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Febbraio 11
02:00 2007

Imbarcatomi in una ricerca sull’Ottocento rocchiciano, sono passato tra due carte che effettivamente fanno luce su un aspetto finora non tanto chiaro delle Repubblica di Rocca di Papa del maggio 1855. Contributi nuovi, originali, per quel che mi risulta. Detto così, senza fervore. Anche perché informato che sull’argomento c’è sempre qualcuno atteggiato allo scettico: fatterello gonfiato, storicamente insignificante. D’accordo. Non produsse flagelli, non capovolse situazioni. Lasciò le cose come stavano. Pure, quello stormir di coscienze esacerbate attraversò i luoghi alti del potere, italiani ed europei. Pure, quell’accenno di volontà allertate trovò spazio sulla stampa, italiana ed europea. Gli addetti intuirono che costituiva un prodromo. Porta Pia dopo solo 15 anni sarebbe stata sbrecciata. D’altra parte, l’evento pretende rispetto da noi. E perché i trascorsi locali non è che brillino per quantità e gloria, e per le pene che spinsero i nostri a quella risoluzione, non senza conseguenze.
Nessun parere modificatosi, partiamo dall’avviso, arrivatoci in copia conforme all’originale, proclamante la sollevazione. ‘Avviso di notte / Repubblica di Rocca di Papa / Viva l’Aquila sullodata Repubblica / Si avvertono i signori infami che nel giorno I maggio si farà il Consiglio nel Palazzo delle Cinque Ischie. E bisogna ammazzare la pubblica forza e pure il Guardiano Miraculo. E poi dare nel così detto preferito al Priore ed al Curato, sotto pena della fucilazione di notte a chi stacca il presente affissato. / Senza altri affari da liquidarsi in avvenire di notte / Si avverte la forza pubblica a fuggire e basta così / Viviamo felici / Dio / il Popolo tutto’.
Primo dubbio: quale palazzo fosse quello delle Cinque Ischie. Ricordato che l’ischia è una specie di quercia, sarebbero gradite indicazioni utili all’identificazione. Secondo dubbio: se è comprensibile l’istigazione ad ammazzare la pubblica forza, espressione repressiva del potere bieco, perché pure il guardiano Miraculo (o Miraculò, come Cofini verosimilmente ritiene?). In proposito, ecco, in soccorso, un documento dell’archivio parrocchiale. Un appello a Casa Colonna di Don Gaetano Ambrogini, frascatano, parroco nel 1837, per lamentare e chiedere freno all’indebita pretesa di ‘ora un bajocco, ora mezzo per fascio di stacchie (scorza di legname molto richiesta per far fuoco quando di carta ne girava poca e niente; da sempre si raccoglieva liberamente) e si è dovuto vedere le povere donne sudate all’eccesso, affaticate per la distanza del luogo e per la ripidezza della strada, esser costrette a pagare, oppure a lasciare il pegno’ Né qui finisce l’insolenza, le povere donne, che vanno a fare questi fasci di stacchie hanno da andare soggette a un birbo Guardiano il quale ora leva le fedi se sono maritate, ora l’orecchini dall’orecchie, ed ora il fazzoletto dalle spalle, e speriamo che non gli venga in mente qualche volta di levar loro le vesti’ e per un bajocco che non si è dato alla macchia, si vuole poi un paolo se si ricerca il pegno. Questo è il fatto genuino: avendo io avuto dei ricorsi dalle donne, specialmente perché loro si mettono mano indosso per strappare ciò che hanno”
A spiegare l’avversione, eccone un altro, di documento, dall’archivio storico comunale. Una delibera del 10 ottobre 1849, firmato dal priore Giacomo Botti. Contempla il bilancio di previsione per il 1850, e, a carcare il frenare l’andazzo imposto dall’odioso Miraculò e dal compare, stabilisce che ‘fattosi riflesso che i due guardiani della Comune hanno avanzato istanza per ottenere un assegno annuale, giacché non possono più vivere col prodotto delle sole catture, dal che ne deriva che abusando essi del proprio ufficio s’inducono a commettere delle azioni disdicevoli e delle mancanze al loro dovere, però affine di evitare i non pochi reclami a carico dei medesimi e per animarli insieme a meglio esercitare le loro funzioni, si è proposto d’assegnare ai suddetti un annuo compenso di scudi 18 per ognuno”
L’aumento non realizzò l’effetto desiderato. Gli abusi continuarono, almeno fino al 1855. da qui la condanna. Profferita, non eseguita. Con buona pace per tutti.

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