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Dove va la famiglia italiana?

Dove va la famiglia italiana?
Maggio 04
02:00 2007

È uscito da un paio di mesi un libro che fa ben riflettere sui temi che affronta. Si tratta de La fine della famiglia, la rivoluzione di cui non ci siamo accorti, di Roberto Volpi, Mondadori, 2007, 16.50 euro. L’autore è uno statistico che ha progettato il Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’infanzia e l’Adolescenza ed ha sfornato altri titoli quali “I bambini inventati” (La Nuova Italia, 2001) e “Liberiamo i bambini” (Donzelli, 2004). Inquietante per il lettore è scoprire che “Numericamente parlando hanno vinto i celibi e le nubili, i trentenni che vivono ancora in famiglia, le famiglie di una sola persona e quelle senza figli. Rovesciate i soggetti e troverete gli sconfitti”. Ancor più preoccupante è rilevare che, di questo passo, l’Italia rischia di perdere una generazione della sua prole proprio perché di futuri eredi non ne vuol saper quasi più nessuno. Vuoi per la confusione di coppie e sessi, PACS e Dico, tra libertà ed indipendenza. Vuoi per i problemi economici legati alla mancanza di lavoro e di abitazioni. Vuoi per pigra e paurosa indolenza pre-matrimoniale e post-divorziale e perché dai genitori si sta sempre meglio. Vuoi per quello che vuoi… fatto sta che di nuclei familiari e figli non se ne sente più di tanto parlare… e l’Italia vacilla così e proprio in uno dei suoi cardini fondanti. Ma si tratta proprio di declino ed instabilità o piuttosto è una trasformazione radicale quella che sta interessando la famiglia italiana? Quali le cause della sconfitta o della fine? Pochi matrimoni (civili o religiosi che siano) o troppi divorzi? Denatalità, abuso della pratica dell’aborto od incombente preoccupazione sanitaria ed economica della gravidanza e nascita? Fine della credenza che vuole la famiglia come “istituzione sociale, prima aggregazione tra individui, cellula primaria dell’evoluzione biologica della specie” (italiana nel caso specifico) o nuove famiglie allargate, verticali, orizzontali, diagonali? Confusione nell’identità e nel rispetto dei ruoli tra genitori e figli od assenza di rapporti tra le parti? Forse, in pentola, bolle altro…?
Alla voce famiglia i dizionari più accreditati della lingua italiana così recitano:
“Il nucleo fondamentale della società umana costituito da genitori e figli” (Zingarelli);
“Nucleo sociale rappresentato da due o più individui legati tra loro col vincolo del matrimonio o da rapporti di parentela o di affinità” (Devoto Oli).
La giurisprudenza invece così si esprime:
Da la “Famiglia: istituzione sociale e politica” del Codice Civile del giurista Rocco (1942) si passa poi alle riforme (a partire dal 1975) per l’ottenimento della parità giuridica dei coniugi, la medesima tutela tra figli legittimi e naturali, potestà congiunta, etc. etc.
La Costituzione Italiana dedica all’argomento ben tre articoli:
Art. 29 “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.
Art. 30 “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità”.
Art. 31 “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”. (Titolo II Rapporti etico-sociali).
In teoria, quindi, tutto dovrebbe procedere nella massima tranquillità, legalità e soprattutto coincidenza. Nella pratica assistiamo, invece, ad una diversità effettiva, ad un “ritratto davvero sconcertante della società italiana, che negli ultimi decenni è cambiata ben più di quanto crediamo (…) La realtà del paese è completamente diversa: un quarto delle famiglie è formato da un solo individuo (single, divorziato, vedovo), quasi un altro quarto da coppie senza figli, e per il resto da una maggioranza di coppie con un unico figlio e da un numero crescente di famiglie con un solo genitore”. Il fenomeno della costituzione delle famiglie subisce una serie di alti e bassi dal dopoguerra ad oggi. Ogni anno, però, mancano all’appello circa 350.000 nascituri e da 2,4 figli si è arrivati, in 20 anni, a 1,2 figli pro madre. Senza fratelli o cugini ma con una grande quantità di anziani a disposizione. “L’Italia è attempata” e di questo passo, nel 2050, si arriverà alla sparizione completa della figura simbolica della famiglia legata alla discendenza. Gli italiani, tuttavia, in tutto questo caos e reale confusione, restano convinti che l’istituto più vecchio del mondo goda di buona salute e che la sua forza non si sminuisca. Non sembrano quasi accorgersi, invece, che la sua povertà avanza subdolamente e che la sua debolezza lo sta portando sempre più ad una chiusura e ad un isolamento dalla società. E tale fiacchezza che va a connotarne l’esistenza, ne sta minando, al contempo, l’identità. Ad indorarci l’amaro boccone, il Volpi ci fa sapere che non siamo, in ogni caso, i soli ed unici. “Successivamente all’Italia, la Spagna sta ripercorrendo a grandi linee il nostro cammino. E poi ancora la Grecia. I paesi mediterranei dell’Europa sono arrivati tardi alla riduzione delle famiglie, nascite e della fecondità, decenni e decenni dopo i paesi dell’Europa di Centro-Nord, ma in compenso lo hanno fatto e lo stanno facendo con una sorta di ‘furore’ da neofiti che compensa il ritardo nell’avvio di detti processi demografici”. Certo è che tutto ciò non ci consola affatto… Come porre rimedio a questo depauperamento? Come non restare insensibili al “grido d’allarme” lanciato dall’autore “perché la fine della famiglia italiana non è affatto un’eventualità improbabile e distante, ma molto vicina e attuale, e non possiamo più permetterci di ignorare una rivoluzione passata per troppo tempo inosservata”? Allo Stato ed alle famiglie la difficile risposta.

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