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BLUE WHALE

BLUE WHALE
Giugno 25
11:10 2017

 

Si spiaggiano e si lasciano morire le balenottere azzurre come in un inspiegabile appuntamento con l’estremo attimo della loro esistenza…  Blue Whale, da loro prende il nome il nuovo gioco mortale che pare aver coinvolto adolescenti di tutto il mondo. In breve: nelle loro navigazioni sulla rete alcuni ragazzi restano impigliati in un meccanismo perverso nel quale, superate cinquanta prove, il viaggio termina con il loro suicidio… colui che gestisce il blog, il curatore li sottopone a prove graduali che conducono all’annullarsi come individuo, che creano dipendenza, che postulano e convincono alla sofferenza, che progressivamente stordiscono e alienano la volontà di un ragazzo, svuotandolo di ogni spirito vitale e contribuendo a una graduale fragilità interiore.

Cinquanta passi verso la morte, ne hanno parlato anche le Iene in una puntata nella quale, discutibile e sicuramente condannabile, hanno trasmesso sequenze di suicidi di giovani adolescenti.

Così il Dott. Stefano Coletta, psicologo, ha introdotto il 22 giugno la sua interessante conferenza a Frascati nella sede dell’Associazione culturale Di Terra e Di Parole, ponendo subito dopo un interrogativo: si tratta di leggenda o realtà?  O meglio: i suicidi possono essere realmente collegati a questo gioco perverso che traccia percorsi di morte guidata?

La riflessione ha fatto scaturire un bel dibattito: si è discusso della crisi di identità, passaggio obbligato dell’adolescenza che comporta tanti e tali cambiamenti fisici e psicologici che  attribuire a un gioco deprecabile come il  Blue Whale, la paternità degli innumerevoli suicidi appare paradossale.

Da sempre, nel passato, si viveva con la  consapevolezza di una vita che è passaggio, parte indissolubile della stessa esistenza; accettarla, non obliarne l’ineluttabilità vuol dire saper affrontare l’essenza stessa della vita.

Troppo spesso oggi si tende a vivere senza pensare alla morte, senza saperne accettare con  naturalezza il suo ruolo di naturale epilogo di questo percorso terreno, semplicità con la quale si accettano le diverse tappe della esistenza: un tempo la si vedeva come un grande sonno che segnava un passaggio, dolorosa, certo, ma accettata. Così come pure il momento che accompagna i giovani dalla pubertà all’adolescenza era costellato di prove da affrontare sotto l’occhio protettivo della società stessa che, nel richiedere sforzi e impegno a vincere paura e dolore, nello stesso tempo attivava barriere protettive oltre le quali il giovane non poteva inoltrarsi.

Le società del passato, anche quelle che il mondo occidentale considera primitive mettevano in atto riti propiziatori per questo transito e nell’entrare nell’età adulta l’individuo era consapevole e cosciente di quanto vissuto e affrontato, mai lasciato solo…

La stessa naja poteva essere considerato un rito propedeutico a un distacco graduale dal mondo dell’infanzia, dall’autorità genitoriale, aiutava a crescere e gestire disagi e cambiamenti, aiutando a costruire e consolidare la propria identità.

Oggi invece i ragazzi sono sempre più soli, abbandonati a se stessi davanti a uno schermo  che offre loro amicizie e conoscenze virtuali,  facili prede – in un momento in cui muovono passi incerti nel consolidamento di una loro personalità –  di menti devianti e contorte

Ecco emergere quindi il vero problema: non tanto cercare nel blog un capro espiatorio colpevole di gesti estremi, quanto un disagio di vita che colpisce i ragazzoi sempre più esperti di tecnologie informatiche, ma anche sempre più soli e indifesi di fronte ai colpi bassi della vita, senza un reale interlocutore umano e una vera società con regole e relazioni reali che possano mettere in atto strategie e cordoni protettivi.

E il riferimento agli organismi che si interessano dell’istruzione, del mondo dell’educazione, della famiglia e delle strutture sociali che si occupano dei giovani e dei loro disagi e bisogni emerge come un fiume, coinvolgendo i presenti, infervorando gli interventi tra il pubblico. Totale la condivisione che sia indispensabile  destinare maggiori  risorse al mondo della cultura e alle scuole; offrire maggiori aiuti alle famiglie e sostegno alle infrastrutture che delineano il vero fulcro relativo al mondo dei giovani, troppo spesso lasciati soli. Una solitudine accompagnata dall’ illusione di essere invincibili, in realtà fragili prede di subdole manipolazioni messe in atto da gente senza scrupoli. Solo l’attenzione, la cultura e l’educazione potranno essere le vere armi di difesa dei nostri figli e nipoti. All’attacco gente!

 

 

 

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