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Sommario anno XIII numero 3 - marzo 2004

 I NOSTRI PAESI - pagina 7

monti albani
Tombe a rotticella dell’antica Cave (Cabum)
(Ope Ass. cult. per lo studio delle civiltà antiche - Angelo Capri e Fiorella Capri)
Più di venti anni fa, era il maggio del 1982, durante una ricognizione su una delle tante dorsali del costone orientale del Monte Albano Ingresso alla tomba Ascoprimmo a quota m. 728 due tombe, purtroppo ormai completamente saccheggiate e svuotate, di particolare forma e bellezza (*).
Sul Monte delle Grotticelle, questo è il nome del monte dove si trova l’antico sito, oltre alle due tombe studiate ed agli indizi di altre possibili quattro, vi sono le evidenti tracce di un complesso archeologico ben più consistente che, fino alla nostra segnalazione, era completamente sconosciuto all’archeologia ufficiale. Secondo le nostre ricerche si tratterebbe dei resti dell’antica Cave (Cabum), città della Lega Latina; da qui, passando per vecchi e infossati sentieri si arriva sulla cima del sacro Monte Albano in poco più di trenta minuti!
Secondo gli studi da noi svolti sul territorio dei Monti Albani, al rafforzamento della nostra ipotesi della collocazione di Alba Longa sulla catena dell’Artemisio (circa mille metri sul livello del mare e 12 Km. di cresta), abbiamo potuto appurare che qualsiasi fonte classica posizionava la città di Alba a 8 miglia ad Oriente da Tusculum, in posizione alta da cui chiaramente potesse vedersi in basso (e non in alto) un paese (e non un monte) di nome Cave (non Cavo). Questo ritrovamento dà appunto ancora più sostegno alla nostra ipotesi, insieme con le tante altre scoperte avvenute sulla Catena dell’Artemisio durante questi ultimi anni: le conferme della grande necropoli sul Maschio d’Ariano (m.891), il rilevamento di mura arcaiche al Monte Peschio (m.934) e al Maschio dell’Artemisio (m.812), ed il posizionamento di un abitato fortificato d’altura sul Monte dei Ferrari (m.902 ) (**).
Ubicazione di Alba Longa e della città di Cave (Cabum)Queste tombe dalla forma particolare ed unica hanno molte analogie con le tombe dell’Eneolitico dell’Italia meridionale ed insulare. Tuttavia sono soprattutto due le peculiarità di queste tombe che ci hanno fatto molto riflettere: la particolare forma a guisa di imbuto del corridoio d’accesso (dromos) e la completa assenza della banchina funebre nella cella.
Perché queste tombe non hanno nulla in comune con la classica ideologia funeraria della casa simbolizzata nel Lazio arcaico? Perché esse sono molto, molto più antiche… A suo tempo, alcuni studiosi, in riferimento alla particolare forma della due tombe, hanno detto che, vista in pianta, la tomba poteva rappresentare l’elsa di una spada o  la spada stessa, oppure la cuspide di una lancia o ancora un guerriero stilizzato o altre cose; invece, secondo il nostro pensiero, credendo di interpretare correttamente il pensiero antico, la particolare forma delle tombe rappresenta semplicemente il grembo della Madre, l’uomo dopo il ciclo della vita ritornava nell’utero della Madre Terra.
Infatti, basta semplicemente sovrapporre la pianta di una delle due tombe su un disegno anatomico dei genitali femminili ed il risultato è immediato e sbalorditivo!
Adesso è chiaro il perché dell’inusuale forma del dromos, allungato ed imbutiforme, esso rappresentava la vagina, ed è ancora più chiara ora l’assenza del letto funebre nella cella, essa in realtà raffigurava l’utero materno.
Infatti, l’uomo come gli altri esseri viventi è soggetto al ciclo della vita: nascere, crescere, invecchiare e morire; il ciclo si conclude con il rPianta delle due tombe (Arch. Vincenzo Antonelli)itorno alla Madre Terra.Genitali femminili e sovrapposizione della pianta di una tomba
In seguito al passaggio dal sistema matrilineare dell’Europa antica a quello patriarcale indoeuropeo, alla trasformazione radicale dell’Europa dell’Età del Bronzo verso una struttura sociale bellicosa, si perse la sacra partecipazione nei grandi cicli naturali della fertilità e della nascita, della morte e rigenerazione.
Tornando al solo discorso archeologico, in prospettiva per il futuro, ci si augura che il comune di Rocca di Papa, nel cui territorio si trova il sito in oggetto, come gli altri comuni dei Monti Albani ricchi di uniche ed importantissime testimonianze archeologiche, escano finalmente dal letargo, e valorizzino almeno quanto i nostri Padri ci hanno affidato.
La nostra Associazione sarà ben lieta di collaborare con quei comuni interessati mettendo a disposizione tutto il supporto tecnico e logistico di cui dispone.
Note:
* Documenta Albana II serie, nn. 4-5 MCA 1982-83 – Insediamento montano di sommità e tombe a Grotticella sul gruppo del Monte Albano – Pino Chiarucci, pp 25-34.
** Museo e Territorio - Atti della I e II giornata di studi – Velletri 2000, 2001 – Micaela Angle e Anna Germano.



