Anna Riitta Ciccone, L’amore di Màrja (Italia 2004)
(Federico Scrimaglio) - Màrja negli anni ’70. In una comune
incontra Fortunato con cui divide il sogno per un’ esistenza nuova, libera
dalle vecchie tradizioni. È la favola che racconta alle due figlie, Alice
e Sonia, del mondo sommerso, nascosto dal mare, dove regna la pace e
l’armonia. Un mondo che va riportato a galla ma costa fatica quando il
sogno si arena sugli scogli siciliani del paese natale di Fortunato. Màrja
è troppo diversa e lontana per accettare e farsi integrare da quella vita
legata a tradizioni e costumi che non comprende. Lei ha dentro di sé le
grandi foreste della Finlandia della giovinezza; il ghiacchio azzurro del
lago e la casa di legno della madre dai lunghi capelli bianchi. Non trova
modo per resistere o ignorare l’avversione che ha intorno. Fortunato
stesso, che voleva sfuggire alla sua famiglia, rimane impigliato in quella
rete inestricabile di leggi silenziose incarnate dal padre. Si fa ombroso,
si umilia a chiedere soldi ai genitori, soffre per quello che considera un
suo fallimento fino a decidere di partire e lavorare all’estero mettendo
tra sé e il suo sogno una distanza destinata ad aumentare. L’appartamento
dove vive Màrja con le figlie diventa così, nel corso degli anni, una
prigione; un luogo angusto dove i vecchi sogni rimbalzano a terra.
Lentamente, si fa strada la nevrosi a cui seguono ricoveri e figlie che
crescono con questa macchia della diversità che diventa motivo di orgoglio
nei momenti decisivi. Quando Alice, tra le sue cadute e risalite
adolescenziali, diventa madre di sua madre e della sorella Sonia che, tra
un amore e l’altro, aspetta un figlio. La nuova vita sancisce la fine di
un lungo dolore e la necessità di un’armonia tanto cercata. Màrja si
risveglia dal suo torpore e aiuta Sonia lungo la gravidanza proteggendola
e sostenedola di fronte agli sguardi di sottecchi e alle insinuazioni
maliziose dei paesani. Dopo, per Màrja ci sarà solo il desiderio di
camminare ancora una volta dentro la fitta foresta finlandese, coi
barbagli di luce che dall’alto filtrano tra le grosse fronde.
Il suo amore: per Fortunato, per le figlie, per quel mondo sommerso e il
suo sacrificio sono narrati dalla voce di Alice che ricorda la vita dei
genitori, il loro tentativo naufragato di vivere in un mondo di pace e
armonia. La vicenda drammatica è raccontata in modo originale e mai
patetico o prevedibile, dove i momenti di dolore afferrano e spingono a un
confronto con noi stessi e con la nostra esperienza, lontana o vicina che
sia dalla storia del film. Ma ci sono anche momenti, fantasiosi, ironici
che alleggeriscono il dramma e contribuiscono a una narrazione mai
pesante: Alice descrive alla sorella il paese africano dove lavora il
padre e si apre un siparietto in bianco e nero con Fortunato nelle vesti
di cacciatore bianco seguito dalla scorta indigena in pelliccia di
leopardo. E poi Alice che sogna la madre, Màrja, illuminata al centro
della vecchia casa di legno nel suo bosco che balla felice vestita con un
candido abito bianco. |