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A settembre i “Giorni di collera” di Francesco Permunian

A settembre i “Giorni di collera” di Francesco Permunian
Luglio 22
06:13 2021

(Serena Grizi) In uscita il 16 settembre per i tipi Ponte alle Grazie Giorni di collera, l’ultima fatica di Francesco Permunian. L’autore leggerà brani dal suo libro e ne parlerà con Fabio Pusterla il prossimo 21 ottobre alle 18,30 in diretta streaming dalla Casa della letteratura di Lugano in Costellazioni del crepuscolo e altri sillabari.  Prossimamente Il Libraio del gruppo Gems pubblicherà un suo racconto inedito, mentre anticipazioni da Giorni di collera verranno ospitate sulle riviste letterarie Le Parole e le Cose e REM

A proposito di questo libro ci risuonano presto alla memoria i versi del ligure Eugenio Montale: «Codesto solo oggi possiamo dirti,/ciò che non siamo, ciò che non vogliamo»*, e non certo perché Francesco Permunian neghi mai la sua risposta ad una domanda per quanto scontata o provocatoria, ma semplicemente perché ancora lontani dalla lettura dell’opera, ci viene più facile cercare di descrivere cosa non aspettarci da questa prossima uscita. Non è un libro da ‘ombrellone’ e qui ci si arriva facilmente, e non sarà un romanzo: l’autore ci ha ‘abituati’ ad una sua forma diaristica la quale consente, a volte con brevità fulminante, a volte in maniera più articolata e gustosa, di trovare letture nuove della realtà corrente, di personaggi noti, di ricordi, raramente ampiamente collettivi, spesso, per i fortunati che sanno interpretarli, di ricordi polesani. Questa forma, per altro, ha una sua modernità che, meno a che fare con lo zibaldone, apre finestre e scorci, illuminati ogni volta in maniera diversa (anche per questo gli scritti di Permunian fanno pensare alla parola detta, al teatro): le ‘finestre’/windows, da qualche anno a questa parte hanno a che fare con l’informatica anche se qui c’è tutto meno che un ragionamento binario; qui la ragione e il suo contrario imboccano diverticoli divertenti, o mostrano scene sature di dramma. E poi si fa sera. Ovvero, il dramma umano appare per quel che è: perpetuo ma scandito da giornate confinate fra albe e tramonti e così, quando annotta, per chi s’addormenterà sarà un gran sollievo, perché tutto ricomincerà, com’è ovvio, ma solo il giorno dopo. Per chi soffre d’insonnia, invece, le ombre s’allungano sotto quella che per alcuni appare la luce lugubre del tramonto. Oppure la luce fioca dei lampioni, che illumina bene presso la fonte luminosa, molto meno se ci s’allontana d’un solo passo, e le ombre s’allungano.

Gli scritti di Permunian in ogni caso non sono in bianco nero o grigio: esiste il colore, forse non tramonti arancio e rosa, ma certe albe azzurrine sì, paesaggi incartati in una nebbia color latte, baluginii dorati dal cielo. Non è proprio vero, poi, che Permunian non possa essere oggetto di letture vacanziere: se non vi piacciono le storie scontate, se vi piace sentire il ciacolio del pettegolezzo, se amate una voce autorevole che, però, ogni tanto, venga a dirvi che questa è l’epoca del successo ‘da pianerottolo’, dell’idea che basti produrre qualcosa con una copertina cartonata e con delle pagine a stampa dentro per chiamarlo libro (per non dire poi, ma questo lo aggiungiamo noi, che anche incidere voce e strumenti su un qualsiasi supporto non è che detto che sia musica, che produrre sgorbi su una tela consumando colore basti a chiamarsi arte), la sua scrittura fa per voi. E un bel libro, si sa, richiede anche un certo lasso di tempo ‘libero’, l’essere distesi e con la mente più sgombra per potercisi dedicare. Negli scritti di Francesco Permunian, oltre che ritrovare la vita vera, fatta di momenti leggeri, di angosce, di scambi qualche volta difficili perché vetrificati nell’abitudine, sullo sfondo si potrà rinvenire sempre, e Giorni di collera pare non farà eccezione, il sincero rimpianto per la terra d’origine. il Polesine di acqua e di terra; ma forse né com’è oggi né com’era davvero ieri, ma ciò che ne sorregge il ricordo: l’impressione felice della terra dell’infanzia, contornati da tutti i propri cari, dove tutto, ancora, poteva succedere.   *Non chiederci la parola da Ossi di seppia, E. Montale

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