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Sommario anno XIII numero 9 - settembre 2004

 CINEMA

Anna Riitta Ciccone, L’amore di Màrja (Italia 2004)
(Federico Scrimaglio) - Màrja negli anni ’70. In una comune incontra Fortunato con cui divide il sogno per un’ esistenza nuova, libera dalle vecchie tradizioni. È la favola che racconta alle due figlie, Alice e Sonia, del mondo sommerso, nascosto dal mare, dove regna la pace e l’armonia. Un mondo che va riportato a galla ma costa fatica quando il sogno si arena sugli scogli siciliani del paese natale di Fortunato. Màrja è troppo diversa e lontana per accettare e farsi integrare da quella vita legata a tradizioni e costumi che non comprende. Lei ha dentro di sé le grandi foreste della Finlandia della giovinezza; il ghiacchio azzurro del lago e la casa di legno della madre dai lunghi capelli bianchi. Non trova modo per resistere o ignorare l’avversione che ha intorno. Fortunato stesso, che voleva sfuggire alla sua famiglia, rimane impigliato in quella rete inestricabile di leggi silenziose incarnate dal padre. Si fa ombroso, si umilia a chiedere soldi ai genitori, soffre per quello che considera un suo fallimento fino a decidere di partire e lavorare all’estero mettendo tra sé e il suo sogno una distanza destinata ad aumentare. L’appartamento dove vive Màrja con le figlie diventa così, nel corso degli anni, una prigione; un luogo angusto dove i vecchi sogni rimbalzano a terra. Lentamente, si fa strada la nevrosi a cui seguono ricoveri e figlie che crescono con questa macchia della diversità che diventa motivo di orgoglio nei momenti decisivi. Quando Alice, tra le sue cadute e risalite adolescenziali, diventa madre di sua madre e della sorella Sonia che, tra un amore e l’altro, aspetta un figlio. La nuova vita sancisce la fine di un lungo dolore e la necessità di un’armonia tanto cercata. Màrja si risveglia dal suo torpore e aiuta Sonia lungo la gravidanza proteggendola e sostenedola di fronte agli sguardi di sottecchi e alle insinuazioni maliziose dei paesani. Dopo, per Màrja ci sarà solo il desiderio di camminare ancora una volta dentro la fitta foresta finlandese, coi barbagli di luce che dall’alto filtrano tra le grosse fronde.
Il suo amore: per Fortunato, per le figlie, per quel mondo sommerso e il suo sacrificio sono narrati dalla voce di Alice che ricorda la vita dei genitori, il loro tentativo naufragato di vivere in un mondo di pace e armonia. La vicenda drammatica è raccontata in modo originale e mai patetico o prevedibile, dove i momenti di dolore afferrano e spingono a un confronto con noi stessi e con la nostra esperienza, lontana o vicina che sia dalla storia del film. Ma ci sono anche momenti, fantasiosi, ironici che alleggeriscono il dramma e contribuiscono a una narrazione mai pesante: Alice descrive alla sorella il paese africano dove lavora il padre e si apre un siparietto in bianco e nero con Fortunato nelle vesti di cacciatore bianco seguito dalla scorta indigena in pelliccia di leopardo. E poi Alice che sogna la madre, Màrja, illuminata al centro della vecchia casa di legno nel suo bosco che balla felice vestita con un candido abito bianco.

 CINEMA

Sommario anno XIII numero 9 - settembre 2004