Piccole
schede di filosofia ...il determinismo
nell’ideologia politica e filosofica di Seneca
(David Salvi) - Il necessitarismo è presente nell’ideologia
politica di Seneca, evidente, per esempio, nel De Clementia in cui
Seneca tenta di risolvere il problema del rapporto tra principe e sudditi,
filosofia e potere. Egli sostiene la legittimità costituzionale del
principato, o monarchia, poiché tale stava diventando, in quanto il potere
unico è il più conforme alla concezione stoica di un ordine cosmico
governato dal Logos (il rex iustus governa lo Stato come la
mens divina regola razionalmente e provvidenzialmente l’universo,
la monarchia, dunque, è un’istituzione conforme a natura e necessaria), il
più idoneo a rappresentare l’ideale di un universo cosmopolita e a
unificare i tanti popoli che formano l’impero. Il problema per Seneca è
quello di avere un buon governo e, in un regime di potere assoluto,
l’unico freno sul sovrano sarà la sua stessa coscienza, che lo dovrà
trattenere dal governare in modo tirannico. Di qui l’importanza della
clementia, virtù politica e morale, capacità di controllarsi quando si
ha il potere di punire. Ispirandosi a Virgilio (Georgiche,IV), Seneca
propone l’organizzazione sociale delle api come modello comunitario
perfetto: il re delle api (gli antichi ignoravano che fosse una regina) è
l’unico a non avere il pungiglione, perché la natura non ha voluto che
fosse crudele e si abbandonasse all’ira. Secondo Seneca, principe e
sudditi sono parte di un solo organismo: l’imperatore è l’anima, i sudditi
il corpo.
È evidente, in questa concezione di un principato illuminato e
paternalistico che affida alla coscienza del sovrano, al suo
perfezionamento morale, la possibilità di instaurare un buon governo,
l’importanza che acquista l’educazione del principe e, in generale, la
filosofia, come garante e ispiratrice della direzione politica dello
Stato. In questa generosa illusione che sembrava rinnovare l’antico
progetto platonico del governo dei filosofi e che determinò, in maniera
drammatica, anche le sue vicende autobiografiche, Seneca impegnò a lungo
le sue energie. Ma la rapida degenerazione del governo neroniano vanifica
quel progetto e la filosofia senecana deve ridefinire i suoi compiti,
allentando i legami con la civitas e accentuando l’impegno ad agire
nelle coscienze dei singoli: privato di un ruolo politico, il saggio
stoico si pone al servizio dell’umanità.
C’è un principio fondamentale della filosofia stoica al quale Seneca
rimane sempre fedele: compito dell’uomo, cioè del saggio, è quello di
rendersi utile agli altri uomini. Come? Non deve mai sottrarsi alle sue
responsabilità umane e civili. Giovare è sempre possibile anche nelle
situazioni più difficili.
In Epistulae ad Lucilium, Seneca propone l’ideale di una vita
indirizzata al raccoglimento e alla meditazione, al perfezionamento
interiore mediante la riflessione sulle debolezze e i vizi propri e
altrui. Accentua il distacco dal mondo e dalle passioni, il fascino della
vita appartata e dell’otium, come valore supremo: un otium
che non è inerzia ma costante ricerca del bene. La conquista della libertà
interiore è l’estremo obiettivo che il saggio stoico si pone. Con Seneca
il concetto di libertas si sposta dal piano politico a quello
etico. Solo chi serve la filosofia è veramente libero. Questa è la grande
scoperta che rende Seneca ancora attuale. Cicerone pensava alla filosofia
morale in funzione di quella politica, al centro della sua riflessione non
stava l’individuo ma la civitas. Con Seneca il rapporto si
rovescia: la filosofia offre gli strumenti all’empia storia: l’interiorità
è l’unico luogo in cui gli uomini non possono sottrarsi all’inautenticità
degli avvenimenti esterni. Occorre prima di tutto guardare dentro di sé e
poi a ciò che ci circonda. Il saggio è, per Seneca, colui che sa resistere
ai colpi della fortuna e della storia.
La meditazione sull’essenza del tempo e sulla morte è, secondo Seneca,
parte integrante degli esercizi quotidiani dello spirito a cui il saggio
deve dedicarsi.
Nel De Brevitate Vitae, Seneca ripropone la classica analisi del
tempo in tre dimensioni: passato, presente, futuro, che l’uomo comune non
riesce a dominare, in quanto, rifuggendo e negando il passato, vivendo
angosciosamente nell’attesa e nella paura del futuro, non vive nemmeno
l’attimo fuggente del presente, sprecandolo nella concatenazione meccanica
delle sue azioni. Solo attraverso l’esercizio dello spirito si può
instaurare un rapporto non conflittuale con il tempo. Il saggio è colui
che riesce a vivere il presente nella sua totalità in quanto lo vive
pienamente, momento per momento, considerando ogni momento vissuto come
un’intera vita, avulso da qualsiasi rapporto con il passato e tantomeno
col futuro. Il tempo, nel momento in cui viene vissuto in toto nel
presente,diventa eterno, acronico; e in questa acronia il tempo, il
presente, può abbracciare sia la memoria del passato che la speranza del
futuro.
La morte è per Seneca una legge universale e necessaria e l’accettazione
di questa comporta, nell’uomo, la consapevolezza di dominare il destino e
di essere padrone della propria vita. La morte, infatti, è l’unico, il più
autentico strumento di libertà concesso all’uomo: grazie ad essa noi
possiamo resistere alla fortuna, sottrarci ad ogni forma, giuridica o
psicologica, di schiavitù. Seneca non ha una visione ultraterrena
dell’immortalità dell’anima, anche se talvolta è tentato dalla dottrina
platonica, al contrario esorta a rendere quanto più piena e bella la vita,
a dare un senso alla vita secondo i dettami dello stoicismo ed
epicureismo: imparare a vivere bene significa imparare a morire bene: solo
con questa consapevolezza l’uomo non avrà più paura della morte e la
affronterà con serenità ed equilibrio interiore. (continua...) |