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4 – Il sovranismo riproposto

Novembre 01
18:33 2020

La crisi della Democrazia rappresentativa

È un diritto e anche un dovere chiederci se la democrazia rappresentativa alla quale è legata la nostra esistenza politica sia ancora valida nonostante le perplessità che destano alcune cadute d’insufficienza e d’incoerenza. Il tema è attualissimo.


I ‘rappresentanti’ politici, di ogni area politica, sembra non siano toccati
dalla gravità e dall’attualità della crisi della Democrazia rappresentativa.
È evidente la loro scarsa sensibilità ad esaminare e studiare a fondo
un problema che coinvolge tutti noi, e loro per primi.

Armando


L’attuale sistema democratico si conserva così com’è da molto tempo mentre la società continua ad evolvere con una rapidità impressionante. E già, la società attuale è ben diversa da quella che aveva espresso la configurazione di questo sistema democratico. Non ci sono più poche ‘classi’ ma la gente è distribuita in un elevato numero di classificazioni sociali che esprimono interessi diversi e, spesso, in contrapposizione fra loro. Quando i rappresentanti e i rappresentati avevano la stessa estrazione culturale ed economica, le cose funzionavano egregiamente perché esisteva una ‘omogeneizzazione’ fra queste due categorie della democrazia, per cui una rappresentava l’altra che, peraltro, individuava facilmente il politico da eleggere. Oggigiorno, si tenta di modificare, di ‘aggiustare’ il sistema elettorale per aumentare la stabilità dei governi e l’efficacia delle loro azioni. Queste operazioni, però, non modificano affatto il sistema rappresentativo. Infatti, i politici attuali, a qualsiasi area politica appartengano, si rivolgono all’elettorato in modo generale e complessivo, e le fasce sociali partecipano sempre quasi tutte, e quasi con la stessa valenza, a eleggere ‘rappresentanti’ di aree politiche diverse. Il risultato è che qualsiasi area politica vinca le elezioni dovrebbe andare a rappresentare gli interessi di tutti! In altri termini, io che avrò votato per un’area politica, sarò certamente affiancato da un altro cittadino che, pur avendo la mia stessa caratteristica sociale-economica e i miei stessi obiettivi concreti, avrà votato per l’area politica contrapposta: questa società ha perduto la propria capacità di esprimere fini univoci!

Il potere delle corporazioni


Le barriere giovano soltanto a impoverire i popoli, a inferocirli gli uni contro gli altri, a far parlare a ciascuno di essi uno strano e incomprensibile linguaggio, di spazio vitale, di necessità geopolitiche e a far pronunciare ad ognuno di essi esclusive scomuniche contro gli immigrati stranieri, quasi che fossero lebbrosi e quasi il restringimento feroce d’ogni popolo in se stesso potesse, invece di miseria e malcontento, creare ricchezza e potenza.

Luigi Einaudi


Non è un male se con la globalizzazione si possa fare con semplicità un viaggio all’estero. Ma i problemi sono sorti perché, parallelamente, si è sviluppato un feroce neoliberismo che ha prodotto un maggiore arricchimento dei più benestanti. La conseguenza diretta è stata quella di assegnare uno smisurato potere alle corporazioni e ai monopoli che hanno lo spietato scopo di produrre al minor costo possibile e non nel miglior modo possibile. Ecco perché uno dei loro obiettivi è stato di privatizzare le imprese pubbliche (per esempio, quelle della Sanità) perché non sono proficue in termini di tornaconto. Se prendiamo, per esempio, la sanità della Regione Lombardia – governata da una coalizione di destra -, dalla metà degli anni novanta i posti-letto pubblici sono stati più che dimezzati e, nel medesimo periodo, i posti-letto privati sono quasi raddoppiati. In questi giorni, però, il peso dell’emergenza è stato sostenuto dalla sanità pubblica, poiché i privati non hanno condiviso con gli ospedali pubblici il carico dei posti letto e delle terapie intensive! Il privato oggi non ha dato all’emergenza quanto, negli anni, ha preso dalle risorse pubbliche! Non solo. Hanno monopolizzato la dirigenza di quasi tutte le unità delle RSA smistando i benestanti nelle RSA private e i poveracci in quelle pubbliche.

