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Ciampino. Là dove c’erano alberi di fico alla Folgarella

Ciampino. Là dove c’erano alberi di fico alla Folgarella
Ottobre 25
09:52 2019

Là dove c’erano alberi di fico nell’orto rigoglioso, ora ci sono mucchi di legna e casette sventrate in mezzo ai palazzoni. Non siamo in via Gluck ma a Ciampino in via Giuseppe Verdi alla Folgarella – traversa via Nazario Sauro – dove anche l’ultimo pezzo di terra coltivata rischia di soccombere con le ultime casette destinate forse a finire in polvere. Si spera di no, si vedrà.

Intanto i giardini sulla stessa via sono solo un ricordo – un magnifico ricordo – e l’ultimo in ordine di tempo, quello della signora Angelina che ne aveva fatto un piccolo Eden, passato in altre mani alla sua scomparsa ha subito cambiato destinazione d’uso, convertito in garage e affini come si conviene in aree follemente urbanizzate.

Quegli alberi di fichi, sempre là fin dal dopoguerra, sono stati nutrimento per generazioni di ciampinesi di periferia, immigrati interni che piantavano le tende in attesa di tirarsi su le quattro mura, e prima ancora pensavano a lavorare l’orto e piantarvi di tutto, secondo le proprie usanze e per tutte le stagioni. Immancabile il fico accanto alla fontana, che era frutto, marmellate e fichi secchi per Natale, ombra e frescura d’estate, sempre carico di uccelli e di ragazzini che ne facevano strage con la mazzafionda e subito finivano in padella per la cena, orripilante e dirsi oggi ma era la legge di sopravvivenza in tempo di carestia e la catena alimentare funzionava ancora come Natura vuole, con rispetto e senza sprechi.

Sotto quegli alberi di fico che non ci sono più, le mamme cucivano sferruzzavano rammendavano e pulivano sacchi di cicoria appena raccolta nei campi, e intorno era tutto un brulicare di pupetti sciolti come canucci, che cadevano e si rialzavano senza un lamento tanto sempre sul morbido andavano a parare, che fosse il terreno lavorato o il petto di mamma, che tutte erano mamme senza speciale distinzione tra i figli propri o altrui, e questo valeva anche quando si trattava di buscarle.

E c’era pure l’amico treno che passava sulla ferrovia senza nemmeno il passaggio a livello, e quello era lo stop tassativo, e passando fischiava e tutti a salutare con la mano invisibili passeggeri.

E la storia sarebbe lunga da raccontare, la storia della borgata Folgarella e delle casette dei Fioravanti, ma sarà per un’altra volta magari con l’annuncio della bella notizia del restauro e non l’abbattimento delle due casette, che a detta degli stessi abitanti del posto, che diverse ne hanno recuperate e ristrutturate, poggiano sulle fondamenta d’anteguerra che sfidano i secoli.

 

 

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