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Debutta a Roma Steven Osborne

Debutta a Roma Steven Osborne
Febbraio 20
14:55 2018

probabilmente il miglior pianista britannico di questi anni,
un mito per gli appassionati del pianoforte di tutto il mondo.
Si presenta con uno dei suoi tipici programmi costruiti con passione e intelligenza,
basato su tre classici del Novecento, il periodo musicale da lui più amato
Finalmente arriva a Roma lo scozzese Steven Osborne, considerato il miglior pianista classico del Regno Unito: una celebrità in Gran Bretagna e un mito per gli appassionati del pianoforte di tutto il mondo. La IUC ha l’onore di essere la prima a presentarlo al pubblico romano, martedì 27 febbraio alle 20.30 nell’Aula Magna dell’Università La Sapienza.
Steven Osborne ha suonato con le orchestre di mezzo mondo – Europa, America, Asia e Australia – con cui ha eseguito i Concerti più popolari del repertorio pianistico, come quelli di Beethoven e di Rachmaninoff, ma ama soprattutto i recital, quando sta solo davanti al pubblico ed è libero di realizzare le sue idee musicali in uno di quei programmi strutturati con passione e intelligenza che sono una sua caratteristica. Trasferisce questi programmi anche nei suoi dischi, con cui ha vinto due premi Gramophone in Gran Bretagna e tre Schalplattenpreis in Germania. Di lui la stampa internazionale ha scritto: “pianismo elettrizzante ed abbagliante”, “performance avvincente” (New York Times), “la sua esecuzione è stata una delle migliori che io abbia mai sentito” (The Times), “è stato quasi incredibile… dall’intelligenza, forza, giocosità alla bellezza mozzafiato” (The Herald).
Per il suo debutto romano – che cade tra i suoi concerti a Parigi e Londra e prima di partire per una tournée intercontinentale che lo porterà a New York, Città del Messico e Sydney – Osborne ha ideato un programma che accosta tre classici del Novecento, il russo Sergej Prokofev, il francese Maurice Ravel e l’austriaco Alban Berg, che rappresentano le tre principale scuole musicali dell’inizio del secolo scorso, il suo periodo preferito.
Inizia con i Sarcasmi op. 17 di Prokof’ev, cinque brevi pezzi sperimentali del 1912-1914, quando il compositore era l’enfant terrible della musica russa, un ribelle che si divertiva a fare piazza pulita di ogni regola e a scandalizzare pubblico e critica. Segue Ravel con Miroirs, la raccolta composta tra il 1904 e il 1905 che – come ha scritto l’autore stesso – “segna un notevole cambiamento nella mia evoluzione”. Questi cinque famosissimi pezzi – i loro titoli sono: Noctuelles, Oiseaux tristes, Une barque sur l’océan, Alborada del gracioso e La vallée des cloches – da un lato sono intensamente descrittivi e pittorici, ma dall’altro hanno anche risonanze metafisiche.
Poi Osborne passa alla Sonata in si minore op. 1 di Berg, in un solo movimento, scritta nel 1907 durante gli studi con Schoenberg: in questo suo primo capolavoro il compositore viennese parte da un inquieto clima tardoromantico per iniziare ad esplorare spazi musicali sconosciuti. In conclusione ancora Prokof’ev, questa volta con un’opera della piena maturità, la Sonata n. 8 in si bemolle maggiore op 84 del 1944, la cui architettura riporta ai modelli classici, rivissuti con lo spirito e il temperamento peculiari del compositore russo, inquieto e dinamico, ma anche con oasi del suo tipico lirismo “freddo”.

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