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Sommario anno XII numero 12 - dicembre 2003

 I NOSTRI PAESI - pagina 6

monte compatri
Attenta alla Città!
(Pietro Ciaravolo) - La Città straripa ed ingoia. Monte Compatri resterà una memoria storica con qualche peculiarità svilita e sciupata dal tempo? Il verde della boscaglia arruffata e grezza lascerà qua e là qualche traccia accuratamente disegnata dall’arte geometrica? La cura dei vigneti e degli oliveti sarà ormai un lavoro troppo oneroso? La naturalità di un bicchiere di vino e la genuinità di un cucchiaio d’olio non prenderanno più? Si crederà nell’etichetta dell’importato? Gli ‘alimentari’ dei centri commerciali (i negozi saranno ormai fagocitati!) sopperiscono con dovizia a quelli “propri”? Ai tempi della mia infanzia si consumava la pasta fatta in casa. Oggi che ancora resiste nel compromesso e nel cedimento il senso della naturalità è diventato un evento d’occasione. Le cantine e i percorsi serpentini delle grotte perderanno la sonorità dell’allegria pur nelle concitate baruffe quasi sempre innocue. “Stare insieme” diventerà un artificio di comportamento, una convenienza, un galateo da salotto o solo un evento gregario, un’amalgama? La spontaneità del legame, la naturalezza dell’incontro diventeranno episodi isolati quasi estranei al civile vivere? Si profila l’immagine capovolta di Monte Compatri! Il progresso della civiltà, l’immagine di un serial killer della natura e della naturalità dell’uomo. Il magma del cemento brucia le radici del verde, s’estrania l’ambiente. Subentra l’arte architettonica alla meraviglia della Natura. Le misure dell’habitat ricalcano quelle di un’astrazione umana la cui analogia più concreta è nel “manichino” che rappresenta ed uniforma tutti gli uomini privandoli della diversità che naturalmente li distingue. L’uniforme con-fonde ed ammassa soffocando ciò che è proprio di ogni uomo. L’uniformismo geometrico della ingegneria urbanistica costringe l’uomo ad alienarsi, ad un adattamento che lo trasforma e lo deforma assicurando comodità ed agio che tali non sono. L’agio è un’apparenza di comodità. Non lo si sente come portatore di equilibrio. L’uomo che è natura, che è figlio della natura soffre dover smettere l’abito della sua naturalezza per recitare la parte dell’evoluto.
A che queste punture di riflessioni cosi lontane dal quotidiano pensare? Quale la motivazione? Destare un moto di curiosità è già un avvio di intendimento anche se lo stato d’animo che l’accompagna è una perplessità. Iniziai con il dire che “la Città straripa ed ingoia”. Nel senso che Roma tende ad allargarsi, ad estendersi. Invade! Sconfina ormai nei vecchi e storici “Castelli Romani”. Già ne sorpassa l’antica demarcazione ed avanza con il suo geometrismo architettonico. Il verde sparisce e le colline e promontori tendono ad appianarsi per rispondere alle esigenze del megalopolismo che sembra trasmettersi, a mo’ di potente virus, in tutti i capoluoghi del mondo civile. I Castelli Romani rischiano di essere fagocitati, assorbiti dalla Città, perdendo la loro unicità “nativa”, la loro storica originalità fatta di tradizione e della peculiarità geografica. Monte Compatri corre questo rischio. La malia della città è potente. Specialmente se rafforzata dal magnete dell’interesse! Non mancano le prove! E sono tutte in luce! Che resterebbe di questo paese se ne venisse spianata la parte storica? Se scomparissero la piazzetta, la “via longa”, “lu stradò”, il “bervedere”, i vicoletti che a saliscendi si inerpicano dentro, cadrebbe un pezzo di cielo! Come si farebbe a distruggere questa rarità che a ragione potrebbe definirsi un “cratere vivente”? Una fantascienza divenuta