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Sommario anno XIII numero 3 - marzo 2004

 FILOSOFIA DELLA MENTE

Che cos’è la conoscenza?
(Silvia Coletti) - Pascal Engel è professore di Filosofia alla Sorbona e membro dell’Institute Universitarie de France. Egli ha esposto la sua posizione sui livelli intermedi di conoscenza e sulle capacità mentali non- rappresentazionali in un suo libro intitolato Filosofia e psicologia (2000), sviluppando l’idea che la psicologia, come scienza autonoma e legittimata, è utile per la ricerca filosofica, senza presumere di sostituirla.
Engel ha definito i processi intermedi di conoscenza e il loro risultato, come relazione fra la causazione mentale e l’oggetto, una “conoscenza tacita”.
Per causazione mentale s’intende la relazione che lega cervello e mente (Brain-mind). Ponendo in rapporto i due sistemi e le loro proprietà essa produce, causandolo, un effetto: il fenomeno mentale. Questa realizzazione che avviene “causata da” e “realizzata in” micro-strutture (neuroni) si può definire “conoscenza tacita”.
La “conoscenza tacita”. Già il fatto che Engel argomenti un intero capitolo del suo libro su una conoscenza definita “tacita” è alquanto paradossale ed insolito, rispetto ad una prassi che vuole che una conoscenza sia un insieme di informazioni prima capite e poi comprese dal soggetto, che le riceve e di cui sa servirsene al momento opportuno. In questo caso il termine “conoscenza tacita”, coniato da P.Engel, avverte il lettore della presenza di alcune anomalie all’interno del modo in cui una persona o un soggetto lavorano durante i processi che portano alla conoscenza, in generale, e del modo in cui ne elaborano la funzione. Questo è il primo e più importante aspetto della posizione di Engel.
Ovviamente questa proposta di studio sulla conoscenza ne sottintende altre di posizioni interessanti al riguardo, come per esempio il modo in cui alcuni filosofi riduzionisti o olisti studiosi dell’argomento affrontano o cercano di spiegare i processi cognitivi della conoscenza umana. Il fatto però che Engel utilizzi questo termine, un po’ mitologico, di “conoscenza tacita”, porta a sottolineare come i tentativi finora conseguiti dai filosofi e dagli psicologi siano stati utili a livello di ricerca, ma non costruttivi a livello di conoscenza, in quanto il livello intermedio in cui ha sede la “conoscenza tacita” non è stato finora né individuato, né spiegato, pur se sicuramente, continua Engel, “esiste, ha un suo status, solo che noi non siamo stati in grado di decodificarlo dalla nostra esperienza immediata e più diretta”. Ritorniamo di nuovo ad arrovellarci intorno ad una problematica vecchia per quanto si è trattata ma nuova nella ricerca della sua soluzione: il rapporto mente-corpo (body-mind).
Per esempio D.Davidson e Putnam, in modo molto più estremista rispetto a Engel ed a Searle, affermano che “un predicato fisico non può determinare un predicato psicologico”, cioè non c’è correlazione tra descrizioni fisiche e psicologiche e riportano l’esempio dell’abilità linguistica di un parlante, che se descritta psicologicamente è una disposizione complessa; se invece è descritta linguisticamente, è uno stato reale, un meccanismo. Quindi per loro in conclusione la psicologia non può essere ridotta al fisico.
A questo proposito ho ritenuto utile ed interessante analizzare la suddivisione che Engel fa tra tre tipi di credenze, come aspetti della “conoscenza tacita” e che, a mio giudizio, è possibile estendere anche alla percezione ed all’azione e di cui lo stesso Searle ne è stato il precursore a livello di impostazione metodologica originale sul problema della conoscenza umana.
Secondo Engel esistono tre tipi di credenze tacite: una disposizionale o psicologica, una cosciente e l’ultima inconscia. La prima non è conoscibile attraverso l’introspezione, ma solo attraverso la sua manifestazione empirica; la seconda è la nostra conoscenza globale ed evidente su ciò che è altrettanto evidente, per esempio la credenza che Napoli è a sud di Roma; la terza riguarda le nostre conoscenze inaccessibili o profonde.
Questa suddivisione della credenza tacita è una vera e propria presentazione di impostazione del modo in cui si può affrontare il problema della “conoscenza tacita” ed è a suo modo il metodo teorico che anche Searle ha individuato nell’ipotesi lavorativa sul concetto di Sfondo intorno all’analisi della conoscenza umana.
