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Sommario anno XIII numero 8 - agosto 2004

 I NOSTRI PAESI - pagina 7

tuscolo
Il “Teatro di Roma” al Teatro Romano di Tuscolo
(Armando Guidoni) - Ancora una magica serata! Immersi in un clima “frizzantino”, circa 450 spettatori hanno assistito alla La consegna della cittadinanza onoraria - Salvatori, Scaparro, Albertazzi, Belleggia e De Righi“prima” mondiale dello spettacolo “Cicerone, la lingua pugnalata” che ha concluso il laboratorio di scrittura scenica condotto da Sergio Basile e Andrea di Bari, ideato dal direttore del Teatro di Roma, Giorgio Albertazzi. Il progetto del Maestro, con la regia di Andrea Di Bari e l’interpretazione magistrale di Sergio Basile e degli undici giovani attori che hanno partecipato al laboratorio, ha debuttato martedì 27 luglio al teatro romano della Città di Tusculum, che rivive gli antichi fasti imperiali recuperando la sua primaria funzione di cavea per le rappresentazioni teatrali. Lo scorso anno fu proprio il Maestro che - con i frammenti delle Memorie di Adriano, regia di Maurizio Scaparro, tratto dall’omonimo romanzo di Margherite Yourcenar - “riaprì” il teatro romano. In quell’occasione dichiarò che “Aprire un teatro è come aprire uno spazio di civiltà, è come aprire una nuova via di cultura e di comunicazione  fra gli uomini”. E quest’anno, sempre lui, ha mantenuto la promessa allora fatta di “rianimarlo”. Questo sito si conferma, dunque, la terza struttura archeologica fuori Roma che ospita spettacoli, dopo i teatri di Ostia Antica e di Villa Adriana a Tivoli.

Prima della rappresentazione, la Comunità Montana ha conferito la cittadinanza onoraria dei Castelli Romani e Prenestini a Giorgio Albertazzi e Maurizio Scaparro, per esprimere la propria riconoscenza alla collaborazione prestata all’inaugurazione del teatro dello scorso anno.
Un grande evento, un grande risultato ottenuto dall’XI Comunità Montana che ha promosso e organizzato la serata con il patrocinio della Regione Lazio e della Provincia di Roma. La realizzazione dell’evento, voluto dal presidente Giuseppe de Righi, è stata curata dall’assessore alle politiche archeologiche Franco Belleggia e organizzato da Salvatore Aricò.
Ispirato all’opera di Cicerone, illustre personaggio dell’antichità che a lungo visse presso la città di Tuscolo, “Cicerone, la lingua pugnalata” è una straordinaria sperimentazione linguistica in una straordinaria rappresentazione scenica. I giovani attori e drammaturghi hanno seguito un itinerario nel quale, studiando Cicerone ed elaborandone i testi, studiando antiche fonti biografiche, sono riusciti a penetrare il pensiero dei protagonisti e si sono trovati a “scivolare” all’interno dei personaggi e a giungere, quasi spontaneamente, al punto d´arrivo di questo percorso: il copione!
Un particolare dello spettacolo con i sette turisti immedesimati nei personaggi antichiLo spettacolo vive dinamicamente nello spazio della scena del teatro romano il cui sito archeologico diviene scenario effettivo, collegato realmente alla figura ideale di Cicerone, che qui certamente è passato. Il Custode del sito è un certo Tirone, lo stesso nome del liberto segretario particolare del grande oratore. Giunge un gruppo di sette turisti. La magia del luogo, rappresentata figurativamente da una strana macchina sonora nel cui interno vivono, immerse nell’acqua, quattro magiche figure femminili, riesce ad esprimere una forza evocatrice. I turisti vengono avvolti in un gioco in cui ognuno di essi si trova immerso in un personaggio che ha, nella realtà antica, frequentato, amato, odiato, ucciso Cicerone.
La città dimenticata di Tusculum, la città fantasma, sembra riemergere dal suo sonno… i personaggi iniziano a ricordare il loro passato roteando i pensieri in una sequenza asfissiante di piani narrativi e stili linguistici. Tirone ascolta e inizia a comporre domande sempre più precise, quasi nel tentativo di ricostruire e far riemergere l´immagine di una figura - quella di Cicerone - che, in modo pirandelliano, chiede lei stessa di essere rappresentata, di tornare a rivivere fra quelle pietre attraverso la magica immedesimazione dei sette turisti nei sette personaggi che hanno vissuto allora e che hanno accompagnato, osservato o anche determinato la sua efferata uccisione.
Attraverso i dialoghi si stagliano netti i temi legati alla morte, al dolore, alla tristezza, ai turbamenti dell’animo e della virtù come garanzia della felicità.
Uno spettacolo sprizzante originalità e intelligenza espressiva.
Uno spettacolo intriso di cultura.
Uno spettacolo che fa riflettere.
Uno spettacolo da vedere.



