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Bruno de Finetti e Luigi Moretti – 1

Maggio 01
02:00 2008

Si è conclusa da poco la mostra monografica dedicata a Luigi Moretti, grande architetto del Novecento, organizzata dalla Fondazione Della Rocca e dagli Archivi Centrali dello Stato, ove è depositata l‘enorme documentazione della sua prodigiosa attività, che si è esplicata in Italia e all’estero dal 1931 al 1973, anno in cui, ancora nel pieno della sua attività, è scomparso. La mostra antologica è la riproposizione, aggiornata e arricchita dei disegni, dei plastici e delle foto originali, dell’esposizione autobiografica realizzata dallo stesso Maestro nel 1971, a Madrid. Si tratta di 21 opere, giudicate dall’Autore come rappresentative del suo percorso professionale, artistico e culturale, che ne annovera oltre 200. Quale luogo più adatto a ospitare la rassegna, se non la Roma dell’Eur? Per quel quartiere, espressione e simbolo dell’utopia fascista, l’architetto capitolino aveva progettato, in occasione dell’Esposizione Universale programmata per il 1942, la Piazza Imperiale e il Grande teatro, che però non furono mai realizzati a causa della guerra, mentre negli anni Sessanta furono realizzati due edifici gemelli della Esso e della Società Generale Immobiliare sulla via Cristoforo Colombo, i nuovi portali d’accesso della capitale all’EUR, che gli valsero nel 1963, per la seconda volta, il Premio IN/ARCH per la miglior realizzazione nella regione Lazio. Nell’ampio salone degli Archivi Centrali dello Stato, al quale si accede da un’ampia scalinata, è stato possibile ammirare, per l’occasione, la ricostruzione virtuale del monumentale Piazzale dell’Impero, di 300 x 130 metri, con al centro l’obelisco dedicato alla memoria di Marconi e ai lati cinque grandi edifici in marmo, destinati a Mostre delle Arti e della Scienza, a Mostra Etnografica e a Cinema-Teatro.
L’Ente Autonomo Esposizione Universale di Roma (EUR) bandì all’epoca anche un concorso per la presentazione di progetti di massima per i trasporti collettivi e individuali di persone nell’E 42. Ai concorrenti erano fornite delle Note Illustrative dell’Esposizione Universale di Roma, per delineare le esigenze cui i progetti dovevano far fronte e allo stesso tempo le dimensioni (400 ettari) dell’area coinvolta e i punti di accesso all’area stessa e la dislocazione dei vari edifici da connettere. Tali note illustrative portano la data del 19 luglio 1939. Porta invece la data 27 novembre 1939 la relazione del prof. Bruno de Finetti delle Assicurazioni Generali di Trieste, costituita da 14 pagine e 11 allegati (10 figure e una planimetria 1:3500).
De Finetti, matematico sia pure con ascendenti ingegneri e lui stesso per tre quinti ingegnere, avendo frequentato a Milano il Politecnico per i primi tre anni, prima di passare al corso di laurea in matematica applicata, presentò per quel concorso una relazione suddivisa in tre parti: Introduzione, Schema dei Trasporti per l’E 42, La Nastrovia.
Nell’Introduzione spiegava che per la molteplicità e contraddittorietà dei requisiti era più opportuno adottare mezzi diversi e inconsueti, tali da costituire essi stessi un’attrattiva per i visitatori. La soluzione proposta prevedeva, infatti, l’utilizzo di tre distinti mezzi di trasporto.
Il primo, caratterizzato dalla rapidità, accresciuta dall’eliminazione d’ogni attesa, dall’elevatissima potenzialità di trasporto e dalla novità, mancava però del requisito della visibilità, perché la sede era in massima parte sotterranea. Alcune di queste caratteristiche potrebbero far pensare ad una metropolitana, che del resto a Roma era già in costruzione negli anni Trenta, proprio per collegare la Stazione Termini all’EUR, ma che, ostacolata dai ripetuti ritrovamenti archeologici, sarà inaugurata solo nel 1955. A Milano era stata realizzata, come dimostrazione, una ferrovia sopraelevata, per collegare le due principali aree dell’Expo Universale del 1906, anno in cui nasceva de Finetti. Essa fu però smantellata otto anni più tardi e i milanesi dovettero attendere il 1964 per la loro metropolitana.
L’innovativo trasporto proposto teneva conto dell’economicità, elemento imposto dal regime autarchico vigente all’epoca, e, seppure per altri motivi, tuttora necessario, e tendeva forse anche a ridurre i problemi connessi con la particolare situazione del sottosuolo romano. Il secondo mezzo di trasporto proposto, a minore velocità e potenzialità, aveva il vantaggio della visibilità e l’attrattiva turistica, avendo sede sopraelevata. Viene descritto come una teleferica con caratteristiche molto diverse da quelle delle usuali funivie passeggeri, simili piuttosto a quelle delle teleferiche per il trasporto materiali usate in molte industrie: carrelli piccoli e frequenti, fune traente a movimento continuo, raccordi a rotaie pensili fra diversi tronchi. L’altezza era quella necessaria a consentire il sottostante passaggio di auto e pedoni. In corrispondenza dei punti di fermata erano previste delle piattaforme al livello dei vagoncini per la salita e la discesa. Si tratta di un antesignano di quella che sarà la seggiovia, ideata qualche anno dopo nel 1947 da Erich Kostner e realizzata a Corvara. Il terzo tipo di trasporto era una variante del filobus, in cui la corrente, anziché essere presa da una rete aerea che avrebbe disturbato la vista dei maestosi palazzi progettati, era presa da un cunicolo sotterraneo, tramite un’asta sotto la vettura.
Interessante è anche la soluzione che de Finetti prospettava per il pagamento dei biglietti. Ad evitare perdite di tempo per il loro acquisto, proponeva un biglietto valido per tutti i mezzi di trasporto ma di colore diverso per le ore iniziali, intermedie, serali, e a costo maggiore per l’intera giornata, da acquistare all’ingresso dell’Esposizione e tenere visibile per la durata della visita. Una soluzione, quella del biglietto a tempo, che solo molti anni dopo sarebbe stata adottata per il trasporto pubblico romano.

(Continua)

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