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Castello Baronale di Mompeo

Castello Baronale di Mompeo
Luglio 31
23:00 2009

MOMPEO-Castello-BaronaleComune in provincia di Rieti, a 457 metri d’altezza, il feudo di Mompeo sarebbe sorto nel Medioevo come borgo fortificato dell’abbazia di Farfa sulla villa di Gneo Pompeo, dalla storpiatura del cui nome deriverebbe il toponimo. Peraltro nel “Regesto farfense” si ha indicazione in un documento di un Fundum Pompeianum, e si ha notizia che, nell’877, un certo Frantone venne autorizzato dall’abate di Farfa, Giovanni, a costruire un Castello in quella località. Mompeo subì le devastazioni saracene e longobarde. Fu feudo dei Savelli e quindi degli Orsini di Monterotondo, che nel 1591 lo vendettero ai Mattei.
Riacquistato dagli Orsini, fu da loro venduto nel 1606 ai Melchiorri. Nel 1635 passò ai fiorentini Capponi, dai quali fu ceduto a metà del Seicento ai marchesi romani Naro, e ai Naro-Patrizi, che contribuirono ad una riedificazione del luogo.
L’insigne Palazzo Baronale, che rappresenta il monumento storico-artistico più importante di Mompeo, fu realizzato da Bernardino Naro, sui resti del preesistente castello. L’intervento fece del forte una pregevole dimora gentilizia, adornata di fontane e di giardini. È sulla piazza principale del paese, soprannominata dagli abitanti U Peschiu, forse a ricordo di un pesco che vi sorgeva un tempo.
L’edificio è a pianta quadrangolare, con due torrioni a pianta circolare, costruito su un Castello a pianta circolare con torrioni cilindrici, ha un bel portale preceduto da una cordonata e sormontato da una garitta, con finestre cinquecentesche e settecentesche lungo i muri perimetrali. La presenza dei Naro nel luogo deve essere considerata particolarmente significativa per i numerosi interventi cui sottoposero l’abitato: un altro dei Naro, Fabrizio, ha lasciato il segno della aristocratica presenza di questa famiglia all’interno della Parrocchiale della Natività, nella piazza principale, alla quale si giunge attraverso il corso del paese. Mompeo è situato su una collina, in mezzo agli uliveti che rendono sempreverde questo territorio, abbondante di resti archeologici.

 

Bibliografia: (Istituto Italiano Castelli, Lazio – C.Rendina – Bonechi – Volontari Valorizzazione Castelli e Chiese del Lazio)

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