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Sommario anno XII numero 12 - dicembre 2003

 LE GRANDI IDEE DELLA SCIENZA

Le ipotesi non euclidee (6a puntata)
(Luca Nicotra) 
11.3.     Il formalismo.
Il formalismo è una diretta conseguenza dell’assiomatismo e spesso i nomi dei due indirizzi si usano come sinonimi. L’assiomatismo aveva mostrato che è possibile dare a tutta la matematica l’impostazione di un sistema logico derivato formalmente da un ristretto insieme di concetti primitivi ed assiomi, ricorrendo ad un linguaggio puramente formale e rigorosamente corretto dal punto di vista logico, vale a dire esente dai circoli viziosi che caratterizzano il linguaggio ordinario, che usa termini non consequenzialmente definiti in successione, ma che si rimandano l’uno all’altro reciprocamente. Secondo il formalismo, la geometria, come ogni altro ramo della matematica, è una costruzione di puro pensiero. Benjamin PeirceA tale convinzione si arrivò in seguito al successo degli importanti esempi di formalizzazione dell’algebra, iniziati da Boole e proseguiti da Benjamin Peirce, e dell’opera di assiomatizzazione della matematica di Peano, Hilbert ed altri ancora. B. Peirce nel 1864, nella memoria Linear Associative Algebra presentata all’American Association for the Advancement of Science7 , aveva mostrato che, partendo da postulati diversi, era possibile costruire 162 algebre differenti. I sistemi assiomatici realizzati da Peano, Hilbert, Veblen, A.V. Huntington e la riflessione sull’assetto logico della geometria euclidea e delle geometrie non-euclidee mostravano che per la costruzione di una qualunque branca della matematica, in definitiva, è necessario e sufficiente iniziare da un insieme a di assiomi che soddisfino le seguenti condizioni: coerenza o compatibilità o non contraddittorietà, indipendenza e completezza.
Precedentemente abbiamo utilizzato il termine “non contraddittorio” appellandoci al suo significato intuitivo che ognuno di noi ha. Ora possiamo dare la seguente definizione: un insieme di postulati è non contraddittorio se non è contraddittorio; e un insieme di postulati è contraddittorio se, qualunque sia l’interpretazione dei concetti primitivi cui i postulati si riferiscono, per deduzione logica si ottengono proposizioni del tipo “p è vera e p è falsa”, caratterizzate, cioè, contemporaneamente da entrambi i valori vero e falso.
Un insieme di postulati è indipendente se ciascuno di essi è indipendente dai rimanenti, vale a dire se né ciascun postulato stesso né la sua negazione possono essere dedotti logicamente dai rimanenti. La presenza, per esempio, di due postulati non indipendenti può portare a due situazioni: i due postulati p e q sono interdeducibili o equivalenti; i due postulati p e q sono l’uno deducibile dall’altro, ma non viceversa. Nel primo caso, essendo p deducibile da q e viceversa q deducibile da p, p e q sono forme logicamente equivalenti, vale a dire p e q formalmente sono proposizioni differenti, ma hanno lo stesso contenuto informativo, e quindi costituiscono un “doppione”, una ridondanza, che dal punto di vista didattico a volte può essere utile, ma dal punto di vista logico è inutile e fuorviante, se non si ha piena coscienza della equivalenza logica di p e q. Quest’ultima circostanza, come vedremo prossimamente, è stata la causa degli innumerevoli infruttuosi tentativi di dimostrazione del postulato delle parallele di Euclide. Nel secondo caso, invece, poiché p è deducibile da q ma non viceversa (si dice anche che p è più forte di q), in realtà p è un teorema o proposizione derivata. Concludendo, la presenza sia di postulati equivalenti sia di postulati uno più forte dell’altro non inficia l’intera costruzione logica che è sviluppata sull’insieme di postulati, ma ne altera semplicemente la bellezza e correttezza formale. Infatti, i postulati equivalenti costituiscono una semplice e inutile (dal punto di vista logico, non da quello didattico) ridondanza, mentre i postulati deducibili da altri per semplice discendenza andrebbero in realtà annoverati fra i teoremi. Dal punto di vista logico tutto rimane corretto, ma meno “pulito”.
Infine, un insieme di postulati si dice completo se è impossibile formulare un qualsiasi altro postulato, riferentesi agli stessi concetti indefiniti, indipendente da quelli già stabiliti. Insomma, la completezza assicura che effettivamente si siano considerate tutte le proposizioni primitive necessarie per la derivazione dei teoremi, evitando così l’errore che commise Euclide nell’esporre teoremi che in realtà presupponevano postulati da lui non enunciati (i famosi postulati inespressi di Euclide).
Il sistema di proposizioni derivate dai postulati
a con la deduzione logica costituirà il sistema ipotetico-deduttivo S (a) costruito sopra gli assiomi a Tale sistema si chiamerà “geometria”, e precisamente la geometria relativa agli assiomi a, se i nomi dati agli enti primitivi sono “punto, retta, piano”. Non si cerca alcun riferimento per le idee primitive, che sono considerate puri simboli legati dagli assiomi. Il formalismo costituisce, dunque, un punto di vista notevolmente astratto e lontano dalle nostre concezioni correnti e dallo stesso originario significato della parola geometria, intesa come scienza della “misura della Terra”. È la matematica pura.
