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“Cittadinanza e Costituzione” nelle scuole primarie

Aprile 28
06:20 2010

Da quanto tempo non ti confessi?” chiedeva il sacerdote da dietro la grata del confessionale. “Una settimana”. “Che peccati hai commesso?” “Ho litigato con un compagno e gli ho dato un morso, ho preso a calci mio fratello piccolo perché mi aveva strappato il giornalino della giungla, volevo sputare un moscerino che mi era entrato in gola e mi stava strozzando ma per sbaglio ho sputato addosso alle scarpe della maestra, ho rotto il telefonino della nonna che stava sul divano perché per sbaglio ci sono saltato sopra, ho rotto la tazza di porcellana del servizio buono di mamma perché io la camomilla non la volevo e lei me la voleva dare per forza e così ho dato una schicchera al vassoio ed è saltato tutto, ho fatto drizzare i peli al gatto perché quasi gli strappavo un occhio giocando con la forchetta invece di mangiare la pastasciutta, ho dato una craniata a un ragazzino al parco giochi perché mi sono lanciato dall’altalena senza mettere la catenella di sicurezza, ho strappato il libro di cucina di mamma perché c’erano delle ricette disgustose, ho preso a pugni uno che stava tirando la coda al cane, ho…”. “Cinque avemarie e tre padrenostri e vieni a confessarti più spesso. Amen“, e ci si alzava dalla scomoda posizione con l’animo lieto e leggero, pronti a ricominciare la serie infinita delle marachelle.
A scuola nessuno ti dava la pagellina delle buone azioni da riempire per essere premiati alla fine dell’anno, ma c’era da fare tante buone azioni quotidiane per vedere volare la tua rondinella o spuntare il tuo fiorellino sul tabellone appeso al muro alle spalle della maestra, che era una sorta di specchio della buona e cattiva coscienza in cui tutta la scolaresca si ritrovava esposta. A casa nessuno ti premiava se facevi il buono e il bravo, ma qualche tirata d’orecchi e qualche sonora pacca sul sedere non te la levava nessuno, se appena facevi tanto da meritarle. Al confessionale scaricavi ogni sette giorni tutto il malloppo, e te la cavavi con una penitenza e una lavata di capo se il don come sempre succedeva ti faceva la paternale supplementare. Il fatto è che i ragazzini sapevano di sbagliare quando sbagliavano, e anche se non per questo smettevano di sbagliare, dovevano darsi da fare per non fare l’accumulo degli addebiti. Massimo una settimana e dovevi rimetterti in pari, altrimenti non ci dormivi la notte. E la famosa botta fra capo e collo, quando ti arrivava con un rumore di pioggia a cascata, cancellava di colpo ogni addebito e uno si sentiva libero e scagionato, pronto a ripartire da zero per risentirsi discolo al punto giusto.
Poi il senso del bene e del male si perse nell’offuscamento generale, i bambini divennero rari e pregiati come opere dell’industria cristalliera di Boemia, guai a sfiorarli con il dito storto, e gli adulti presi dal panico non sapendo che fare presero l’iniziativa di non fare niente, o appena l’indispensabile per giustificare il ruolo di educatori che spettava loro guadagnarsi, come genitori e come insegnanti. Adesso che dopo decenni di lassismo generale tutti i nodi vengono al pettine, non si sa da dove cominciare a sbrogliare la matassa, ma è chiaro a tutti che il filo va ricercato e raggomitolato con tempo e pazienza.
Viene introdotta nella scuola primaria la materia “Cittadinanza e Costituzione”, ed è già un passo avanti, nell’Italia “non classificata” in Europa per l’educazione sessuale e civica nelle scuole. Provvedimenti per quanto discutibili si stanno prendendo nelle scuole del modenese con esercitazioni di stile e gentilezza, e si sta ridando importanza alla forma che non sempre è sostanza, ma almeno è già qualcosa. Ma il punto è, chi educherà gli educatori? E qui vale la pena per tutti fermarci a riflettere.

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