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Sommario anno XIV numero 3 - marzo 2005

 FILOSOFIA

Piccole schede di filosofia ...il determinismo nell’ideologia politica e filosofica di Seneca
(David Salvi) - Il necessitarismo è presente nell’ideologia politica di Seneca, evidente, per esempio, nel De Clementia in cui Seneca tenta di risolvere il problema del rapporto tra principe e sudditi, filosofia e potere. Egli sostiene la legittimità costituzionale del principato, o monarchia, poiché tale stava diventando, in quanto il potere unico è il più conforme alla concezione stoica di un ordine cosmico governato dal Logos (il rex iustus governa lo Stato come la mens divina regola razionalmente e provvidenzialmente l’universo, la monarchia, dunque, è un’istituzione conforme a natura e necessaria), il più idoneo a rappresentare l’ideale di un universo cosmopolita e a unificare i tanti popoli che formano l’impero. Il problema per Seneca è quello di avere un buon governo e, in un regime di potere assoluto, l’unico freno sul sovrano sarà la sua stessa coscienza, che lo dovrà trattenere dal governare in modo tirannico. Di qui l’importanza della clementia, virtù politica e morale, capacità di controllarsi quando si ha il potere di punire. Ispirandosi a Virgilio (Georgiche,IV), Seneca propone l’organizzazione sociale delle api come modello comunitario perfetto: il re delle api (gli antichi ignoravano che fosse una regina) è l’unico a non avere il pungiglione, perché la natura non ha voluto che fosse crudele e si abbandonasse all’ira. Secondo Seneca, principe e sudditi sono parte di un solo organismo: l’imperatore è l’anima, i sudditi il corpo.
È evidente, in questa concezione di un principato illuminato e paternalistico che affida alla coscienza del sovrano, al suo perfezionamento morale, la possibilità di instaurare un buon governo, l’importanza che acquista l’educazione del principe e, in generale, la filosofia, come garante e ispiratrice della direzione politica dello Stato. In questa generosa illusione che sembrava rinnovare l’antico progetto platonico del governo dei filosofi e che determinò, in maniera drammatica, anche le sue vicende autobiografiche, Seneca impegnò a lungo le sue energie. Ma la rapida degenerazione del governo neroniano vanifica quel progetto e la filosofia senecana deve ridefinire i suoi compiti, allentando i legami con la civitas e accentuando l’impegno ad agire nelle coscienze dei singoli: privato di un ruolo politico, il saggio stoico si pone al servizio dell’umanità.
C’è un principio fondamentale della filosofia stoica al quale Seneca rimane sempre fedele: compito dell’uomo, cioè del saggio, è quello di rendersi utile agli altri uomini. Come? Non deve mai sottrarsi alle sue responsabilità umane e civili. Giovare è sempre possibile anche nelle situazioni più difficili.
In Epistulae ad Lucilium, Seneca propone l’ideale di una vita indirizzata al raccoglimento e alla meditazione, al perfezionamento interiore mediante la riflessione sulle debolezze e i vizi propri e altrui. Accentua il distacco dal mondo e dalle passioni, il fascino della vita appartata e dell’otium, come valore supremo: un otium che non è inerzia ma costante ricerca del bene. La conquista della libertà interiore è l’estremo obiettivo che il saggio stoico si pone. Con Seneca il concetto di libertas si sposta dal piano politico a quello etico. Solo chi serve la filosofia è veramente libero. Questa è la grande scoperta che rende Seneca ancora attuale. Cicerone pensava alla filosofia morale in funzione di quella politica, al centro della sua riflessione non stava l’individuo ma la civitas. Con Seneca il rapporto si rovescia: la filosofia offre gli strumenti all’empia storia: l’interiorità è l’unico luogo in cui gli uomini non possono sottrarsi all’inautenticità degli avvenimenti esterni. Occorre prima di tutto guardare dentro di sé e poi a ciò che ci circonda. Il saggio è, per Seneca, colui che sa resistere ai colpi della fortuna e della storia.
La meditazione sull’essenza del tempo e sulla morte è, secondo Seneca, parte integrante degli esercizi quotidiani dello spirito a cui il saggio deve dedicarsi.
Nel De Brevitate Vitae, Seneca ripropone la classica analisi del tempo in tre dimensioni: passato, presente, futuro, che l’uomo comune non riesce a dominare, in quanto, rifuggendo e negando il passato, vivendo angosciosamente nell’attesa e nella paura del futuro, non vive nemmeno l’attimo fuggente del presente, sprecandolo nella concatenazione meccanica delle sue azioni. Solo attraverso l’esercizio dello spirito si può instaurare un rapporto non conflittuale con il tempo. Il saggio è colui che riesce a vivere il presente nella sua totalità in quanto lo vive pienamente, momento per momento, considerando ogni momento vissuto come un’intera vita, avulso da qualsiasi rapporto con il passato e tantomeno col futuro. Il tempo, nel momento in cui viene vissuto in toto nel presente,diventa eterno, acronico; e in questa acronia il tempo, il presente, può abbracciare sia la memoria del passato che la speranza del futuro.
La morte è per Seneca una legge universale e necessaria e l’accettazione di questa comporta, nell’uomo, la consapevolezza di dominare il destino e di essere padrone della propria vita. La morte, infatti, è l’unico, il più autentico strumento di libertà concesso all’uomo: grazie ad essa noi possiamo resistere alla fortuna, sottrarci ad ogni forma, giuridica o psicologica, di schiavitù. Seneca non ha una visione ultraterrena dell’immortalità dell’anima, anche se talvolta è tentato dalla dottrina platonica, al contrario esorta a rendere quanto più piena e bella la vita, a dare un senso alla vita secondo i dettami dello stoicismo ed epicureismo: imparare a vivere bene significa imparare a morire bene: solo con questa consapevolezza l’uomo non avrà più paura della morte e la affronterà con serenità ed equilibrio interiore.   (continua...)

 FILOSOFIA

Sommario anno XIV numero 3 - marzo 2005