realtà! Un’eccezionalità esposta al pericolo di scomparire se indisturbata la grande metropoli avanzi. Anche le tradizioni verrebbero bruciate dalla critica o dall’indifferenza. La mentalità monticiana (che già subisce i colpi demolitori della soggezione cittadina), una riuscita combinazione di una genetica eredità e di un’alimentazione tutta natura del territorio, sempre più si svuoterebbe della sua originalità e della sua autenticità lasciando qua e là - come in questo caso avviene - qualche ‘crosta’ di superficie. Monticiani salvate la vostra identità! Respingete la diffusa tentazione della “schiava” che crede superare il suo stato copiando il modo di vestire della padrona. Non siete “schiavi” né inferiori, anzi “liberi” e superiori. Nulla avete da invidiare ai limitrofi cittadini. Potete sempre contrapporre in vincente competizione una ricchezza di fattori ecologici, la mentale naturalità degli usi e dei costumi, l’eccezionale design del territorio, ecc. Opponete con la palizzata del radicale rifiuto le innovazioni propinate come voci di progresso ma che in realtà turbano il vostro equilibrio, quello che nasce dall’accordo uomo-natura. Solo se quest’equilibrio viene a mancare cadono le palizzate, i muri di cinta, le cancellate. La Città straripa e Monte Compatri viene assorbita. Non sono figure retoriche o peggio, insignificanti frasi ad effetto ma rilievi realistici. Se l’identità del “monticiano” è nel connubio tra la sua cultura genetica e la sua attuale interazione ambientale (che è poi l’acclarato meccanismo che opera in ogni processo di individuazione con il binomio ‘innatismo-ambientalismo’), il senso d’equilibrio che ne deriva fa da supporto di difesa, da tutela e da salvaguardia dell’autonomia. Se sto bene con me stesso non sento il bisogno di cambiare! Scompare il pungolo della dipendenza. Non ho bisogno d’altro! Ma c’è una condizione tutta monticiana perché si possa evitare (con le altre) la felpata irruenza della Città e che ancora richiama il principio dell’equilibrio. Evitare il troppo facile autolesionismo che pare sia il difetto predominate del paese. Una sorta di sindrome masochista. Si superqualifica tutto ciò che è “altro” e si squalifica tutto ciò che è “proprio”. Nel confronto tra una canzone in lingua inglese ed una in lingua nostra, a parità melodica, la prima parte sempre con un punto in più perché straniera. Se si confeziona un nostro blue jeans utilizzando lo stesso tessuto e lo stesso tipo di cucitura di quello straniero, la scelta di mercato cade in prevalenza su quest’ultimo. Forse i monticiani così mal-trattano il loro territorio! Forse troppo ciechi e forse anche troppo servili! Non vedono “lu monte”, una cascata di storia, un cratere ‘vivente’. La meraviglia di un incantesimo che è stampata sui volti dei turisti. Non vedono la valanga di verde che in cornice scende intorno al paese dal “Salemò” e da “San Sivestru”. Meraviglia a meraviglia! E ignorarle o esserne indifferente sono ‘stati d’animo’ che portano al facile distruggere. L’assorbimento cittadino non troverebbe ostacolo. Anzi lo si troverebbe qualificante. Le caratteristiche di Monte Compatri non contano! La Città alletta e conquista. Monte Compatri si prepara a perdere la sua identità! Un’altra mina vagante attenta all’originalità del paese, un vizio quasi congenito: una competitività sempre distruttiva che oscilla tra il lamento, il pregiudizio e la critica del sospetto. Anche questo ‘vizio’ potrebbe risultare deleterio perché in ogni popolo la mancanza della coesione presta il fianco all’autodistruzione. I civilissimi etruschi ‘persero’ la loro identità perché proclivi alla ‘divisione’! È un monito che nel caso avrebbe il suo peso!

