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Sommario anno XIII numero 9 - settembre 2004

 CULTURA

Bruno de Finetti: così è, se vi pare – 3  (di Luca Nicotra)
“.....ma davvero esiste la probabilità? e cosa mai sarebbe? Io risponderei di no, che non esiste.”
Le definizioni di probabilità classica, frequentista e assiomatica (continuazione)
Jacob BernoulliLa definizione frequentista, essendo fondata su un’operatività sperimentale, non richiede che gli esiti dell’esperimento siano equiprobabili e quindi ha il pregio di superare il limite fondamentale di quella classica, che invece tale requisito richiede. È opportuno, però, rilevare che la legge dei grandi numeri giustifica, sperimentalmente, di assumere la frequenza relativa come probabilità, nei casi per i quali la simmetria (vale a dire l’equiprobabilità) degli esiti possibili renderebbe applicabile la definizione classica. Pertanto, l’estensione della definizione frequentista ai casi in cui quella di Laplace non è applicabile è un’estrapolazione che ha una certa arbitrarietà. Inoltre, stando sempre alle sue giustificazioni “sperimentali”, la definizione frequentista dovrebbe essere applicata soltanto ad eventi ripetibili, ovvero generati da esperimenti ripetuti nelle stesse condizioni quante volte si voglia. Tuttavia, in pratica, specialmente in statistica, la frequenza relativa è assunta come probabilità di eventi che non hanno tali caratteristiche, bensì hanno la connotazione di “accadimenti” avvenuti nel passato e non riproducibili quante volte si voglia “in laboratorio”, nel presente o nel futuro. Un esempio servirà a chiarire quanto detto. Volendo dare oggi una stima della probabilità alla mortalità scolastica nel primo biennio della facoltà d’ingegneria, lo statistico otterrà tale valore come frequenza relativa dell’evento “abbandono degli studi da parte di studenti d’ingegneria entro il secondo anno”, riferendosi ad un determinato periodo del passato, per esempio dal 1990 al 2003. A tale scopo, prenderà in considerazione il numero di iscritti ad ingegneria in quel periodo e dividerà per esso il numero di studenti che nello stesso periodo hanno abbandonato gli studi d’ingegneria entro il secondo anno. È vero che potrebbe prendere in considerazione altri periodi di tempo, il che equivarrebbe a scegliere in qualche modo il numero di “esperimenti” (che in realtà sono invece accadimenti), ma la sua è sempre una scelta condizionata, poiché non può scegliere a piacere il numero di anni cui riferire la sua indagine, anzi può capitargli di avere a disposizione un solo campione di dati numericamente non rappresentativo. In tutte queste situazioni, si fa una forzatura, utilizzando come probabilità la frequenza relativa di eventi per loro natura legati esclusivamente al passato, e non ripetibili a piacere.
Alcuni matematici1 , sotto la spinta dell’assiomatismo, hanno proposto una definizione assiomatica della probabilità fondata su tre definizioni e tre assiomi. Le definizioni sono:
1)         una prova è l’esecuzione di un esperimento “ripetibile”, nel senso che deve essere possibile ripeterlo nelle stesse condizioni, e con esito “aleatorio”, vale a dire non prevedibile con certezza, qualunque possono essere i nostri sforzi d’indagine2 ;
2)            l’insieme dei possibili risultati generati da una prova si dice universo o spazio campione U;
3)         un evento E è un qualsiasi sottoinsieme dell’universo U. Lo spazio degli eventi S è l’insieme degli eventi d’interesse, e quindi è un insieme d’insiemi. Per esempio, con riferimento al lancio dei dadi, i cui esiti possibili sono testa (T) e croce (C), e quindi è U = {T,C}, si può assumere come spazio degli eventi S l’insieme delle parti {T}, {C}, {Ø}, {T,C} dell’universo U che comprende anche l’insieme vuoto {Ø} e U stesso.
In particolare se E é costituito da un solo esito si dice evento elementare, mentre se é costituito da più esiti, si dice evento composto. L’universo U è anche l’evento certo, poiché è costituito da tutti gli esiti possibili. Ad ogni esito si può associare un punto di uno spazio euclideo a n dimensioni; U è pertanto lo spazio i cui punti rappresentano tutti e soli gli esiti possibili di una prova, mentre un evento E è un sottoinsieme di tale spazio, cioè è costituito da una parte dei punti di U, potendo ridursi ad un solo punto nel caso di evento elementare. Per fissare le idee, si pensi al lancio di un dado, di due dadi, di tre dadi, ...di n dadi: l’esito della prova è rispettivamente il numero, la coppia di numeri, la terna di numeri ...l’ennupla di numeri delle facce dei dadi rivolte verso l’alto. Dunque, ad ogni esito si può associare un numero, una coppia di numeri, una terna di numeri, ...n numeri, che possono essere intesi come coordinate di uno spazio euclideo a 1, 2, 3, ...n dimensioni. Inoltre se l’evento è l’uscita per esempio del numero 2 si ha l’evento elementare E = {2}, mentre se l’evento considerato è l’uscita di un numero pari si ha l’evento composto E = {2, 4, 6}, vale a dire l’evento occorre se l’esito della prova è uno dei numeri 2, 4, 6.
