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Sommario anno XII numero 10 - ottobre 2003

 LE GRANDI IDEE DELLA SCIENZA

Le ipotesi non euclidee
(Luca Nicotra ) - 9. Legame fra idee e proposizioni primitive. Il concetto di struttura in matematica. Pluralità di modelli di una stessa geometria.
Qualunque sia l’origine, o sensoriale o logica o puramente ipotetica, le idee primitive devono essere sempre accompagnate da un gruppo Gli Elementi di Euclide nella prima edizione direttamente tradotta dal greco (1505)di proposizioni primitive che ne esprimono le proprietà essenziali, perché soltanto tramite queste ultime esse possono essere “implicitamente” definite. Insomma, le prime non possono esistere senza le seconde. Se, per costruire la nostra geometria, assumiamo come enti fondamentali il punto, la retta e il piano, in realtà nulla conosciamo di essi, fuorché i loro nomi. Siamo autorizzati a concepire le idee più disparate di ciò che abbiamo semplicemente chiamato punto, retta e piano; se, invece, oltre i nomi, enunciamo alcune proprietà di cui tali enti godono, o meglio “devono” godere, la libertà di concepirli diminuisce, in virtù dei mutui legami che quelle proprietà stabiliscono fra di essi: “Per due punti distinti nello spazio passa una retta e una soltanto. Per tre punti non allineati nello spazio passa un piano e uno soltanto” e così via. Ora le idee di punto, retta e piano devono necessariamente tenere conto degli assiomi, che, ovviamente, non le definiscono esplicitamente (non sarebbe possibile poiché, essendo idee primitive, sono indefinibili), ma le definiscono implicitamente: la retta come quell’ente tale da essere univocamente determinato da due punti distinti, il piano come quell’ente tale da essere univocamente determinato da tre punti non allineati nello spazio, il punto come quell’ente tale che due punti distinti individuano una retta (e una soltanto) e tre punti non allineati individuano un piano (e uno soltanto).
In conclusione, scelto un gruppo di proposizioni primitive, queste definiscono implicitamente, e pertanto non univocamente, gli enti primitivi. Insomma, ciò che conta è l’insieme delle relazioni indimostrate (assiomi) che intercedono fra gli enti indefiniti. Da tale considerazione è nato in matematica il concetto di “struttura”, che ormai la caratterizza interamente.
L’avere fissato gli assiomi, però, diminuisce, ma non elimina, l’indeterminazione da cui gli enti primitivi sono affetti, poichè le condizioni imposte da essi lasciano ancora una notevole libertà di concepimento della “natura” degli enti indefiniti. Che cosa sono in sostanza il punto, la retta e il piano definiti implicitamente dagli assiomi euclidei ricordati sopra? In altri termini, gli assiomi non dicono nulla sulla loro effettiva identità e fisionomia, se così si può dire. Euclide si rese conto di ciò e, per aiutare il lettore a focalizzare l’idea di punto su ciò che lui intendeva, utilizzò negli Elementi una frase che può apparire come una definizione: “Il punto è ciò che non ha parte”. È ovvio che non è una vera e propria definizione (in realtà non descrive nulla) e non può nemmeno esserla, essendo il punto un indefinibile, per assunzione! Si tratta soltanto di una pseudo-definizione che vuole mettere in evidenza il fatto che il punto non ha dimensioni proprie, è senza estensione.
I modelli concreti ai quali abbiamo accennato, e dai quali, secondo la concezione intuizionista dell’origine delle idee primitive, queste possono pensarsi derivate per astrazione, forniscono soltanto possibili ausili per focalizzare la “fisionomia” dei termini indefiniti. In realtà, si può mostrare che possono esistere più “oggetti” di diversa natura che soddisfano gli assiomi stabiliti, e che quindi hanno pari diritto di essere considerati il punto, la retta e il piano: essi costituiscono altrettanti “modelli (astratti) ” della nostra geometria. Questi possono derivare dalla ricerca di riferimenti diversi, per le idee primitive, nella realtà fisica o entro un altro sistema ipotetico-deduttivo S(b)1. È questo equivoco, questa indeterminazione insita nella natura astratta e indefinibile degli enti primitivi, e perciò ineliminabile, che rende possibili più modelli di una stessa geometria.
La loro esistenza è molto importante, come vedremo più avanti, perché consente di affrontare il difficile problema della compatibilità o non-contradditorietà dei postulati di una data geometria. Per esempio, Eugenio Beltrami e Felix Klein si servirono proprio di alcuni modelli della geometria euclidea per dimostrare che le geometrie non-euclidee hanno la medesima validità logica della geometria euclidea.