monte compatri
Una vivacità musicale particolare
(Paolo Bragatto) - La musica non esiste senza chi la voglia e la sappia ascoltare. Il musicista ha bisogno che dall’altra parte ci sia un pubblico, pronto a farsi emozionare, ancora una volta, dalla melodia, a farsi trascinare dal ritmo, a farsi avvolgere dall’armonia, a lasciare che la musica risuoni dentro facendo vibrare la corda segreta dell’anima. E allora l’esecuzione meraviglia il pubblico e forse gli stessi musicisti che non sanno quali traguardi possono raggiungere! A Monte Compatri tutto questo succede. Vi siete mai chiesti perché un centro senz’altro più piccolo e meno blasonato rispetto ad altri centri vicini abbia una vivacità musicale particolare? Non è certo un caso. È invece merito dell’attenzione continua, spesso anche critica ed esigente, che tutta la cittadinanza riserva da sempre alla musica in generale ed alla “banda” in particolare. I monticiani certo non si  accontentano di poco, inni e marcette non bastano, ma attendono ogni anno anche musica di livello, la pretendono. Le generazioni monticiane a centinaia si sono succedute nei ranghi della banda e se anche hanno riposto lo strumento in qualche armadio, continuano ad avere una sensibilità musicale ed un attaccamento viscerale alla Banda Compatrum, la banda cittadina. E mandano con entusiasmo i figlioli a frotte alle due scuole per musicanti e majorettes gestite senza oneri dalla banda.
L’occasione più attesa, fra tutte quelle dell’anno musicale, è naturalmente quella di Santa Cecilia, quando la banda offre un concerto alla cittadinanza. Quest’anno l’appuntamento è stato rispettato in pieno. Sabato 22 novembre il Corpo Fokloristico Musicale Compatrum ha offerto a tutti una elegante serata al Palazzo Annibaldeschi.
Un programma tutto concentrato sulla grande musica “leggera”, pezzi famosi, grandi successi internazionali degli ultimi trenta anni, colonne sonore stampate nella memoria di tutti, arrangiati per un bella orchestra di fiati, con quasi quaranta elementi diretti dal Maestro Gianluca Cantarini.  Fra le file dei musicisti anche alcuni amici della banda Corbium, con la quale vige ormai uno stretto rapporto di scambio e collaborazione. Il pubblico è quello delle grandi occasioni, con il Sindaco, gli Assessori ed il Parroco. In prima fila la delegazione della banda di Busnago, con la quale la Compatrum è gemellata da vent’anni.
Anna D’Acuti, una delle majorettes della Compatrum, indossa per l’occasione i panni della presentatrice, con un sicurezza ed una simpatia che fanno immaginare un prosieguo a questo primissimo esordio. L’orchestra entra subito nel vivo con una intensa esecuzione “Song for Lovers”, una musica che ha sciolto il sangue nelle vene a più d’uno. Una fantasia di Morricone eseguito con brio riporta ai temi degli western all’Italiana porta il pubblico verso immaginarie cavalcate. Brava Mina fa ricordar ai più grandi bellissime canzoni mai dimenticate. My way di Frank Sinatra è l’ultimo pezzo prima dell’intervallo. Il pubblico è ormai stregato ma alla ripresa arrivano i piatti forti: Jesus Christ Superstar, un pezzo tutt’altro che facile, viene reso con un esecuzione coinvolgente. E poi la Pantera Rosa reso con l’eleganza sofisticata che merita. Per chiuder la serata, dopo una serie di pezzi prettamente bandistici, Mambo n°5, un pezzo travolgente. L’orchestra in piedi si muove al tempo di musica, le majorettes, che i limiti di spazio avevano confinato in uno spazio ristrettissimo accompagnano con entusiasmo l’esibizione. Il pubblico è al delirio e chiede a gran voce il bis. Il sindaco si fa portavoce dell’entusiasmo del pubblico e chiede perentoriamente un altro mambo. Il maestro non può dire di no e replica, con il pubblico in visibilio che, alzatosi in piedi, segue i movimenti della musica.
La serata ha avuto puoi un ideale proseguimento nella mattinata successiva con una ricca esibizione delle majorettes in Piazzale Busnago. La passeggiata si è così trasformata in un palcoscenico ed i monticiani, grazie anche ad una splendida giornata di sole hanno potuto apprezzare le eleganti e raffinate coreografie delle ragazze, con la perfetta direzione dell’istruttrice Monica Rizzi.
La banda Compatrum è composta in larga misura da giovani che continuano a coltivare la passione musicale, nonostante gli impegni incombenti dello studio e degli inizi della carriera. E non ci sono  solo bravi appassionati, ma anche di veri professionisti della musica, che non hanno mai negato il loro qualificato contributo alla banda che li ha iniziati alla musica. Il nucleo giovanile è ovviamente sostenuto da alcune colonne storiche della banda, sempre presenti in tutte le occasioni. Una nuova generazione di musicanti, tutti sotto i sedici anni, sta preparandosi ad emulare i colleghi più grandi. Nella serata di Santa Cecilia hanno debuttato dodici di questi ragazzi. Altrettanti ragazzi stanno studiando assiduamente presso la scuola per essere pronti il prossimo anno ad affrontare questa prova impegnativa.
L’Amministrazione Comunale sostiene, è doveroso ricordarlo, la banda con un contributo che consente di affrontare con serenità e regolarità l’ordinaria amministrazione del corpo musicale. E non è merito da poco visto che altrove la disattenzione delle amministrazioni locali ha lasciato morire d’inedia bande di lunga tradizione. Anche molti singoli cittadini monticiani comprendono l’importanza di mantenere vivo il clima culturale e sono generosi nei contributi e nelle donazioni alla banda, a seconda delle possibilità. Quest’anno si è potuto assistere a moltissime nuove iscrizioni alla Compatrum  in qualità di soci sostenitori, proprio in occasione della serata di Santa Cecilia. C’è infine da ricordare che dal mese di giugno è in carica un consiglio direttivo completamente rinnovato  che con entusiasmo e giovanile baldanza cerca di superare i limiti della poca esperienza, e porta idee nuove per rispondere, anche sul piano gestionale, alle aspettative dei cittadini, che vogliono sentire della musica sempre migliore, che vogliono vedere i propri ragazzi e ragazze crescere nell’ambiente sano e stimolante della banda, che vogliono che il nome di Monte Compatri vada di nuovo in giro per il mondo dietro le note della Compatrum.

 I NOSTRI PAESI - pagina 6

Sommario anno XII numero 12 - dicembre 2003