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Batterio E. Coli

Novembre 26
18:25 2011

La psicosi collettiva causata dalla paura del contagio del batterio E. Coli proveniente dalla Germania sembra riguardare soprattutto cetrioli, insalata, germogli o altre verdure crude, ma è basilare far sapere al pubblico che invece tale contaminazione avviene sempre a partire da una fonte animale. Sono, infatti, chiamati in causa gli allevamenti intensivi. L’uso massiccio di antibiotici è sempre più necessario negli allevamenti, perché gli animali sono tenuti in condizioni di tale affollamento e di sofferenza fisica e psicologica che non sarebbero in grado di sopravvivere senza farmaci e sostanze chimiche di vario genere. Non è realisticamente possibile mantenere gli attuali ritmi di produzione e allo stesso tempo cambiare le condizioni di allevamento in modo da non rendere più necessari antibiotici e altri farmaci. In tal modo negli animali d’allevamento si genera la cosiddetta “resistenza all’antibiotico”: nuovi ceppi di batteri si formano da quelli esistenti e sono inattaccabili dagli antibiotici, rendendo così difficile contrastarne l’infezione. Il batterio E. Coli vive nell’intestino degli animali d’allevamento e, durante il processo di macellazione, la carne può essere infettata dal contatto con il contenuto dei loro intestini. Le altre possibile fonti di contaminazione sono il latte non pastorizzato che è stato soggetto a contaminazione fecale e, ancora più preoccupante, la diffusione sul terreno e nelle acque degli escrementi degli animali d’allevamento, che possono contaminare i vegetali coltivati (che vanno quindi sempre ben lavati). È di pochi mesi fa la pubblicazione di due nuovi studi, uno europeo e l’altro statunitense, che rilanciano l’allarme sull’utilizzo di antibiotici negli allevamenti a scopo non curativo bensì preventivo o per la promozione della crescita degli animali. Il dossier europeo, pubblicato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sottolinea come questo sia un problema di sicurezza alimentare: l’uso di antibiotici negli animali d’allevamento contribuisce in modo sostanziale alla comparsa di batteri resistenti e consente ai batteri portatori dei geni responsabili di tale resistenza di diffondersi dagli animali agli uomini attraverso la catena alimentare. In precedenza erano già state svolte indagini negli USA da parte del sistema di monitoraggio nazionale sulla resistenza antimicrobica, che aveva indicato come la carne fosse spesso contaminata da ceppi resistenti a diversi farmaci dei batteri Campylobacter, Salmonella, Enterococcus ed E. coli. Con la nuova emergenza di questi ultimi giorni, dovrebbe essere chiara l’urgenza di modificare l’attuale modello alimentare diminuendo il consumo di carne. Ecco perché, come al solito, la soluzione di questo problema spetta a ciascuno di noi. Le scelte alimentari di ogni singolo individuo sono importanti: il graduale spostamento verso l’aumento del consumo di alimenti vegetali e la contestuale riduzione di quelli animali è il primo e più efficace cambiamento da mettere in atto.

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