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Di luglio

Di luglio
Agosto 01
02:00 2008

Come ultimo appuntamento del ciclo I filmissimi (stavolta all’aperto, come stagione consente) prima della pausa estiva, è stato proposto In luglio, secondo lavoro di Fatih Akin. Nato ad Amburgo nel 1973 da genitori turchi, Akin definisce Im Juli “esattamente il contrario” della sua opera prima, “un variopinto film d’amore, in cui non muore nessuno”, poiché, ci informa, “non voglio essere riposto in un cassetto. Perché io voglio il cross-over, voglio essere fuori della nicchia e un cineasta commerciale”. E noi glielo auguriamo, certo per quanto possibile, poiché questo film di genere appare piuttosto una parodia surreale del road movie, che da quel genere trae appunto solo la metafora del viaggio e gli spunti topici che gli sono consueti. A cominciare dal ‘protagonista’, la strada, agli scalcagnati ‘mezzi’ impiegati, dal consumo di droghe, ‘viaggio’ nel viaggio, agli incontri occasionali, ‘incroci’ umani che quella presenta. Il tutto innestato sulla vecchia macchietta dell’autorevole docente ‘inetto’ però della vita, anche questo naturalmente consumatissimo topos (basti pensare al Professor Unrat di Heinrich Mann, divenuto immortale protagonista dell’Angelo azzurro). Da un incipit esempio di assoluto nonsense, in cui il protagonista si ritrova a raccontare la storia ad un turco berlinese sulla sua Mercedes con inevitabile cadavere nel bagagliaio, di topos in topos procede quella che vorrebbe essere la esilarante (e difatti qualcuno, aiutato dalle abbondanti libagioni di birra, ride) vicenda di Daniel, insegnante impacciato che, conosciuta la sua donna-angelo (di nome Malek, guarda caso “angelo” in turco), decide di seguire, novello Dante, la sua Beatrice verso Instanbul, avviando il meccanismo di viaggio esperienziale. Inseguendo l’ideale, Daniel perde però di vista il reale, la ben più concreta Juli (ma che fantasia nei nomi!), incontrata già ad Amburgo e silenziosamente innamorata di Daniel, che da lei e per lei trarrà occasione di nuove emozioni: il primo spinello, la prima scazzottata. Non poteva mancare a questo punto la ‘sirena’, l’ammaliatrice Luna, che, versatogli da un suo anello il ‘filtro’ LSD nella Coca-Cola, lo trascina in un rocambolesco inseguimento. Finché il nostro non ritroverà la sua Juli e dopo il ricongiungimento (altro momento assolutamente topico) comprenderà di aver finalmente raggiunto l’amore che cercava, senza saperlo riconoscere. Per la gioia sua e degli spettatori, che in questa sagra di banalità si sono goduti se non altro i 100 minuti di fresco offerti dal piacevole giardino del Goethe-Institut. Dove si dimostra che non sempre stravaganza sia garanzia di originalità creativa ed efficace mescolanza interculturale.

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