10. Considerazioni conclusive sull’assetto logico della geometria
Felix KleinOra possiamo concludere questa prima parte dedicata alla struttura logica della geometria, sintetizzando i concetti precedentemente illustrati.
La geometria è costituita da un insieme di enti astratti (figure geometriche) e di loro proprietà (teoremi), enunciabili sotto forma di “proposizioni”. Figure geometriche e teoremi sono deducibili con le regole della logica, da altre figure geometriche e da altri teoremi, che a loro volta sono deducibili da altre figure geometriche e da altri teoremi e così via, con un processo iterativo che, percorso a ritroso, ha termine in enti geometrici e proprietà non ulteriormente deducibili da altri e pertanto indefinibili e indimostrabili: le idee primitive e le proposizioni primitive, dette anche assiomi o postulati. Questi sono i fondamenti della geometria, perché su di essi si erige l’intero edificio geometrico. Dunque, l’ideale di Platone di una geometria che tutto definisca e dimostri non è realizzabile, perché all’inizio di qualunque geometria esistono sempre degli indefinibili e degli indimostrabili, di cui si può decidere di ricercare la verità al di fuori della geometria, nel mondo fisico (intuizionismo) o nella logica (logicismo), oppure di rinunciare a ricercarla nel senso tradizionale del termine, limitandosi semplicemente a “postularla” (formalismo assiomatico).
Un sistema geometrico è costituito, in ultima analisi, da un insieme di enti non definiti, un insieme di relazioni non dimostrate (assiomi) che devono essere compatibili (non contraddittori), e indipendenti, (non deducibili gli uni dagli altri e viceversa), e infine un insieme di regole logiche da utilizzare per le dimostrazioni matematiche. Queste considerazioni, fatte per la geometria, possono essere estese a tutti i rami della matematica, poiché questi hanno la medesima struttura logica.
Questo è lo stato dell’arte ai nostri giorni; ma come si è pervenuti, nell’arco di poco più di due secoli, vale a dire dal 1733, anno di pubblicazione dell’“Euclides ab omni naevo vindicatus” di Saccheri, ad oggi, a concezioni così rivoluzionarie e ardite nei riguardi del significato e del ruolo della geometria e della matematica in genere?
11. Evoluzione nel tempo del significato della matematica
Fino alla scoperta delle geometrie non-euclidee, l’unico punto di vista sui fondamenti della matematica era l’intuizionismo e “vero” significava accordo con la realtà fisica. Le geometrie non-euclidee sono nate non perché si sospettasse che potessero esistere geometrie diverse da quella euclidea. Al contrario, sotto la spinta della convinzione opposta che essa fosse l’unica possibile, esse ebbero origine casualmente dai molteplici tentativi di rendere perfetta la costruzione fatta da Euclide nei suoi Elementi, che portarono vari matematici a cimentarsi nella dimostrazione del quinto postulato euclideo, che non possedeva quella caratteristica ritenuta essenziale per essere considerato un autentico assioma: l’evidenza fornita dalla intuizione della realtà fisica. L’applicazione del ragionamento logico deduttivo portò involontariamente e fatalmente a dover ammettere la possibilità, inizialmente soltanto dal punto di vista logico e in seguito, come vedremo, anche dal punto di vista fisico, dell’esistenza di due geometrie diverse da quella euclidea, l’iperbolica e l’ellittica, fondate sulle possibili negazioni del quinto postulato di Euclide. Proprio in conseguenza del radicato convincimento che l’unico significato della geometria dovesse essere l’interpretazione della realtà fisica e che questa fosse una sola, per lungo tempo le geometrie non-euclidee, pur riconosciute logicamente valide, non furono pubblicizzate e, quando lo furono, vennero presentate ufficialmente come semplice frutto dell’immaginazione dell’intelletto umano.
Ma il tarlo della ricerca scientifica stava ormai rosicchiando l’antica granitica unità di visione sulla geometria e sulla matematica in generale.
Le geometrie non-euclidee, con la conseguente rivoluzionaria convinzione che altre geometrie possono esistere con pari dignità di quella euclidea, pur poggiando su fondazioni diverse, furono uno stimolo fondamentale per i matematici dei secoli XIX e XX ad approfondire il problema dei fondamenti della geometria e della matematica tutta.
Fino al secolo XIX i matematici erano stati impegnati soprattutto in nuove scoperte e generalmente poco si era curati della perfetta correttezza logica dell’assetto della loro materia.