Il paradosso del luogo natìo

In questi ultimi venti anni abbiamo vissuto un paradosso. La globalizzazione ha modificato le abitudini dei cittadini riguardo la possibilità di raggiungere o abbandonare all’istante qualsiasi angolo della terra e, per gli europei, questo si può fare senza permessi particolari fra gli stati membri. Tutti noi siamo stimolati a viaggiare e conoscere altri popoli e diverse culture, ma il viaggiatore ‘cosmopolita’ per eccellenza è il rappresentante dell’élite. Egli vive in un ambiente indeterminato, senza un territorio definito, composto dalle stanze di albergo di numerose capitali industriali sparse nel mondo, collegate fra loro dalle aree aeroportuali. Questo ambiente è colmo di sigle, numeri (caselle e-mail, numeri di telefono). Si tratta di un’area impersonale che non offre mai il ‘senso di appartenenza’. Si tratta di un’area priva del ‘senso di comunità’.
Diminuendo il coinvolgimento emotivo da parte degli individui nei confronti di luoghi esotici, aumenta il valore del luogo in cui si vive che proviene anche da una necessità interiore di appartenenza a un luogo proprio. Però, visto che è possibile considerare i paesi lontani, abitati da altre persone, come se fossero destinati al nostro uso – una pseudo-proprietà -, ciò significa che non si può ostacolare che gli altri facciano lo stesso con il nostro paese che noi, però, iniziamo a percepire “un po’ meno nostro”.

Il populismo


La corruzione è come l’immondizia.
Deve essere rimossa tutti i giorni
insieme alla fanghiglia della burocrazia.

Armando


Nel progetto della globalizzazione neoliberista è chiaro l’intento di produrre l’arricchimento di pochi con il conseguente impoverimento delle masse che ha generato un aumento insopportabile della povertà in larghe fasce della popolazione. La corruzione dilagante dei politici che rappresentano il popolo all’interno degli apparati dello Stato (amministratori politici – centrali e locali – e burocrazia), dovuta anche alle infiltrazioni malavitose, ha generato un movimento detto ‘populismo’. L’odio e il rancore si sono riversati contro i governi responsabili per aver accompagnato questo processo senza intervenire per fermarlo.
È stato facile per i demagoghi presentarsi come condottieri capaci di salvare il popolo dalle ingiustizie. Ora gli individui cercano la società sovrana, libera da interferenze esterne e contraddistinta, nel suo interno, da un ambiente sicuro, libero da estranei. Società sovrana, però, è corrispondente a isolamento, cinte protettrici e cancelli monitorati per controllare l’ingresso.
Ma ciò non rappresenta condivisione della vita sociale, bensì separazione in un ghetto volontario, aumento della diffidenza verso qualunque tipo di diversità, isolamento dalle minacce dell’esterno che si autonutre con la falsa percezione di sentirsi più sicuri. Ecco che gli individui, impauriti, tendono a tornare a un’organizzazione collettiva più antica, la mai dimenticata ‘comunità’, ma lo fa con una sorta di ‘arrocco’, una mossa di difesa dettata dalla paura di un probabile attacco. Si vorrebbe tornare a quell’arcaica organizzazione portandosi attaccate, però, tutte le incrostature culturali e i caratteri sociali infelici dell’organizzazione attuale. Questa cosa non può funzionare, occorrerebbe eliminare molte delle attuali negatività per riconquistare in parte la ‘purezza’ e il calore della comunità.

