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Sommario anno XIII numero 12 - dicembre 2004

 ATTUALITÀ E COSTUME

Il passaparola del lettore
(Federico Gentili) - Il passaparola del lettore è un atto sospeso, un tamtam che si consuma in assenza di forza gravitazionale, a metà strada tra il confidenziale e il comunitario, tra un consiglio sussurrato, adagiato con l’apparente noncuranza del bookcrossing, e una solenne dichiarazione d’appartenenza. Un atto spontaneo che in pochi secondi regala una strana intimità a persone che si conoscono appena. Una specie di scambio tra soci dello stesso club. Il buon consiglio di un amico oltrepassa le recensioni, a volte vuote e narcisistiche, che distribuiscono quella visibilità, tanto inseguita dagli uffici stampa delle case editrici. Il buon consiglio spazza via con un sol colpo il feticcio della fascetta sul libro, viatico del lettore indeciso, attestante la vittoria di prestigiosi premi e il raggiungimento di formidabili tirature. Anni fa qualcuno inventò uno slogan per invitare le persone alla lettura: “Se apri un libro, il libro aprirà te”. Tommaso d’Aquino si guardava bene dall’uomo di un solo libro. In effetti è poco ospitale una casa senza libri, ci si sente spaesati. Dal momento che anche a me capita spesso di suggerire o ricevere titoli di qualche interesse, non mi farò sfuggire questa occasione per consigliarvi un paio di libri che ho acquistato dietro la premurosa segnalazione di  altrettanti amici. Il primo testo, La crisi dell’antifascismo (Einaudi, 7 euro), è scritto da Sergio Luzzatto, docente di Storia moderna a Torino e nipote di uno di quei dodici professori universitari (su ca. 1200!) che, non prestando giuramento al fascismo, furono costretti ad abbandonare l’insegnamento. L’antifascismo è divenuto davvero così inutile, come molti intellettuali in Italia vogliono far credere? L’autore ripercorre gli ultimi sessant’anni di storia italiana, rivolgendosi alle nuove generazioni, affinchè sappiano distinguere fatti e comportamenti. Perchè «non c’è disegno del futuro che non prenda forma sulle tracce di un passato, secondo quanto si decida di conservare oppure di cancellare» (p.10). Un volumetto che dovrebbe essere imparato a memoria da tutti quei giornalisti, cosiddetti “terzisti”, che stanno cercando di riscrivere la storia del nostro Paese, sull’asse dell’equidistanza tra fascismo e antifascismo, tra fascismo e Resistenza. «Presto o tardi, dopo essere costati all’umanità un prezzo più o meno salato, i Bonaparte e i Mussolini passano, travolti dalle rovine dei mondi che hanno dapprima costruito e poi distrutto; mentre i Fouché e i Malaparte restano, per quanto feriti o screditati, galleggiando sull’oceano delle storie». In un modo o nell’altro, anche Berlusconi passerà, mentre «la maschera strapaesana di Ferrara continuerà a muoversi sulla nostra scena pubblica secondo le regole arcitaliane della commedia dell’arte» (p.80). Perdersi a Roma (Edizioni Interculturali, 12 euro) è un collage di racconti, memorie e interviste, attraverso le quali l’autore, Roberto Carvelli, fa parlare alcune delle voci più significative della capitale. Molto più di una guida e molto più di uno stradario ricco di curiosità e aneddoti, il volumetto si rivolge al lettore-turista che non limita il suo raggio d’interesse a quanto prescrittogli da un baedeker. Il punto di vista di Carvelli ricorda molto da vicino quello del Pasolini di Storie della città di Dio (Einaudi, 1995), in cui si leggeva che «per lo straniero e il visitatore Roma è la città contenuta entro le vecchie mura rinascimentali: il resto è vaga e anonima periferia, che non vale la pena di vedere. [...] La Roma ignota al turista, ignorata dal benpensante, inesistente sulle piante, è una città immensa». Roberto Carvelli invita a perdersi nella città per riscoprirne il senso, a diventare nomadi d’élite e vagabondi, a mettere in atto strategie di perlustrazione rallentata del territorio, non necessariamente regolata dai ritmi del sistema produttivo o consumistico.

 ATTUALITÀ E COSTUME

Sommario anno XIII numero 12 - dicembre 2004