Verso la fine del secolo XIX e i primi del secolo XX, invece, essi furono particolarmente sensibilizzati, proprio dal “caso” delle geometrie non-euclidee e dalle inesattezze e lacune logiche degli Elementi di Euclide, verso il problema della struttura logica delle varie branche della matematica. La preoccupazione fondamentale, infatti, era di “dimostrare” l’assenza di contraddizioni all’interno di ogni ramo della matematica. Il problema è meno banale e semplice di quanto può sembrare a prima vista. Infatti, affinché sia garantita la coerenza logica di una qualsiasi branca della matematica, è necessario non soltanto controllare la correttezza logica dei procedimenti deduttivi applicati (dimostrazioni), in virtù dei quali dalle proposizioni e idee primitive sono ricavati i teoremi e le definizioni successive di altri enti matematici, ma anche verificare la non contraddizione degli assiomi: se questi fossero contraddittori, anche tutto il resto che ne segue lo sarebbe!
Inoltre, se altre geometrie, fondate su assiomi diversi da quelli della geometria euclidea, si erano dimostrate possibili, prima soltanto logicamente e poi anche fisicamente, emergeva un problema nuovo rispetto al passato, quello di capire quale valore di verità dare agli assiomi, in altri termini il problema dell’invalidazione dei fondamenti della geometria e della matematica tutta.
Tali ricerche sui fondamenti della matematica produssero accese controversie fra i matematici, iniziate verso la fine del secolo XIX e culminate agli inizi del secolo XX, portando alla formazione di diverse correnti di pensiero, caratterizzate sostanzialmente dal diverso modo di affrontare il problema della validità dei principi e, di conseguenza, anche da un diverso modo di concepire il significato e quindi l’insegnamento della matematica. Schematicamente, tali diverse concezioni si possono oggi raggruppare in tre principali scuole di pensiero matematico: l’intuizionismo, il logicismo e l’assiomatismo- formalismo cui si è aggiunta successivamente quella del positivismo logico o neo-positivismo, che non riguarda esclusivamente la matematica, bensì in generale tutta la scienza. Si tratta di una pura e semplice schematizzazione, poiché in realtà i matematici in genere aderiscono a tali indirizzi secondo varie sfumature. Per esempio Henry Poincarè può essere considerato un intuizionista, per il valore da lui dato all’intuizione come strumento di conoscenza, ma anche un formalista, per il valore di semplici convenzioni da lui dato ai fondamenti della matematica. Sempre nello spirito di una spinta schematizzazione, a fini puramente esemplificativi e chiarificatori, si può tentare di identificare gli intuizionisti con i matematici applicati e i logicisti-formalisti con i matematici puri. È bene, però, rilevare che intuizionisti, assiomatisti, formalisti, logicisti e neo-positivisti riconoscono tutti la medesima struttura logica della geometria e delle altre branche della matematica, in virtù della quale essa (così come qualunque altro ramo della matematica) si configura come un sistema ipotetico-deduttivo, vale a dire come un sistema coerente, cioè non contraddittorio di proposizioni esprimenti le proprietà delle figure geometriche, deducibili con le regole della logica da un insieme, anch’esso coerente, di proposizioni primitive esprimenti le proprietà degli enti primitivi.
Questi differenti atteggiamenti mentali verso i fondamenti portano a corrispondenti diverse valutazioni sul significato della geometria e di tutta la matematica. Passiamoli rapidamente in rassegna.                                                          (Fine della quarta puntata)

 1 In tal caso, i riferimenti trovati in S(b) costituiscono modelli S(b) della geometria S (a). Per esempio, se S(b) è la geometria euclidea è possibile trovare in essa i riferimenti delle idee di punto, retta e piano definite implicitamente dagli assiomi á della geometria S(a): allora si dice che tali riferimenti costituiscono modelli euclidei della geometria S(b).
 2 Vedremo più avanti che la geometria euclidea è l’interpretazione della realtà fisica a livello delle dimensioni del mondo umano e che le altre due geometrie non-euclidee, invece, sono in grado d’interpretare più correttamente il mondo fenomenologico a livelli superiori: al livello delle dimensioni dell’intera superficie terrestre la geometria ellittica, al livello delle dimensioni astrali la geometria iperbolica.
 3 Come giustamente osserva Carl B. Boyer nella sua Storia della matematica, “Si potrebbe quasi affermare che non esistono oggi nemmeno due matematici che siano d’accordo circa la natura della loro disciplina

 LE GRANDI IDEE DELLA SCIENZA

Sommario anno XII numero 10 - ottobre 2003