinché sia garantita la coerenza
logica di una qualsiasi branca della matematica, è necessario non
soltanto controllare la correttezza logica dei procedimenti deduttivi
applicati (dimostrazioni), in virtù dei quali dalle proposizioni e idee
primitive sono ricavati i teoremi e le definizioni successive di altri
enti matematici, ma anche verificare la non contraddizione degli assiomi:
se questi fossero contraddittori, anche tutto il resto che ne segue lo
sarebbe!
Inoltre, se altre geometrie, fondate su assiomi diversi da quelli della
geometria euclidea, si erano dimostrate possibili, prima soltanto
logicamente e poi anche fisicamente, emergeva un problema nuovo rispetto
al passato, quello di capire quale valore di verità dare agli assiomi, in
altri termini il problema dell’invalidazione dei fondamenti della
geometria e della matematica tutta.
Tali ricerche sui fondamenti della matematica produssero accese
controversie fra i matematici, iniziate verso la fine del secolo XIX e
culminate agli inizi del secolo XX, portando alla formazione di diverse
correnti di pensiero, caratterizzate sostanzialmente dal diverso modo di
affrontare il problema della validità dei principi e, di conseguenza,
anche da un diverso modo di concepire il significato e quindi
l’insegnamento della matematica. Schematicamente, tali diverse
concezioni si possono oggi raggruppare in tre principali scuole di
pensiero matematico: l’intuizionismo, il logicismo e l’assiomatismo-
formalismo cui si è aggiunta
successivamente quella del positivismo logico o neo-positivismo, che non
riguarda esclusivamente la matematica, bensì in generale tutta la
scienza. Si tratta di una pura e semplice schematizzazione, poiché in
realtà i matematici in genere aderiscono a tali indirizzi secondo varie
sfumature3 . Per esempio
Henry Poincarè può essere considerato un intuizionista, per il valore da
lui dato all’intuizione come strumento di conoscenza, ma anche un
formalista, per il valore di semplici convenzioni da lui dato ai
fondamenti della matematica. Sempre nello spirito di una spinta
schematizzazione, a fini puramente esemplificativi e chiarificatori, si
può tentare di identificare gli intuizionisti con i matematici applicati
e i logicisti-formalisti con i matematici puri. È bene, però, rilevare
che intuizionisti, assiomatisti, formalisti, logicisti e neo-positivisti
riconoscono tutti la medesima struttura logica della geometria e delle
altre branche della matematica, in virtù della quale essa (così come
qualunque altro ramo della matematica) si configura come un sistema
ipotetico-deduttivo, vale a dire come un sistema coerente, cioè non
contraddittorio di proposizioni
esprimenti le proprietà delle figure geometriche, deducibili con le
regole della logica da un insieme, anch’esso coerente, di proposizioni
primitive esprimenti le proprietà degli enti primitivi.
Questi differenti atteggiamenti mentali verso i fondamenti portano a
corrispondenti diverse valutazioni sul significato della geometria e di
tutta la matematica. Passiamoli rapidamente in rassegna. (Fine
della quarta puntata)
1 In tal caso, i riferimenti trovati in S(b)
costituiscono modelli S(b)
della geometria S
(a).
Per esempio, se S(b)
è la geometria euclidea è possibile trovare in essa i riferimenti delle
idee di punto, retta e piano definite implicitamente dagli assiomi á
della geometria S(a):
allora si dice che tali riferimenti costituiscono modelli euclidei della
geometria S(b).
2 Vedremo più avanti che la geometria euclidea è
l’interpretazione della realtà fisica a livello delle dimensioni del
mondo umano e che le altre due geometrie non-euclidee, invece, sono in
grado d’interpretare più correttamente il mondo fenomenologico a
livelli superiori: al livello delle dimensioni dell’intera superficie
terrestre la geometria ellittica, al livello delle dimensioni astrali la
geometria iperbolica.
3 Come giustamente osserva Carl B. Boyer nella sua Storia della
matematica, “Si potrebbe quasi affermare che non esistono oggi
nemmeno due matematici che siano d’accordo circa la natura della loro
disciplina
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