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Sommario anno XIV numero 4 - aprile 2005

 CULTURA E COSTUME

Il senso della neve
(Paolo Di Lazzaro) - Nel romanzo di Peter Høeg “Il senso di Smilla per la neve” la protagonista riesce a trovare indizi decisivi per risolvere un misterioso caso di omicidio grazie alla sua profonda conoscenza del comportamento del manto nevoso al variare delle condizioni atmosferiche. A pensarci bene, anche a noi, che non siamo nati in Groenlandia né siamo esperti come Smilla, la neve pone una serie di interrogativi ai quali è interessante provare a dare una risposta. A cominciare dal quesito che ha tormentato filosofi e pensatori per molti secoli: perché l’acqua è trasparente e incolore, mentre la neve, che è fatta della stessa acqua, è opaca e bianca? Ci sono due motivi concomitanti che possono spiegare questo mistero. Il primo motivo è nel cambiamento della struttura dell’acqua al punto di congelamento: il singolo cristallo di ghiaccio è molto più grande della singola molecola d’acqua. In particolare, la dimensione dei cristalli di neve è più grande della lunghezza d’onda di ogni colore della luce visibile (ricordiamo che la luce è una forma di energia che si propaga sotto forma di onde, e la distanza tra due picchi consecutivi dell’onda si chiama “lunghezza d’onda”). Questa “grande” dimensione dei cristalli (si fa per dire, si parla di alcuni millesimi di millimetro) permette di intercettare e diffondere tutta la luce, che noi vediamo bianca perché la somma di tutti i colori della luce visibile viene percepita dal nostro cervello come bianca. Il colore della neve, insomma, è dovuto allo stesso fenomeno di diffusione acromatica della schiuma della birra o dei frangenti delle onde del mare, come discusso nel numero di Dicembre 2003 di Controluce. Il secondo motivo è nel grande numero di interfacce (cioè superfici di separazione) tra aria e cristallo di neve, che aumenta la probabilità di riflessione della luce.
Al contrario, le molecole d’acqua sono abbastanza piccole da non diffondere la luce visibile, e non presentano interfacce aria-acqua: possiamo immaginare che le onde luminose fanno uno slalom tra le molecole dell’acqua senza essere intercettate né assorbite, sicché l’acqua si comporta in modo “trasparente”.
Tutto chiaro, allora? Beh, forse Smilla non sarebbe completamente d’accordo, ricordandoci che a volte si trovano anfratti di neve fresca, in ombra, che appaiono azzurrini… Una possibile spiegazione è che la neve caduta da poco non ha avuto tempo di compattarsi e la sua superficie è frastagliata, formata da una miriade di piccole propaggini di cristalli di neve che “escono” dalla superficie stessa. Queste “braccia” del cristallo sono ovviamente più piccole del cristallo stesso, tanto piccole da favorire la diffusione del colore avente la più piccola lunghezza d’onda tra quelle della luce visibile: il blu (un po’ come succede con le molecole dell’atmosfera che diffondono il colore blu del cielo). Il nostro cervello quindi fa una media tra il blu diffuso dalla neve fresca e il bianco diffuso dalle zone di neve compatta, e il risultato è un pallido azzurro.
Per inciso, le tante piccole cavità di aria che si trovano intrappolate tra i fiocchi di neve appena caduti smorzano la riflessione del suono, e per questo motivo un manto di neve fresca attutisce i rumori, regalando a chi passeggia nelle vicinanze un irreale senso di ovattato silenzio.

 CULTURA E COSTUME

Sommario anno XIV numero 4 - aprile 2005