La posizione di J. Searle.Quello che vogliamo dimostrare, in realtà, è che Searle cerca di affrontare il problema atteggiandosi ad una apertura mentale che considera la interazione e concatenazione delle parti, cercando di non scendere a compromessi con nessun tipo di riduzione del mentale al sociale: lascia il problema aperto.
L’allarme che lancia Engel sta proprio in questo, cioè nel constatare l’esistenza per lo meno astratta di un livello intermedio di conoscenza che, come è evidente anche in Searle, funge da filtro fra le cause razionali e quelle fisiologiche, ma che non va estremizzato con il ricorso ad “omuncoli” di nessun genere.
Da qui parte la critica di Engel un po’ forte e direi in alcuni casi scorretta, rivolta ad alcune posizioni filosofiche sull’argomento. Fra le varie critiche mi interessa quella che Engel rivolge a Searle, per esempio, per non aver inserito un livello intermedio fra la mente e gli oggetti se non su base neurofisiologica, che si riduce in ultima analisi al sociale, senza risolvere il problema, e gettandosi su un semplice realismo esternista; inoltre, in un secondo tempo, ne critica l’affermazione secondo cui “uno stato mentale inconscio implica necessariamente l’accessibilità alla conoscenza”. Innanzitutto va detto che quest’ultima critica di Engel non è corretta, in quanto Searle non ha mai affermato questo, ma ha solo precisato il fatto che uno stato mentale inconscio ha la possibilità e non la necessità di accedere alla coscienza. È ovvio che in questi termini il pensiero filosofico di Searle acquista tutto un altro spessore e significato anche e proprio in riferimento a questo argomento, ossia, il livello intermedio relativo alla funzione della mente nella relazione fra cervello e coscienza nello Sfondo umano, sottolinea la necessità di comprendere che cos’è la “conoscenza tacita”, cioè quelle capacità mentali non- rappresentazionali di cui parla Searle e a cui lo stesso, a mio giudizio, ha trovato una soluzione non solo interessante e legittima, ma anche realistica e poco presuntuosa, contrariamente a quanto vorrebbe far credere invece Engel, parlando di “omuncoli”.
Secondo Wittgenstein infatti: “Il risultato è che soltanto dell’uomo vivente, e di ciò che gli somiglia, si può dire che abbia sensazioni; che veda, che sia cieco, che oda, che sia sordo; che sia in sé o che non sia cosciente….”
L’implicito e l’esplicito. All’interno della questione della “conosceza tacita” è di grande interesse questo gioco dell’implicito e dell’esplicito, che Engel sottolinea e di cui anche Searle, a suo modo, tratta, presente in maniera costante in ciò che pensiamo, percepiamo e facciamo.
Questo aspetto è, a mio giudizio, un binomio variante del quotidiano umano, ossia è ciò che sfugge e ciò a cui l’uomo tende nel momento in cui, uscendo fuori dall’abitudinario, si rende conto che esiste una “conoscenza tacita”, ossia un insieme di prospettive e sfaccettature che delineano il modello uomo. Per questo motivo credo sia utile ed interessante considerare che il ricorso all’olismo di Searle nel risolvere il problema dei livelli di conoscenza, mettendo in relazione il cervello con la mente , la coscienza e l’Intenzionalità in interazione a loro volta con la realtà, è motivo di creatività e soprattutto apertura ai diversi punti di vista, alle diverse capacità di Sfondo ed esperienze. In questo modo Searle ha dimostrato che, dietro la spiegazione di un mostrarsi tipico dell’atteggiamento umano, ci sono sempre più livelli di comprensione, che confluiscono insieme per un’informazione completa.
Conclusioni. Esiste un problema della “conoscenza tacita”?
A quanto pare esiste, ha un suo spazio amplio di discussione, che se da una parte può non essere risolvibile, dall’altra in qualche modo o in parte si dissolve o avvia una ricerca più seria su base interdisciplinare, come è presente nel pensiero di Searle sulla questione dello Sfondo.
Naturalizzando strutturalmente ciò che lo costituisce: il cervello, la mente, la coscienza e l’intenzionalità, Searle ha in parte risolto e in parte lasciato aperto, con il suo abbraccio al realismo, sia la questione dello status della mente e della coscienza, sia il problema del rapporto mente-corpo.

 FILOSOFIA DELLA MENTE

Sommario anno XIII numero 3 - marzo 2004