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I racconti di Augusto (Subiaco 1932 – Ciampino  2017)

Ciampino-Subiaco, andata e ritorno

Parto la mattina presto da Ciampino dove vivo, diretto a Subiaco dove sono nato e vissuto fino a sette anni, prima che la famiglia abbandonasse il paese per tentare l’avventura nella nascente realtà ciampinese.

Percorso abituale: autostrada per Napoli, bretella per Firenze uscita Mandela, via Tiburtina, Subiaco.

Il viaggio è tranquillo, mi godo il silenzio guardandomi attorno per lo stesso tragitto tante volte ripetuto in bicicletta, in solitaria. Un percorso che fa parte della mia vita.

Intanto la mente spazia e si sofferma a piacimento, libera e leggera.

La vita è una giungla. L’ho attraversata ripetutamente schivando – a volte fortunosamente – i suoi tanti pericoli e oggi mi concedo momenti straordinari assaporando il gusto semplice e perfetto del vivere.

Tutto torna in essere, si abbracciano le fasi della vita in una carambola ricca di stagioni.

Parcheggio con cura, prendo un caffè in località Madonna della Pace, scruto il paesaggio e gli abitanti del posto. Conservano una sobrietà schietta, hanno l’aria tranquilla, appagata, credo siano molto ricchi di valori.

Arrivato all’ingresso della cittadina, supero il magnifico Arco Trionfale eretto nel 1787 dalla comunità sublacense in onore di papa Pio VI, mi soffermo in questa contrada detta Campo d’Arco a confrontare memoria e presente: tanti locali oggi chiusi o trasformati, tanti mestieri perduti, artigiani e prodotti che non esistono più.

E torna la mia prima infanzia a Subiaco, la mia curiosità per tutte quelle attività e quei semplici strumenti di lavoro, il mio desiderio d’imparare, di diventare un giorno uno dei loro, uno dei mastri.

E il pensiero corrente che mi piace coltivare: tutto ancora è possibile, tutto ancora è recuperabile, se poggia sui valori che hanno caratterizzato la mia generazione e favorito a suo tempo la crescita economica del nostro Paese: onestà, affidabilità, dedizione, lealtà. E la forza del desiderio che ti fa attraversare la giungla senza cadere nelle sue trappole perché hai dalla tua la visione chiara del tuo obiettivo.

Con tali premesse la crescita è possibile anche in periodo di crisi.

Piazza Sant’Andrea, la maestosa cattedrale, la cartiera dismessa e diroccata, l’Aniene. Il fiume scorre sempre per il suo verso, gorgogliando.

Siedo sulla sponda e ‘rivedo’: mia madre e le altre donne, chine sulle pietre bianche, lanciavano le lenzuola nel gorgo dell’acqua ghiaccia e sbattevano e ritiravano e rilanciavano i loro panni, chiacchierando e cantando, e il mio ricordo è che l’acqua sfiorava le loro ginocchia, mentre oggi quella parte del greto, secco e sassoso, accoglie panchine. Breve calcolo per stabilire che il livello del fiume si è abbassato di almeno un metro. Una grossa modifica che ne rallenta il flusso impetuoso e il salto spumeggiante sul dislivello del fondale, sotto il ponticello di San Francesco.

Ultima tappa il cimitero, con un mazzo di garofani rossi.

Inizio come sempre da nonno Agostino, carbonaio, e l’intrepida nonna Maria. Lascio un fiore, dico loro qualcosa, li saluto sfiorando le loro foto, ringraziandoli per quanto hanno fatto e per quello che rappresentano. Radici fonde e salde che sono ancora nutrimento per tante fioriture.

Proseguo il giro solito, fino all’ultimo caro, chiedendo e raccontando, ricomponendo per un lungo istante quel fruttuoso albero che da qualche seme proviene e tanti semi ha lanciato e lancia nel suo continuo espandersi.

Sono pronto per ripartire. Inizia il viaggio di ritorno, a velocità moderata, nel silenzio pieno di voci.

Non voglio pensare alla giungla che mi attende, voglio rimanere in questo stato di grazia fino all’alba di domani.