La probabilità assiomatica è una funzione d’insieme3 P definita sullo spazio degli eventi S, ovvero è una legge in grado di assegnare ad ogni evento E appartenente ad S un numero che soddisfa i tre assiomi di Kolmogorov:
1)         la probabilità P(E) di un evento E è un numero reale non negativo;
2)         la probabilità P(U) dell’evento certo è 1;
3)         la probabilità di un evento complesso costituito dal verificarsi dell’evento elementare A o dell’evento elementare B, mutuamente incompatibili, è la somma delle probabilità di A e di B: P(A o B) = P(A) + P(B). Due eventi incompatibili sono, per esempio, gli eventi testa e croce nel lancio di un dado, l’uno escludendo l’altro; due eventi compatibili, invece, sono l’uscita di una figura e di una carta di cuori nell’estrazione di una carta da un mazzo, potendo una carta di cuori essere anche una figura.
Così introdotta, la probabilità è formalmente definita come i matematici definiscono la misura di un insieme, e rientra pertanto come caso particolare nella più generale Teoria della misura, potendo essere interpretata come misura normalizzata P(E) (il suo valore è un numero compreso tra 0 ed 1, estremi inclusi) dell’insieme-evento E. La teoria assiomatica della probabilità è accattivante per il suo rigore formale, con cui è possibile dedurre tutta la teoria delle probabilità dalle premesse (definizioni, assiomi), soddisfacendo pienamente lo spirito deduttivo del matematico, ma ha un grosso difetto: non definisce cos’é in realtà la probabilità. Infatti, come in qualunque teoria assiomatica, la probabilità non è definita nella sua natura, ma è definita soltanto implicitamente come “un” (e non “quel”) numero reale non negativo che soddisfa i tre assiomi di Kolmogorov. Tale numero dipende dalla funzione d’insieme scelta, in altri termini il valore della probabilità assiomatica dipende dal criterio scelto per la misura dell’insieme-evento. Insomma, si ha una situazione analoga alla geometria euclidea, in cui il punto, la retta e il piano non sono definiti esplicitamente, ma implicitamente attraverso le loro mutue relazioni (assiomi), per cui, come paradossalmente diceva Hilbert, i punti, le rette e i piani potrebbero in realtà essere anche bicchieri, posate o quant’altro, purché soddisfacenti gli assiomi euclidei.
La teoria assiomatica della probabilità, oltre il rigore logico, ha un altro pregio. Riportando le considerazioni sugli eventi a calcoli sugli insiemi corrispondenti, attraverso il concetto di probabilità come misura normalizzata dell’insieme-evento, consente la determinazione della probabilità in casi in cui non é possibile applicare la definizione classica, come per esempio quando è infinito non numerabile4 sia il numero degli esiti possibili sia il numero di quelli favorevoli. In altre parole, la probabilità assiomatica può fornire una risposta a quesiti del tipo: quale è la probabilità che un ago, imperniato ad una sua estremità nel centro di un cerchio, cada entro un determinato settore di questo, per esempio di 30°? È chiaro, infatti, che assumendo come eventi elementari le posizioni assunte dall’ago quando si ferma, sia quelle entro l’intero cerchio (eventi possibili), sia quelle entro il settore considerato di 30° (eventi favorevoli) sono infinite non numerabili, perché costituiscono un infinitum continuum: la probabilità sarebbe data quindi dal rapporto 
infinito/infinito  che è una forma indeterminata. Invece, con la teoria assiomatica, la probabilità può essere assunta come la misura normalizzata dell’insieme degli esiti favorevoli, vale a dire il rapporto fra la misura del settore entro cui ci si aspetta che l’ago cada (30°) e la misura dell’angolo giro corrispondente all’intero cerchio (360°), che costituisce l’universo U, e quindi P = 30°/360° = 8,3%
Le critiche della scuola soggettivista
Le definizioni di probabilità fin qui date, pur risultando proficue in numerosi casi, offrono il fianco a varie critiche:
1)         sono ottenute sulla base unicamente di eventi del passato e ripetibili e quindi non sono applicabili a quella stragrande maggioranza di casi in cui gli eventi di cui vogliamo stimare la probabilità non sono mai accaduti oppure sono per loro stessa natura irripetibili. Per esempio, è palese a tutti che né con la definizione classica, né con quella frequentista, né con l’assiomatica è possibile stabilire la probabilità di eventi come questi: domani pioverà, il prossimo presidente della repubblica italiana sarà una donna, nel 2010 nasceranno gli Stati Uniti d’Europa, il prossimo papa sarà africano. Di fatto, è relativamente a casi di tal genere che nella vita di tutti i giorni siamo maggiormente stimolati a esprimere una nostra “ragionevole” previsione e quindi a stabilirne la probabilità.
