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Dicembre 06
12:01 2019

Savona sembra più bella la sera del 4 dicembre, data  in cui le Sardine hanno scelto di scendere nelle  strade. Per una volta, le luci della piazza del Brandale non illuminano solo le torri e le antiche vie silenziose e deserte, quasi ci fosse il coprifuoco, ma Sardine dalle voci  gioiose e dalle facce sorridenti.  “Sardine libere”, che  invitano tutti al mare aperto!

Forse, non ci sarà tanta gente come nelle altre città, solamente circa 1300 persone, ma Savona è popolata da anziani e di sera, ormai, fa freddo.

Savona  ha perso, nel tempo, tutte le attività produttive: non ha fabbriche, non ha aziende, non ha nulla se non, per lo più, badanti e imprese di pulizie. I negozi, soffocati da un Centro Commerciale a portata di mano, chiudono a uno a uno. Le varie amministrazioni non sono state capaci di comprendere che la città avrebbe potuto trovare una nuova natura turistica. Ancora credono, a Savona, che si debba chiudere tutto in agosto perché le fabbriche sono chiuse. Così, i turisti che affollano, invece, i paesi circostanti, se fanno un giretto fin qui, trovano un capoluogo di fantasmi. Eppure, a Savona c’è il mare, la spiaggia e persino tante bellezze artistiche!

Nella sera delle Sardine, dunque, qualcuno si è mosso: tanti giovani e parecchi meno giovani.

Forse, anche qui, i partiti cercheranno di appropriarsi di questo movimento di ribellione.

Ultimamente, l’Italia era diventato un paese di soli odiatori. Se si guardavano i social (ma è meglio non farlo), si trovavano terribili insulti a tutte le persone che non si rassegnavano al tradimento dei diritti sanciti dalla Costituzione e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Se, poi, le persone da denigrare erano donne, una delle cose più comuni era augurare loro di essere stuprate. Si usavano parole che dovrebbero essere tabù e vergogna! La gente era inferocita contro chiunque non fosse di razza pura, e augurava persino ai bambini di morire.

Mi sono chiesta a lungo come un popolo, oggi, sia potuto arrivare a questo punto, come abbia accettato slogan in qualità di promesse e giustificazioni di qualsiasi atto malvagio.

Una follia che non riconosce la storia come maestra e che non ricorda che dai nazionalismi, dai razzismi, dall’odio, sono esplose le guerre mondiali.

Infine, sono uscite di casa le Sardine. Il mio cuore, che si vergognava pure di esistere, ha ripreso a battere. Ebbene, ho pensato, se c’è una metà del popolo che non accetta quella che io credo la civiltà, cioè i diritti uguali e inalienabili di tutte le persone umane, senza distinzione di colore, sesso, religione, lingua, almeno ce n’è un’altra metà nella quale posso ancora sperare.

Una metà che vive con degli alti valori morali e civili, che ci crede ancora, che non pensa di guadagnare dalla morte e dalla sofferenza degli altri. Una metà che persegue riforme e progresso, non restaurazione e isolamento.

Non è questione di partiti. Ogni persona responsabile ha i suoi valori inalienabili e non si vende per uno slogan o una ridicola e finta religione. Poi, quando va a votare, sceglie chi si avvicina di più a quello in cui crede. Perché, prima di tutto, noi siamo i nostri valori e non facciamo svendite.

Ho sentito, infine, che qualcuno non approva che, nelle riunioni delle Sardine, venga cantata anche la canzone “Bella ciao”. Molti la identificano  come patrimonio esclusivo della sinistra, ma non è così. “Bella ciao” è diventata  famosa dopo la guerra, specialmente nei  “Festival mondiali della gioventù democratica” e, in seguito, nel ‘68. Parla genericamente di Partigiani che hanno combattuto per la Libertà. Come sappiamo, i Partigiani erano tutti quelli che, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, hanno costruito la Libertà dal nazifascismo. Anche oggi, dunque, c’è bisogno di risvegliare un popolo dormiente dalla schiavitù delle false promesse e delle formule vuote di significato. Non c’è niente di male, dunque, a intonare qualche verso romantico, sperando che possa essere utile.

 

 

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