Un
giorno come un altro
(Claudio Comandini) - È un giorno come un altro, un mattino
in cui la gente fa le cose che fa. Due Boeing 747 partono da Boston
per la California. Alle 8:20 il volo American Airlines 11 inizia a puntare
verso New York, e ne scompare il segnale radar. Anche il volo United
Airlines 175 devia sopra il New Jersey. I controllori di volo della FAA (Federal
Aviation Administration) avvertono il NORAD (Comando per la Difesa Aereo
Spaziale Americano) per il dirottamento alle ore 8:38, circa 10 minuti
prima dello schianto del volo 11 al centesimo piano della Torre Nord del
World Trade Center, che avviene alle 8:45 (Szamuely, New York
Press v.15 n. 2; www.nypress.com: CNN, 16/12/01). Circa
mezz’ora dopo, alle 9:03 il volo 175 colpisce il novantesimo piano della
torre sud, che crolla per prima, mentre la torre nord brucia per quasi
un’ora e mezza prima di crollare.
Le torri sarebbero state da abbattere un paio d’anni più tardi, ed
intanto le loro immagini assumono il monopolio nel mondo delle immagini.
Il ritardo percettivo di un passante sorpreso dal primo impatto viene
immortalato da una telecamera amatoriale; la diretta televisiva del
secondo aereo in collisione realizza il capolavoro definitivo, per cui si
sarebbe deciso il prima e il dopo di ogni cosa. Nell’attentato muoiono
circa tremila persone, e si scava mesi per cercare superstiti alle rovine
di Ground Zero.
Il corrispondente della CBS Lou Young lamenta che anche a distanza
di giorni e persino di settimane dagli attentati, agli operatori video
viene proibito di riprendere o fotografare le macerie da determinate
angolazioni. I modi con cui le torri sono crollate non sembrano
incidentali, ma indotti da una implosione controllata, e ci sono
testimonianze di ulteriori esplosioni all’interno degli edifici (Jim
Marrs, Nexus 36; http://serendipity.magnet.ch/wtc.html).
Cosa sia davvero successo, ecco comunque come è andata: New York, World
Trade Center, centro del commercio globale, le torri gemelle crollano:
nessuna delle due veniva prima dell’altra, e nessuna delle due
sopravvive da sola. Nel frattempo, altri due voli vengono dirottati.
Ore 8:46, il volo 77 proveniente da Dulles cambia rotta sull’Ohio. La
FAA ne perde i contatti per circa 45 minuti, non informando il NORAD.
L’aereo cambia ulteriormente rotta sul Midwest, prosegue oltre la Casa
Bianca, e alle 9:35 fa una rotazione di 360 gradi sopra il Pentagono, e ci
si schianta alle 9:40. Non viene realizzato nemmeno un tentativo di
intercettazione, mentre alla Andrews Air Forces, base a circa venti
chilometri dal Pentagono, due squadriglie di caccia con centinaia di
professionisti costantemente disponibili al decollo rapido in caso di
emergenza, vengono tenute ferme, con un’ora di preavviso. Due articoli
dello stesso giorno presentano versioni incompatibili sulla disponibilità
dei caccia da parte del dipartimento di Difesa americano: o non erano
presenti, o non erano all’erta (USA today, 17/12/01). Due
F-16 della Langley Air Force Base, a duecentocinquanta chilometri dal
Pentagono, vengono lanciati alle 9:30, dopo un’ora e mezza di stasi da
parte della National Command Authority, e una discussione fra funzionari
militari americani che impedisce il decollo dei caccia per almeno 20
minuti (New York Times 15/09/01, Jared Israel www.tenc.net, Mahmoud
Kalaf, Università del Cairo, conferenza del 5/12/01, su Nafez
Mossadeq Ahmed, Guerra alle libertà, Fazi, p. 133-135).
Il generale Eberhart, comandante del NORAD, testimonia all’Armed
Services Committe del Senato, che la FAA non informò il NORAD e il
dipartimento della Difesa fino a che l’aereo non fosse sul Pentagono e
dopo l’ordine presidenziale; lo conferma il portavoce del NORAD Maggiore
Mike Snyder dei Marine Corps. Il generale dell’Air Force Richard
B. Myers, Capo di Stato Maggiore, il 13 settembre dichiara alla stessa
commissione che “l’ordine è stato successivo all’aereo
caduto sul Pentagono”: tale circostanza è ribadita di fronte a Tim
Russerti dal vicepresidente Dick Cheney a Meet the press (NBC
news, 16/12/01). La posizione ufficiale del governo è che sia
necessario subordinare la decisione di realizzare un’intercettazione in
caso di dirottamento all’autorizzazione presidenziale, e che sia inutile
far decollare dei caccia di scorta se il fine non è l’abbattimento
dell’aereo. Sono disattese e negate le Operazioni Procedurali Ordinarie
previste dall’USAF in caso di dirottamenti, la cui attuazione anticipa
ogni evidente presenza di intenzioni ostili e prescindono
dall’autorizzazione della Casa Bianca (Nafez Mossadeq Ahmed, p.