diocesi di albano
Albano per Makeni
(Bruna Macioci) - La Sierra Leone è uno degli stati d’Africa che si affacciano sull’Oceano Atlantico. La dominante etnica è costituita dal ceppo sudanese; Freetown è la capitale. Dopo molti anni di guerra civile, è oggi una città caotica, povera e pericolosa. Fino al 1787 le popolazioni della costa furono sottoposte a intense razzie da parte di inglesi, francesi e olandesi alla ricerca di schiavi per l’America. Freetown nacque, quando l’Inghilterra rese illegale la schiavitù, come una comunità di schiavi liberati (ricordate il film “Amistad”?). Amministrata dalla Corona Britannica, ottenne l’indipendenza nel 1951. Nel 1967 un colpo di stato militare cui hanno fatto seguito 40 anni e più di guerra civile. I problemi oggi sono enormi. La fitta foresta pluviale, originariamente ricca di legni pregiati quali l’ebano e il tek, è stata quasi interamente disboscata. Un suolo fertilissimo ed un sottosuolo ricco di diamanti, ferro, bauxite e rutilio - un minerale raro e importante per l’industria missilistica.
Paesaggi splendidi, animali rari, fiori esotici, spiagge da sogno. Ma quattro milioni di abitanti (in tutto sono 5 milioni) vivono con meno di un dollaro al giorno; alcuni con meno di 10 centesimi. Nelle graduatorie di sviluppo dell’ONU, la Sierra Leone occupa l’ultimo posto. La prospettiva di vita è di 38 anni. La mortalità infantile è di oltre il 18%, e ciononostante l’80% della popolazione ha meno di 5 anni. Le malattie più diffuse sono la malaria, il tifo, l’epatite, la polmonite; tutte sono aggravate dalla malnutrizione e dalla carenza di igiene: solo il 30% delle persone ha accesso all’acqua potabile. Solo il 34% dei bambini viene vaccinato. Solo il 45% della popolazione ha accesso all’istruzione.
Nel distretto di Bombali, una vasta regione della Provincia del Nord, 600.000 persone dispongono di un solo ospedale, e ci sono solo 2 medici, uno pagato dal governo, uno stipendiato dalla Diocesi di Albano. Gli infermieri sono volontari non retribuiti.
Nel 1995 è stato stipulato una specie di gemellaggio fra le Diocesi di Albano e di Makeni. Il vescovo di allora, mons. Bernini, si impegnò a nome di tutta la comunità diocesana ad aiutare questi poveretti almeno nell’istruzione e nelle cure mediche. Da allora un diacono, un prete, una suora e un medico hanno soggiornato nel territorio e portato i primi aiuti. Una coppia, Patrizia e Cesare, sono volontariamente andati a Masuba a dare il loro contributo per tre anni, e il loro lavoro è stato prezioso. Tutta la Diocesi è stata coinvolta in iniziative che hanno permesso di raccogliere fondi, automezzi, materiale scolastico e sanitario. Don Petro Massari, parroco di S. Maria Assunta in Cielo (Ariccia), è stato di recente a visitare per la quinta volta il territorio della Diocesi di Makeni. Me ne ha fatto avere uno sconvolgente e coinvolgente reportage. Impossibile non commuoversi. Don Pietro ricorda le parole del Vescovo quando questa meritoria impresa ebbe inizio: “Laggiù ci ha accolto Cristo, crocifisso nei giovani dagli arti amputati”, e del Vangelo di san Matteo: “Avete ricevuto gratuitamente: date gratuitamente”.
