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Chi è umano?

Luglio 06
23:00 2007

Vi racconto una vicenda accaduta tempo fa in un piccolo paesino in riva al mare. Era una mattina d’estate ed il protagonista di questa storia stava affacciato ad una finestra. Era giovane, forte e dotato di buona agilità fisica. Appoggiato allo stipite della finestra aperta, gustando l’aria fresca del mattino, osservava il mare. “Oggi è una buona giornata, c’è un bel venticello e spero di prendere qualcosa con le mie reti” pensava tra sé. La casa si trovava davanti un piccolo porto dove c’erano le barche dei pescatori del villaggio. Solitario e taciturno aveva l’abitudine di restar fermo a guardare il mare per ore ed ore. Era orfano e della sua famiglia non ricordava nulla tranne che suo padre aveva fatto il suo stesso lavoro. Non poteva saperlo ma era del tutto simile a suo padre.

Viveva in quel villaggio di pescatori da quando era nato ma si era stabilito in quella casa da poco tempo insieme ad una anziana signora. Lei era alta e magra, con i capelli bianchi e qualche ruga in viso, non era sposata e non aveva figli né nipoti, era molto sola e non era certo il nostro amico che poteva tenerle compagnia. Tra loro non c’era nessun colloquio e nonostante la casa fosse piccola si ignoravano a vicenda. Quella casa, anche se piccola, aveva un bel panorama, si vedeva il piccolo porto, le reti dei pescatori raggomitolate in mucchi e l’ampio orizzonte marino. Al giovane piaceva stare affacciato da quella finestra perché tutte le cose che vedeva, il mare, il sole, le nuvole appartenevano tanto a lui quanto a gli altri. Era come se fossero sue e quando si concedeva delle pause di riposo dal suo lavoro, rimaneva immobile ad ammirarle. Era un costruttore di reti, faceva quel mestiere, che richiedeva ordine e simmetria, fin da giovanissimo. Quella mattina doveva riparare una rete e guardando le barche dei pescatori decise di mettersi al lavoro ma in quel momento nella stanza entrò la donna. Lui non ci fece caso e restò affacciato alla finestra continuando a lavorare indisturbato ma lei appena lo vide ebbe un sussulto. “Eccolo di nuovo lì” pensò “ma adesso lo sistemo io”. Non sopportava la vista di lui, con la sua carnagione scura, i suoi radi peli neri sul dorso ed i suoi lunghissimi ed esili arti. Aveva tentato altre volte di cacciarlo ma era sempre rimasto. Provava ribrezzo anche per il suo lavoro che considerava sporco. Lei, sempre intenta all’ordine e alla pulizia, non avrebbe mai toccato una sporca ed appiccicosa rete. Mentre lo guardava attentamente, strizzando un po’ gli occhi come se fosse ad una grande distanza, prese una decisione che non aveva nulla di umano. Decise di ucciderlo. Ucciderlo senza pietà e solo perché era sporco. Si avvicinò pian piano senza far rumore. Voleva colpirlo di sorpresa, mentre era intento nel suo lavoro. In verità qualcuno le aveva detto che quelle reti erano costruite con grande capacità di ingegno e dovevano essere oggetto di ammirazione, non di disgusto. “Quelle reti sono una meraviglia della natura” le avevano detto una volta. Il fatto che quelle reti fossero un gran lavoro lo pensava anche lei ma la sua repulsione per lui era troppo forte. Ormai aveva deciso. Si levò uno zoccolo e si apprestò a schiacciarlo. Fortunatamente lui ebbe come un presentimento, si girò di scatto, vide la donna altissima con il braccio levato in alto, fece un balzo e si infilò in una stretta fessura del davanzale. La donna capì che ormai non c’era nulla da fare ma batté comunque lo zoccolo sulla fessura. “Ragnetto schifoso” disse distruggendo tutto il suo lavoro con uno straccio. Peccato perché era un lavoro perfetto, ordinato, simmetrico, forte e leggero. Resistente all’acqua e al vento come nessun essere umano sarà mai in grado di costruire.

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