La concezione puramente formale della matematica capovolge quello che era stato il punto di vista affermato da Kant: “Ogni conoscenza umana parte da intuizioni, procede attraverso concetti, e culmina in idee”. Infatti, secondo l’impostazione formale, gli assiomi sono pure ipotesi, senza nessun necessario riferimento intuitivo, ed hanno unicamente la funzione di fornire la base su cui verrà costruito il sistema di proposizioni e definizioni, successivamente dedotte per via logica, che costituisce la geometria. Pertanto, il concetto di “vero”, secondo i formalisti, non ha più un significato assoluto, riferito al mondo fenomenologico, ma soltanto relativo al sistema ipotetico-deduttivo cui si riferisce. In altre parole, una proposizione è vera soltanto se all’interno del sistema ipotetico-deduttivo
S (a), di cui fa parte, non contraddice con le altre dello stesso sistema; ciò vale non soltanto per le proposizioni derivate, ma anche per gli assiomi. È questa totale mancanza di riferimento al mondo fisico che spinse Bertrand Russell ad affermare che “la matematica (pura) può essere definita come la materia nella quale non sappiamo di che cosa stiamo parlando, né se ciò che stiamo dicendo è vero.” 8 . Si può sapere di che cosa si parla, se ciò di cui tratta la matematica è fondato su idee indefinibili nella loro essenza e suscettibili quindi di diverse interpretazioni? Inoltre le affermazioni che si fanno in matematica non sono né vere né false, poiché la questione della loro verità è ricondotta alle proposizioni primitive, le quali non sono né vere né false, nel senso tradizionale dato a questi termini, vale a dire di asserzioni avvalorate dall’esperienza sensoriale, ma sono pure e semplici ipotesi, proprietà che il matematico chiede al lettore di accettare, per costruire su di esse una geometria o un qualunque altro ramo della matematica. Russell esprime molto chiaramente il significato della matematica pura come è concepita dai formalisti e, con qualche variante, anche dai logicisti da lui rappresentati: “La matematica pura è interamente costituita da asserzioni per effetto delle quali, se un tale enunciato è vero per qualcosa, allora il tale altro enunciato è vero per quella cosa. È essenziale non discutere se il primo enunciato è realmente vero, e non indicare quale sia la cosa per la quale si suppone che sia vero. Entrambi questi punti attengono alla matematica applicata. Nella matematica pura partiamo da certe regole deduttive, mediante le quali possiamo dedurre che se un enunciato è vero, allora lo è anche un altro enunciato.”
I formalisti avvalorano il loro punto di vista formale, contestando agli intuizionisti l’impossibilità di stabilire la “verità” degli assiomi così come questi ultimi la intendono, poiché i metodi sperimentali sono sempre approssimativi ed affetti da errori di misura. “Se gli assiomi di Euclide siano veri, è una domanda alla quale il matematico puro è indifferente; e, per di più, è una domanda alla quale è impossibile, da un punto di vista teorico, dare con certezza una risposta affermativa. Si potrebbe forse dimostrare, mediante misure molto accurate, che gli assiomi di Euclide sono falsi; ma nessuna misura potrebbe mai garantirci (a causa degli errori di osservazione) che sono esattamente veri. Quindi il geometra lascia decidere all’uomo di scienza, meglio che può, quali assiomi siano più vicini alla realtà nel mondo reale. Il geometra prende una serie di assiomi che gli sembrano interessanti, e ne deduce le conseguenze.”9
 Dunque, nella pratica, il modo di operare del matematico formalista è il seguente: la scelta degli assiomi, in realtà, non é fatta senza alcuna ragione oculata, semplicemente nel rispetto della loro indipendenza e compatibilità, così come teoricamente sarebbe possibile. Geometrie siffatte sarebbero puri e sterili esercizi di deduzione logica. I matematici, invece, scelgono gli assiomi in vista di specifici obiettivi da conseguire con le relative geometrie, quali l’approfondimento di particolari questioni scientifiche. “Gli enti matematici vengono presentati dai matematici come strutture puramente formali. In verità (e qui è l’indagine storico-genetica che ci sorregge!) la matematica non si occupa di sistemi formali qualunque (arbitrari) pur che coerenti; la matematica si occupa di quei sistemi formali che traducono, in termini di pura struttura, parecchi sistemi concreti (concreti, almeno, rispetto alla nuova formalizzazione; l’astrazione conosce diversi gradi, astratto e concreto sono sempre dei relativi, mai degli assoluti). Lo scopo fondamentale è quello di lavorare in modo semplice e sintetico con deduzioni nelle quali entrano in gioco solo proprietà formali, in modo da potere tradurre un teorema (risultato della deduzione formale) in molti, a priori in infiniti, risultati relativi a tutti quei concreti che sono suscettibili della formalizzazione compiuta.10 
7 Pubblicata, però, soltanto nel 1881.
8 Bertrand Russell, La matematica e i metafisici.
9 Bertrand Russell, La matematica e i metafisici.
10 Lucio Lombardo-Radice Il punto di vista matematico in Periodico di matematiche n° 4-5 ottobre 1974.

 LE GRANDI IDEE DELLA SCIENZA

Sommario anno XII numero 12 - dicembre 2003