trevi nel lazio
Il Castello Caetani
(Tania Simonetti-Marco Cacciotti) - Località di villeggiatura estiva, Trevi nel Lazio sorge al centro di un’ampia vallata dei Monti Cantari, in cui scorre il fiume Aniene, oggi sbarrato da una diga che forma un lago artificiale per la produzione di energia elettrica. Trevi costituisce sin dall’antichità il centro principale ed il riferimento amministrativo dell’intera Valle dell’Aniene. Il paese è composto da tre zone: l’antico abitato arroccato sul colle la Civita; una cinquecentesca detta “in mezzo alla terra”; una terza fuori le mura rinascimentali, sviluppatasi in epoca recente. Ai confini comunali è l’area turistica degli Altipiani. Una piccola strada “Mezzo la terra” separa il paese antico sull’alto colle dalla parte sviluppatasi in epoca recente. L’intero abitato conserva un assetto che potrebbe definirsi romano in quanto sono riconoscibili il cardo e il decumano maggiori. L’area sommitale è caratterizzata dall’imponente Castello Caetani. Castello sorto sulle rovine della città devastata dai Saraceni nel sec. IX. Dal secolo XI fu feudo dei Conti di Segni e poi passò ai Caetani, che non si preoccuparono di tutelare l’economia agraria e l’allevamento del bestiame, per cui ci fu una rivolta, che li costrinse a fuggire nel 1636. Il castello divenne allora feudo dei monaci di Subiaco, che però non ebbero alcun dominio effettivo su Trevi per l’opposizione dei suoi maggiorenti. Nel XII secolo “domini et milites” di Trevi costituiscono una consorteria e danno origine al Comune. È da sottolineare che la presenza dei “milites” tra i signori di Trevi indica chiaramente l’importanza del castello di Trevi in questo periodo, come postazione difensiva militare dell’alta valle dell’Aniene. Dal secolo XIII in poi, Trevi divenne una postazione militare particolarmente importante: la Chiesa vedeva i confini orientali dello Stato ben difesi dal castello che dominava l’alta valle dell’Aniene. Alessandro IV, originario della vicina Jenne, fu il primo Papa che si interessò al dominio di Trevi, affidandola al nipote Rinaldo, detto Rubeo, il 21 novembre 1257. Il 15 marzo 1262 affidò al Monastero di Subiaco il castello che apparteneva a Rinaldo. Questi, sdegnato dell’atteggiamento del Papa, l’11 maggio 1262 “arma sumpsit et ad Castrum trebarum…fecit incendio devastari…”. La custodia del castello  venne allora affidata dal Papa a “Frati Martino de ordine Militiate Templi” il 3 gennaio 1263. Nei secoli XII e XIII la lotta tra Papato ed Impero fece sì che Trevi venisse affidata in feudo alle famiglie dei papi: i Conti ed i Caetani. Nel 1299 fu acquistato da Pietro Caetani, fratello di Bonifacio VII. Questo è il periodo in cui il castello visse il suo massimo splendore, protrattosi per tutta la durata della signoria dei Caetani, fino al 1471. Fu però caratterizzato da rivolte, rapine, uccisioni per il malcontento generale, dovuto alle misere condizioni in cui la comunità era costretta a vivere. Nel 1471 l’ultimo dei Caetani, Cristoforo,  fu cacciato dalla cittadina a furore di popolo, per malgoverno. Nel 1473 Sisto IV legò il comune di Trevi alla giurisdizione temporale degli “abati commendatari” Sublacensi, finendo con il fare assorbire la comunità Trebana nella struttura politico-amministrativa dell’Abbazia Benedettina.

Nei secoli precedenti le fonti non parlano mai di mura urbane, ma si riferiscono sempre al castello ed alle fortificazioni. Il castello sorge su uno sperone di roccia calcarea nella piazza principale della Civita. Nel XIII secolo sono numerosi i documenti che citano il castello e tra le notizie più interessanti vi è quella dell’incendio, dove gran parte dell’edificio andò in rovina. Il castello fu riedificato, nella forma attuale. Ai Caetani, che occuparono stabilmente il castello per due secoli, si deve la disposizione degli ambienti di abitazione che occupano i lati nord ed ovest dell’edificio, oggi completamente diroccati. Una “sala solitae habitationis” viene citata nel testamento dettato da Miozia Caetani al notaio Giacomo di Luca Conversi il 10 gennaio 1468.
Del castello non restano che i muri perimetrali e il mastio al centro della corte, coronato da una cornice di beccatelli.
Sul lato ovest si apre la porta d’entrata cui si doveva accedere tramite un ponte levatoio. I muri perimetrali conservano ancora (in parte crollati) le aperture originali, per lo più tamponate, i merli, le decorazioni originali. I lati nord ed ovest sono quelli meglio conservati, sul lato nord resta ancora un bel motivo ad archetti pensili, sopra le finestre del piano secondo.
Per l’accesso si hanno due ingressi: uno sul lato nord, tramite una porta ad arco acuto, adibita ai servizi, l’altro sul lato ovest, a piano terra con un grande arco acuto, da cui si accedeva ad un vano d’ingresso che portava alle abitazioni e alla corte. Gli altri due lati, sud ed est, che formavano con il mastio il nucleo militare del castello, sono coronati da merlatura. Su questi due lati si vedono molto chiaramente tre tipi di muratura diversi, dal basso verso l’alto. Il primo tipo è formato da grossi blocchi di calcare rozzamente tagliati, il secondo presenta filari regolari di pietra cardellina, il terzo, formato da una muratura mista su cui si aprono numerose bocche di cannone, appartiene ad un restauro di epoca tarda. Nel XIX secolo Trevi nel Lazio era tra i più importanti castelli dell’Abbazia di Subiaco per popolazione e per vastità di territori. Nel 1915, dopo il terremoto, con la ricostruzione dell’abitato, una parte del castello venne inglobata nelle case adiacenti. Da allora il castello è stato completamente abbandonato con il conseguente crollo di alcune porzioni di muratura e di tutti i solai lignei. Nel 1984 iniziarono i lavori di restauro ormai terminati. Bibliografia: (Istituto Italiano Castelli-www.castit.it- Manieri del Lazio - Itinerari Ciociari-  Rendina- Bonechi- Centra).    

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Sommario anno XIII numero 8 - agosto 2004