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I giorni della memoria

I giorni della memoria
Febbraio 01
18:41 2019

In questi giorni, ricordiamo il 27 gennaio, apertura dei cancelli di Auschwitz e, a seguito, man mano che procedeva il cammino degli Alleati, la liberazione da tutti i campi di segregazione e di sterminio di milioni di persone. In questo periodo, non c’è giornale o canale televisivo che non se ne occupi. Per diversi anni, ho collaborato con l’Aned (Associazione ex deportati nei campi nazisti), sono stata con i miei alunni a visitare Auschwitz, Terezin, Mauthausen (5 volte), Gusen, Ebensee.

Ho creduto fermamente che ricordare volesse dire non ripetere più.

Ma non era vero.

I miei alunni stessi, che pensavo di aver formato al rispetto dei diritti degli esseri umani, all’ovvietà dell’esistenza di un’unica razza, quella umana, oggi, sono diventati ciechi e razzisti. Ciechi perché non vogliono vedere che, nel mondo, anche adesso, esistono tanti orribili campi di concentramento e di sterminio, e tutti noi li accettiamo. Razzisti perché considerano le persone di pelle scura diverse e, persino, le credono invasori della patria.

Un tempo, la gente, in gran parte, non sapeva. Oggi, con le moderne tecnologie, tutti possiamo essere informati, se lo vogliamo, e se non ci facciamo circuire da facili slogan.

Oggi, povere persone fuggite dai campi di concentramento in Libia, persone stuprate, torturate, ferite, vengono lasciate morire e, addirittura, bloccate sulle navi, senza vergogna.

Il nostro impegno è respingere, di nuovo, dentro i cancelli di Auschwitz.

Corsi e ricorsi della storia, come diceva il Vico, cioè l’uomo è sempre uguale a se stesso, quindi, si ripete.

Certo, abbiamo le nostre ragioni: la crisi economica, la mancanza di lavoro, l’avidità di sfruttare a nostro solo vantaggio le enormi risorse dei paesi di provenienza di quelle persone, impedendo loro di vivere dignitosamente in casa propria.

Anche i nazi-fascisti, però, avevano le loro ragioni: la crisi economica, la mancanza di lavoro, l’avidità di impadronirsi delle risorse di un popolo, gli ebrei, da eliminare, la conquista di “un posto al sole”…

Ancora oggi, dunque, non abbiamo pietà e non riconosciamo i diritti, proprio come allora.

Recentemente, la Rai ha trasmesso “Nero a metà”, una serie televisiva in cui uno dei personaggi principali era Malik Soprani, un giovane vice ispettore di origine africana, appena uscito dall’Accademia di Polizia, perfettamente integrato. Malik, però, era arrivato in Italia da piccolo, con un barcone, e la madre, prima di sparire nell’acqua scura, aveva salvato il suo bambino porgendolo a un soccorritore. Accolto, poi, da una mamma italiana, diventato uomo di successo, nonostante tutto, dopo tanti anni, egli non poteva dormire la notte, perché gli tornavano gli incubi di quel mare mostro che si era portato via sua madre. La Rai, in questi ultimi anni, almeno, ha cercato di raccontarci molte verità, provando a condurci in un’atmosfera più civile.

Possiamo immaginare, allora, i traumi irreversibili delle donne, torturate, violentate, spesso gravide delle violenze subite! Esseri umani senza speranza e futuro, mentre noi, come i soldati nazisti e fascisti, giochiamo a far loro del male.

Non credevo che, nella mia vita, avrei assistito a cose di questo genere!

Ho sentito, nientemeno, che sono tornati in uso moduli, in uffici pubblici (Aziende sanitarie locali), che richiedono ai pazienti a quale razza appartengano! Cioè, viene istituzionalizzato il fatto che ci siano persone diminuite, denigrate, alle quali spetta solo, nella vita, dolore, malattia, fame, torture, stupri.

Qui, in Italia, poi, ogni volta, che un ministro afferma di compiere questo tipo di azioni per il Paese, la sua eleggibilità aumenta vistosamente nei sondaggi. Così, come quando il Governo alza i toni contro la Francia, più del 60% degli italiani sono orgogliosi dell’esaltazione del proprio Paese.

Mi viene in mente “La difesa della razza”, la rivista quindicinale di politica, razzismo, antisemitismo, imperialismo, fascismo, pubblicata tra il 1938 e il 1943. Una vergogna, non certo un’esaltazione, di questo paese.

Allora, per consolarci da tanta confusione e brutalità, abbiamo nominato all’Unesco, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza, la Cultura, il protagonista di film definiti sexi, come Cornetti alla crema, La moglie in bianco… l’amante al pepe, L’infermiera di notte, L’onorevole con l’amante sotto il letto, e tanti altri…

Tempo addietro, ci siamo fatti un nome, nel mondo, per la pubblicità di un’auto con Berlusconi alla guida e alcune ragazze nel bagagliaio.

Oggi, saremo di nuovo conosciuti, nel mondo, per la nostra “cultura”.

A questo punto, una domanda è d’obbligo: “Ma noi, a quale razza apparteniamo?”

 

 

 

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