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Eugenio Finardi prosegue il suo tour, fa il pieno d’applausi e riceve una standing ovation finale sotto il cielo di Piazza Eremitani a Padova, un patrimonio dell’Unesco riempito dalle note magiche e soavi dell’ Euphonia Suite Tour lo scorso 30 giugno.
Grazie alla dimensione acustica – di un concerto suonato come fosse un’unica suite composta dalle diverse canzoni in scaletta – ogni sera il live è diverso dal precedente, per l’interpretazione libera e suggestiva di un cantautore molto sensibile e attento nel cogliere il sentimento collettivo del pubblico e per la familiarità con l’improvvisazione musicale, d’impronta jazzistica, o l’utilizzo di enarmonie – la possibilità di cambiare nome alle note sul pentagramma per in funzione dei passaggi di tonalità da una canzone all’altra – portate sul palco accompagnato da Mirko Signorile, al pianoforte, e Raffaele Casarano, al sax.
Tipica della musica barocca, la suite è una successione di brani, chiamati “tempi” o “movimenti”, suonati in sequenza da uno strumento solista, un complesso da camera o un’orchestra, nella stessa tonalità. Per l’Euphonia Suite i brani hanno invece differenti toni, segni e colori: un gioco di parole per intitolare il tour riprendendo il nome “Eugenio”, la definizione di “eufonia”, cioè l’accostamento armonioso di suoni gradevoli all’orecchio, il blues, il jazz, il rock delle canzoni storiche di Finardi e la delicatezza delle melodie.
Un’operazione particolare per tradurre e trasformare in chiave moderna ciò che grandi sperimentatori come Bach riuscivano a fare in passato o, viceversa, per conferire alla musica attuale un suono più classico a 17 canzoni che conosciamo, iniziate con l’esecuzione di “Voglio” e terminate col bis di “Musica ribelle”, entrambe tratte dall’album “Sugo” del 1976.
Canzoni che si fanno tempi di una suite e anche il tempo presente, come “Soweto” che, senza la chitarra elettrica e l’arrangiamento “rock” dell’album “La forza dell’amore” ma con un sottofondo costruito da pianoforte e sassofono, delicata e forte come non mai, ha tuonato nell’aria: “Io non sopporto la tortura e gli squadroni della morte. Interi popoli che vivon la paura”, come un pugno allo stomaco che ha svelato il dolore di tutti causato da ogni guerra.
Il concerto è poi proseguito con “Katia”, romantica ballad, e “Diesel”, tratta dall’album omonimo del ‘77 ma suonata tutta in jazz.
“Oceano di silenzio”, “Mezzaluna”, “Non voglio esser solo” e “Dolce Italia” hanno segnato il tempo della malinconia, mentre Vil Coyote è stato trasformato in un brano ricco di swing, dilatandosi per l’incessante battito delle mani del pubblico a tempo, che ha così costretto il trio Finardi-Signorile-Casarano a improvvisare sul momento.
Dall’album “Anima Blues”, scritto interamente in inglese, per l’Euphonia suite in Padova sono state suonate e cantate anche “Holyland” – un Ritm ‘n’ Blues con un assolo di Casarano -, “Estrellita” – che unisce inglese e spagnolo come il blues e il tango – e il classico “Little Red Rooster”, registrato per la prima volta nel 1961 dal bluesman Howlin Wolf.
La musica dal vivo è proseguita suonando delicatamente intimista e alcune suggestive declinazioni dell’amore con: “Un uomo” – che racconta i desideri di una donna – , “La radio” – da sempre amata da Eugenio e tradotta in una canzone acustica e armoniosa dal trio sul palco -, “Amore diverso” – scritta da Finardi per sua figlia -, “È una notte in Italia” – cover di Ivano Fossati per cantare la magia dell’essere insieme sotto il cielo – ed “Extraterreste”, canzone finale e tra le più applaudite.
Un concerto unico, diverso e inaspettato, per un cantautore che, con Euphonia Suite, aggiunge una pietra miliare al modo di concepire la musica italiana, “ribelle” o “leggera”, comunque la si possa chiamare.