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25 anni di Commodore 64

25 anni di Commodore 64
Febbraio 18
02:00 2008

Commodore 64 - Foto di Bill BertramNel 1982 la Commodore lanciava sul mercato il mitico Commodore 64, destinato ad introdurre all’informatica un’intera generazione (la mia). Prendeva il nome dalla quantità di RAM a disposizione dell’elaboratore, ben 64 kilobytes! Si avete letto bene. In tempi come i nostri in cui servono gigabytes di memoria anche per scrivere una semplice lettera, il Commodore svolgeva egregiamente i suoi compiti con una pochezza di hardware che oggi appare strabiliante. Quando lo accendevi, il bootstrap che ai moderni computer richiede minuti era immediato e si veniva accolti da quella scarna interfaccia testuale che all’inizio sconcertava, ma ben presto apriva un mondo di giochi e di applicazioni. Il sistema operativo coincideva con il linguaggio di programmazione: la massima semplicità informatica, l’ideale per apprendere un linguaggio di programmazione tuttora vivo (il Basic appunto). I software si creavano oppure si compravano in edicola, spesso si copiavano. Nel 1982 era dotato di interfacce grafiche a colori e di un sintetizzatore sonoro: bastava attaccarlo ad un televisore (era sprovvisto di monitor) e si creavano cartoni, giochi e musica; roba che sui PC sarebbe arrivata con le prime release di Windows, lustri più tardi. I giochi furono parte grande del successo del C64: venduto come le odierne playstation nei magazzini, con diffusione di programmi enorme, era supportato da joystick in tempi in cui le consolle dedicate erano rarissime e si giocava in fumosi bar con macchinette mangiasoldi. L’unico problema di giocare col Commodore era rappresentato dal fatto che si occupava un televisore, spesso l’unico che c’era in famiglia!
Il C64 era addirittura sprovvisto di memorie di massa, ossia hard disk e simili: ne poteva essere dotato tramite il leggendario mangianastri che registrava righe e righe di programmi su comuni audiocassette, il supporto magnetico allora più diffuso al mondo. Si può immaginare qualcosa di più geniale? I programmi erano scritti sequenzialmente sul nastro ed a meno di caricarli uno ad uno bisognava segnarsi la posizione azzerando il contatore all’inizio del nastro. Macchinoso, ma funzionava alla grande! Poi arrivò, per chi poteva permetterselo il lettorone di floppy disk: un attrezzo grosso quanto un notebook moderno che ingollava dischi da 5 pollici e un quarto, all’epoca molto diffusi anche sui nascenti Pc; possedeva l’enorme vantaggio di avere una Fat così da sapere dove erano i programmi e caricarli molto più velocemente.
Anni dopo la Commodore lanciò il C128 che raddoppiava la RAM a disposizione, ma pochi dei sessantaquattristi fecero il salto: il 64 rimase il computer più venduto della storia per niente insidiato dal progenitore Vic20 e dal concorrente (piuttosto diffuso) Spectrum. Ad esso presto si affiancò il successo dell’Amiga, nuovo gioiello di casa dedicato alla grafica, piattaforma che fino all’affermazione dei Mac dominò tale mercato.
La Commodore non seppe però reggere all’urto dell’affermazione dell’Ms-dos di Microsoft e dei Pc Ibm compatibili basati su hardware Intel, soprattutto quando questi impararono a suonare e a meravigliare come per almeno un decennio aveva fatto il C64: nel 1993 dopo 17 milioni di esemplari venduti, cessò la commercializzazione. Nonostante questo molti sviluppatori continuarono per anni a cercare ponti tra la vecchia, romantica e scorbutica tecnologia del C64 e la nuova dummies-proof dei Pc inventando emulatori del C64, improbabili cavi fatti a mano per utilizzare il registratore o il lettore di floppy con le nuove macchine. Insomma un delirio che tuttora prosegue su siti come www.c64.com a riprova che l’amore che molti portano a quel vecchio grigio scatolo è ancora intatto negli anni.

 

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