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Arte dell’Adriatico orientale a Roma e nel Lazio dal V secolo a oggi – 2/2

Arte dell’Adriatico orientale a Roma e nel Lazio dal V secolo a oggi – 2/2
Luglio 24
22:00 2013

Opera di Secondo Raggi Karuz, pittore zaratino esuleDopo gli sconvolgimenti causati dalle invasioni medievali in Istria e Dalmazia, la calma e la prosperità tornarono solo con la dedizione alla Serenissima delle città istriane e dalmate. Nel 1400 assistiamo ad un vero “Rinascimento adriatico”, tanto importante ed ammirato che molti artisti istriani e dalmati furono chiamati dalle signorie italiane e lasciarono a loro opere eccelse.

Luciano e Francesco Laurana, Bernardo Parentino, Giorgio da Zara detto Orsini, Domenico da Capodistria, Giovanni Dalmata, Nicola dell’Arca, Michelangiolo da Segna, Andrea da Valle sono alcuni dei protagonisti del Rinascimento Adriatico, in cui la maestria nel lavorare la dura pietra d’Istria e di Dalmazia unita alla possibilità di studiare dal vero i cospicui resti romani, permisero il sorgere di una corrente artistica di grande bellezza e importanza non ancora compiutamente valorizzata dagli storici dell’arte. I reciproci scambi e influssi artistici continuarono intensi, tanto che i fratelli Crivelli vissero a lungo a Zara, Vittor Carpaccio a Capodistria dove morì. Persino il sommo Michelangiolo disegnò l’Arco dei Sergi di Pola, le cui colonne binate si ritrovano nella cupola di San Pietro. Andrea Palladio fece vari viaggi in Istria, disegnandone le vestigia romane, chiaramente ispiratrici delle classiche ville. Fra i protagonisti di questa fortunata epoca artistica nel Lazio e a Roma furono attivi Domenico da Capodistria e Giovanni Dalmata di Traù, autori dello splendido tempietto votivo di Vicovaro, commissionato dalla famiglia Orsini. Giovanni Dalmata giunse a Roma chiamato da papa Paolo II Barbo e conquistò anche il favore del nipote, il cardinale Marco Barbo, del cardinale Berardo Eroli e altri illustri committenti. Papa Barbo e il cardinale Eroli stimavano tanto il Dalmata da commissionargli le loro tombe, erette a San Pietro. Dopo il “Rinascimento adriatico”, gli artisti delle sponde orientali furono meno creativi. Quando alla fine del ‘600 Francesco Trevisani, di Capodistria, giunse a Roma accolto dal cardinale Flavio Chigi, si inserì a pieno titolo nel clima artistico romano e dipinse moltissime opere e affreschi presenti nelle più importanti chiese e gallerie. Un’opera del Trevisani è custodita anche nel Museo Chigi di Ariccia, che gli ha dedicato una mostra/convegno due anni fa. Anche nell’Ottocento, sotto il dominio austriaco, i legami con la madrepatria italiana continuarono, tanto che artisti quali Giuseppe Lallich, Tullio Crali, Vincenzo Fasolo e Giuseppe Pagano vissero a lungo a Roma lasciando testimonianza della loro arte, spesso all’avanguardia. Nel secondo dopoguerra, pur con l’immane tragedia dell’Esodo massiccio della popolazione italiana giuliano-dalmata, numerosi artisti riuscirono ad emergere nel panorama artistico laziale anche se spesso le loro opere riflettono la triste condizione dell’esule. Per la mostra a Roma sono stati prescelti Amedeo Colella di Pola; Giovanni Gortan di Pinguente, Secondo Raggi Karuz e Franco Ziliotto di Zara; Mario Gasperini di Rovigno, Oreste Dequel di Capodistria, Carlo Ostrogovich e Carminio Butcovich Visintin di Fiume. Anche gli italiani rimasti hanno continuato a mantenere i legami artistici e culturali con l’Italia. Due autori, Giulio Ruzzier di Pirano e Adam Marusic di Zara, hanno voluto prestare per l’esposizione opere originali raffiguranti le loro città, dove vivono la difficile condizione di estraniati in patria, oramai popolata in maggioranza dai nuovi abitanti di altra lingua e cultura.

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