Si frantuma la solidarietà sociale

Come ho detto in precedenza, con la nuova economia della globalizzazione è il mercato che condiziona pesantemente le decisioni degli stati. Lo Stato, infatti, è costretto a decidere mirando continuamente agli equilibri dell’economia globale, quasi conferisse una sorta di delega dei propri compiti alle forze di mercato, anonime, ingorde e prive di qualsiasi tipo di umanità. Lo Stato, allora, diventa quasi incapace di assumersi pienamente la complessità dell’insieme delle sue funzioni.
È come se i compiti vitali per il funzionamento della società sfuggissero inesorabilmente al controllo democratico della politica.


Quando la politica con la ‘p’ minuscola mira alla
gestione delle cose economiche e ‘si fa governare’ da esse,
il risultato è che l’uomo sociale si sente suddito e non attore.

Armando


Ecco che viene meno una sempre maggiore parte della sua caratteristica autonoma, con il risultato di vedere affievolito il senso di comunità e di vedere, nel contempo, frantumarsi la solidarietà sociale e la pace.
Eppure, Montesquieu, nel 1748, dichiarò:

«L’effetto naturale del commercio è di portare la pace».

La pace mondiale (sic!)

Una promessa secondaria della globalizzazione era quella di garantire un itinerario quasi ‘automatico’ verso una condizione di pace mondiale. Invece abbiamo ereditato da questo processo solo terrorismo e guerra: ci sono, nel mondo, 2 miliardi di persone (42 stati) che sono in guerra. Attraverso il processo di globalizzazione, l’armonia doveva essere il risultato dell’aumento comune della prosperità! Invece, la realtà ha mostrato un evidente aumento della povertà, specialmente con l’impoverimento delle classi medie. E l’insicurezza e l’esclusione economica, oltre a creare il substrato per l’ascesa del terrorismo e del fondamentalismo, ha generato anche il rigurgito dei sovranismi e nazionalismi.

Sovranismi e nazionalismi

Ma come è stato possibile che i più bisognosi votino una destra che non esercita una politica mirata ai loro interessi, anzi a quelli dei benestanti o, meglio, dei ricchi? Come è stato possibile il concepimento di questa sensazione di ansietà, spavento e rancore? Io credo che l’uomo decida sempre le proprie azioni basandosi sulle sensazioni e sulle emozioni. Il rischio di un mondo non più adatto a sostenere la razza umana, le pestilenze, le guerre e altri cataclismi evocano la paura della morte o, almeno, la paura di non poter più vivere in un pianeta che diventa sempre più ostile. Ciò ha generato un ‘letto’ fertile sul quale edificare l’orrore di una sempre più presente incertezza per il proprio futuro.


Quando la politica, a fronte di menzogne e di
falsi allarmi, induce il popolo a essere spaventato
e desideroso di trovare una guida verso la sicurezza…
allora occorre veramente spaventarsi!

Armando


Il danno subito dalle economie nazionali ha generato un aumento della paura riguardo l’insicurezza economica. Ciò procura uno sbandamento morale, disaffezione, estraneità verso una politica che sembra non protegga più il cittadino. Ecco che, con il fallimento del neoliberalismo, si presenta uno spazio favorevole, alimentato dalle contraddizioni, per l’ascesa della politica fondamentalista delle destre. I partiti della destra usano la paura dell’insicurezza economica per nutrire la fiamma dell’insicurezza culturale.
L’azione politica delle destre nel mondo è stata condotta in maniera tale da far credere alle fasce più deboli – e, quindi, più spaventate – che la responsabilità non risieda nella classe dirigente, economica e anche politica, che ha speculato da questo contesto acquisendo sempre più privilegi e protezioni. La campagna contro i migranti, infatti, ha dirottato questa rabbia dei poveri non verso i veri responsabili, ma contro altri individui ben più poveri. Non solo, la destra ha anche operato in modo di mutare questa rabbia in odio rendendo ancora più forte il fenomeno. La destra ha ‘vestito’ i migranti in modo da farli apparire, attraverso la distorsione  del timore popolare, non come individui pressati dal bisogno e dall’orrore delle guerre, ma come  mendicanti, vagabondi, portatori di malattie, criminali, avanguardia di una minaccia per la società. Ancor di più, un pericolo per una società malata che non è in grado di costruire lavoro per tutti e controllo efficace verso la criminalità.