139-141).
Le dichiarazioni successive (CNN, 16/12/01) affermano che ai caccia
della base OTIS fu ordinato di decollare alle 8:44; i due caccia decollano
alle 8:52, comunque trentadue minuti dopo aver ricevuto la conferma del
dirottamento dei primi voli. Inoltre i danni riscontrati al Pentagono non
sembrano nemmeno ascrivibili ad una collisione balistica di tale portata,
e più che da un aereo, sembrano provocati da un missile (Thierry Meissan,
L’incredibile menzogna, Fandango; www.disinformazione.it/pentagate.htm).
Qualunque cosa sia successo, i militari USA permettono che il loro
“centro nevralgico” venga attaccato senza nemmeno tentare una
reazione, per circa altri 40 minuti dopo che il secondo aereo aveva
colpito il WTC.
Ore 10:10, il volo 93 della United Airline proveniente da Newark, mentre
tenta la rotta verso la Casa Bianca, precipita in Pennsylvania. Per i
notiziari del giorno c’è un’eroica lotta dei passeggeri, feriti alla
gola dai dirottatori; una comunicazione a casa via cellulare di uno dei
passeggeri riporta: “siamo stati dirottati, ma ci stanno trattando
gentilmente”(Time, 24/12/01). Il generale maggiore
Paul Weawer, direttore generale dell’Air National Guard Usa, afferma che
nessun aereo si è levato all’inseguimento (Seattle times, 16/12/01).
Invece altre testimonianze riguardano un secondo aereo lanciato
all’inseguimento, con detriti infuocati che cadevano, mentre sembra non
esservi nessun cratere profondo, né relitti sparsi per un’area di sei
miglia, indizi certi di un’esplosione in volo (Jim Marrs, Nexus
36).
Quattro aerei vengono simultaneamente dirottati fra le 7:45 e le 8:10, ed
è un evento senza precedenti. Anche un singolo dirottamento dovrebbe far
scattare le ordinarie procedure di intercettazione dell’attività aerea
“non programmata” stabilite dell’USAF: i piani di emergenza sono
stati completamente ignorati anche secondo il giornalista americano John
Miller (ABC news, 14/12/ 01) e l’ex segretario di Stato al
Ministero della Difesa tedesco Herr von Bulow (Tagesspiegel 13/12/02;
www.pasti.org/vonbulow2.htm). Il comandante capo
dell’aviazione russa Anatoli Kurkuniov dichiara che “è impossibile
portare a termine una operazione terroristica in un contesto come quello”
(Pravda online 13/9/01; http://emperor.vwh.net/news/airf/html).
L’esperto militare americano Stan Goff, sergente maggiore in congedo,
coinvolto in operazioni in otto aree belliche, da Vietnam a Haiti, mette
in evidenza fra le altre cose l’enorme perizia tecnica dei dirottatori,
specie del volo 70, difficilmente apprendibile ad una “scuola di volo
per saltafossi” (Narco news 10/10/ 01;
www.narconews.com/goff1.html).
8:46, Bush Junior è nel salone della scuola elementare Booker di Sarasota,
Florida, in posa per la foto con insegnanti e bambini; sono presenti
stampa e televisione, che fa parziali riprese. La notizia arriva qualche
attimo dopo che il primo aereo colpisce il WTC; in una sala privata il
Consigliere per la Sicurezza Nazionale Condoleeza Rice gli comunica di un
“terribile incidente”. Alle 9:00 circa è con dei bambini del
secondo grado, a leggere una favola su una capretta. Alle 9:05, due minuti
dopo il secondo attacco al WTC, Andrew Card, il capo dello staff presidenziale,
gli sussurra qualcosa all’orecchio. Non reagisce per fronteggiare la
situazione. Non lascia la scuola, non convoca una riunione di emergenza,
non si consulta con nessuno, non interviene in alcun modo per assicurarsi
che l’aeronautica militare svolga il proprio compito. Nemmeno menziona
gli eventi di New York, e continua nella lettura della fiaba. Nel
frattempo, alle 9:06 Washington trasmette a tutte le strutture del
traffico aereo nazionale del sospettato dirottamento del volo 11,
informando d’emergenza il Pentagono (Newsday, 23/09/01), mentre
il Dipartimento di Polizia di New York trasmette: “È stato un
attacco terroristico. Avvertite il Pentagono” (New York Daily
News 12/09/01). Alle 9.30, mentre l’aereo è a dieci minuti dal suo
obiettivo, il Presidente fa la sua dichiarazione (Gore Vidal, Le
menzogne dell’Impero, Fazi, p. 20-21).
È un giorno come un altro, fatto di fiabe e di impegni di routine,
di ritagli di giornale e di cose che non quadrano.
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