2)         La ripetibilità degli esperimenti è un’utopia, perché in realtà non è possibile mantenere rigorosamente identiche le condizioni sotto cui sono effettuati.
3)         Le definizioni per partizione (classica) e in base alla frequenza relativa non sono vere definizioni, ma metodi per ottenere il valore della probabilità, sono quindi tutt’al più definizioni operative e non dicono nulla sulla vera natura della probabilità; la definizione assiomatica, infine, non è nemmeno operativa ma soltanto implicita per assiomi.
4)         Ad onta della loro pretesa oggettività, sono in esse presenti elementi soggettivi, cioè dipendenti dal soggetto che valuta la probabilità: la valutazione della equiprobabilità degli eventi possibili nella definizione classica, la scelta del numero di esperimenti da effettuare e la valutazione della identità delle condizioni sperimentali in quella frequentista, la scelta della funzione d’insieme che fornisce la misura dell’insieme-evento nella definizione assiomatica;
5)         Si allontanano dal senso comune originario di probabilità, che è ben evidenziato invece nelle definizioni “non matematiche” dello Zingarelli, che sottintendono un punto di vista squisitamente soggettivo che senz’altro riscuote il consenso dell’uomo comune.
Bruno de FinettiParlare di soggettivismo, in genere, non è stato ben accetto da matematici e scienziati (e ancora non lo è da parte di tutti), abituati da sempre a pensare in termini oggettivi, fin quando un grande matematico italiano, Bruno de Finetti, nel secolo scorso, molto scettico nei confronti degli atteggiamenti decisamente deterministici e assolutisti della maggior parte degli uomini di scienza, si è imposto al mondo scientifico internazionale come strenuo ed originale propugnatore del soggettivismo nel campo della probabilità5 , criticando il “presunto” rigorismo e oggettivismo delle vecchie definizioni di probabilità: “Esse non definiscono nulla; peggio ancora nascondono, con sproloqui e arcane definizioni, colme di fumo e di vuoto, il vero senso in cui il termine è usato dall’ultimo uomo della strada... La cosiddetta definizione basata su partizioni in casi ugualmente probabili richiede sia già acquisito, in senso soggettivo, il concetto di uguale probabilità. E quella basata sulle frequenze richiede il medesimo circolo vizioso ed in più un’intuizione (necessariamente grossolana) di un nesso tra osservazione di frequenze e valutazioni di probabilità, nesso di cui soltanto un’adeguata elaborazione della teoria delle probabilità (soggettive) permette di stabilire il significato in base ad effettiva analisi delle circostanze in gioco.”6 In tale spirito Bruno de Finetti diede la quarta e fondamentale definizione di probabilità, che ormai possiamo trovare nei testi di Calcolo della Probabilità di tutto il mondo: “...la probabilità che qualcuno attribuisce alla verità - o al verificarsi - di un certo evento (fatto singolo univocamente descritto e precisato) altro non è che la misura del grado di fiducia nel suo verificarsi”. Questa è una vera definizione della probabilità, perché non è operativa, cioè legata al modo di determinarne il valore, ma unicamente contiene il significato di probabilità, riportandolo alla comune accezione. La definizione soggettiva assegna alla probabilità un valore numerico che è tanto più vicino ad uno quanto maggiore è la nostra convinzione che l’evento si verifichi, mentre è tanto più vicino a zero quanto maggiore è la nostra convinzione che l’evento non si verifichi. (continua)
Note:
 1 Il primo a esporre una teoria assiomatica coerente e sistematica della probabilità è stato il matematico russo Andrei Nicolaieviè Kolmogorov nel 1933, con la sua monografia “Grundebegriffe der Wahrscheinlichkeitrechnung” (Fondamenti del calcolo delle probabilità), soddisfacendo in parte le richieste di David Hilbert di dare una fondazione assiomatica alla teoria della probabilità.
 2 La natura del presente scritto non consente di approfondire la discussione sul significato di aleatorio o casuale; il significato qui dato è il più comune ma anche il più “debole” rispetto ad altre possibili accezioni del termine.
 3 Cioè una funzione definita non su un insieme numerico bensì su un insieme di insiemi
 4 “Non numerabile” significa che non può essere posto in corrispondenza biunivoca con l’insieme dei numeri naturali 1,2,3,... Un’infinità numerabile si dice discreta mentre una infinità non numerabile si dice continua perché è costituita da una distribuzione continua di infiniti elementi (per esempio i punti di un segmento).
 5 Anche il logico inglese Frank Ramsey (The foundations of mathematics and other logical essays, 1931) giunse, indipendentemente da de Finetti, ad una concezione soggettivista della probabilità.
 6 B. de Finetti, Interventi al Convegno della C.I.I.M., Viareggio, 24-26 ottobre 1974.

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