E io vedo popoli disgraziati gemere sempre di più sotto un giogo finanziario, schiacciati da un pugno di spregevoli speculatori e arrivisti che controllano un pugno di ancor più spregevoli politici al fine di mantenere questo status quo dal quale continuare a trarre i loro sporchi profitti.

Armando


Il malefico fantasma dell’oppressione dell’uomo sarebbe da lungo tempo vinto se il buon senso dei popoli non fosse sistematicamente corrotto dagli speculatori del mondo politico e del mondo degli affari. Ed è proprio il processo deviato della diffusione della cultura – che dovrebbe svolgere un ruolo di informazione nei confronti delle fasce meno colte della popolazione – a rappresentare un elemento strategico di penetrazione negativa del consenso, visto il controllo che l’economia e la politica esercitano sugli intellettuali e sugli strumenti di informazione.
Quali viscere umane non sarebbero sconvolte di fronte a tali tristi azioni? Quale uomo non agirebbe per perorare la causa dell’umanità? Ma la giustizia e la verità devono essere assoggettate all’interesse dei potenti! E, malgrado ci sia una moltitudine crescente di indigenti, oppressa dal dolore e dalla fame, il ricco continua a nutrirsi delle loro sofferenze, armato dal tremendo potere delle leggi emanate a svantaggio dei deboli.

Il ‘sogno americano’


Tutti gli uomini sono stati creati uguali


Eppure, l’organizzazione che formò gli albori della nostra moderna società era partita molto bene!
Ma dov’è finito il ‘sogno americano’, quello che è sancito nella Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America firmata a Filadelfia la sera del giovedì del 4 luglio 1776 da cinque grandi americani?
Thomas Jefferson, che fu il principale redattore, John Adams, Benjamin Franklin, Robert R. Livingston e Roger Sherman scrissero una dichiarazione di principio dei diritti dell’uomo, derivanti dalle idee illuministiche, con chiari riferimenti alla ‘legge naturale e divina’, al principio dell’uguaglianza e ai ‘diritti inalienabili’ dell’uomo.


Estratto dalla Dichiarazione d’indipendenza degli U.S.A.

Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità; che allo scopo di garantire questi diritti, sono creati fra gli uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qual volta una qualsiasi forma di Governo, tende a negare tali fini, è Diritto del Popolo modificarlo o distruggerlo, e creare un nuovo governo, che ponga le sue fondamenta su tali principi e organizzi i suoi poteri nella forma che al popolo sembri più probabile possa apportare Sicurezza e Felicità.

Thomas Jefferson, John Adams, Benjamin Franklin, Robert R. Livingston e Roger Sherman


Ripeto: dov’è finito il ‘sogno americano’, quello che mirava a creare – con la leadership morale americana – un mondo regolato dai migliori valori umani con il motto ‘prima le moltitudini’?
Le ultime due guerre mondiali che sono state combattute sul suolo europeo o, comunque, lontano dagli Stati Uniti d’America, hanno decretato la fine dell’Europa come continente leader dell’economia da cui è derivata la chiara superiorità della nazione che ha saputo tenere lontana la guerra dalle proprie case e fabbriche: gli Stati Uniti. Da allora, il ‘sogno americano’ si è poi trasformato per costruire il ‘loro’ mondo, quello basato sulla edificazione di una potenza mondiale disciplinata dall’ingordigia del profitto.


(dal libro “Verso il cambiamento” edito nel 2020)

In precedenza:

1 – Il ‘tumulto’ proveniente dal Novecento

2 – La comunità e la società moderna

3 – Il neoliberismo. L’avvento della globalizzazione

il successivo:

5 – La sostenibilità ambientale

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