I risultati si cominciano a vedere. Si sono riusciti a riscattare molti bambini-soldato, che erano stati arruolati con la forza e trascinati in guerra: hanno vissuto per anni fra le pallottole e il terrore; si è dovuto letteralmente comprarli a suon di dollari per liberarli da quella vita infame. Si è costruita una struttura che funge insieme da chiesa, da scuola, e da punto di ritrovo. La sacrestia funge anche da reparto ospedaliero, e dal 2002 vi sono stati curati più di 4.000 pazienti. La generosità dei fedeli dei Castelli Romani ha permesso recentemente di acquistare un fuoristrada attrezzato ad ambulanza e di affittare una struttura per farne un piccolo ospedale con venti letti e un ambulatorio; e una scuola, nata per 200 bambini, e che ora ne accoglie 500.
Ma manca tutto, a cominciare dalle medicine. Piange il cuore a sapere che situazioni anche banali, come una ferita o un’appendicite, qui da noi facilmente risolvibili, là diventino gravissime e anche mortali. Càpita che un bambino muoia solo perché manca un antibiotico, o un’apparecchiatura per le radiografie, o un mezzo con cui la famiglia possa portarlo velocemente in ospedale.
“La mamma aveva fatto 15 chilometri a piedi con la bimba in braccio per portarla in ospedale. La bimba è morta poco dopo. Il ritardo è stato fatale”.
“... Siamo subito attratti dai pianti di una piccolissima bambina... è la più grave. Occorrono dei semplici antibiotici per tentare di salvarla, ma non ce ne sono. Alla partenza io personalmente mi ero preoccupato di rimediare diverso materiale per la sala operatoria, e il sig. Pino Longo di Ariccia con grande generosità ci ha offerto materiale per diversi milioni. Per fortuna il dott. Russo [un pediatra partecipante alla spedizione] aveva con sé quel che occorreva, e così la bambina inizia la terapia. Già in serata sta meglio. [...] Questo episodio è valso a fornirci l’urgenza di costruire presto l’ospedale. È per questo che siamo venuti, ma ora sembra che Dio stesso ci stia mettendo fretta”.
Serve denaro. Il Padre partecipa al Consiglio Pastorale della parrocchia di Masuba, vede una scuola che non ha né pavimento né finestre; il tetto è stato preso in affitto (!) per far fronte alle piogge. Visita una delle chiese della Diocesi: “Entro in questa cattedrale di frasche con la stessa emozione delle mie visite a S. Pietro in Vaticano”.
L’altare e le panche sono canne di bambù legate insieme. Le pareti e il tetto sono di canne. Verrà presto la stagione delle piogge, e bisogna ristrutturare il tetto.
Serve tutto. La comunità delle suore di Madre Teresa di Calcutta gestisce un asilo. Arrivano bambini malati, denutriti; sono stati abbandonati dalle famiglie impossibilitate a mantenerli, oppure la madre è morta di parto (il 18% delle donne muore di parto). Ma le suore “non si disperano, continuano a lottare e a studiare il da farsi. Sono qui per amare”.
Chi vuole aiutare la Diocesi di Albano, sappia che il suo dono, per piccolo che sia, sarà gradito; per grande che sia, sarà in buone mani. Si può contattare il Centro Missionario della Diocesi, in via De Gasperi 37 Albano, 069321934; oppure direttamente don Pietro Massari, parrocchia di S. Maria Assunta in Cielo, Ariccia, piazza di Corte 069330637. Chi invece volesse dare medicinali (non scaduti, naturalmente), contatti il dott. Delzoppo al 3474032307.
Come dice san Paolo: “Chi semina scarsamente raccoglierà scarsamente... Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia”.

 I NOSTRI PAESI - pagina 7

Sommario anno XIII numero 3 - marzo 2004