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Il caso Ligresti-Cancellieri

Il caso Ligresti-Cancellieri
Gennaio 08
23:35 2014

Vignetta-di-VauroLa famiglia Ligresti è originaria di Paternò. Trasferitisi negli anni ’70 a Milano i Ligresti diventano ricchi e potenti nel giro di qualche anno. Negli anni 80′ l’ing. Salvatore diventa magnate del mattone, mentre suo fratello Antonino diviene il re delle cliniche. Nella città governa il Psi, prima con il sindaco Carlo Tognoli, poi con il sindaco Paolo Pillitteri, cognato del precedessore. Entrambi rispondono direttamente a Bettino Craxi, grande amico dei Ligresti. È il 1986 quando scoppia lo scandalo delle aree d’oro, mentre è assessore all’urbanistica un uomo del Pci.

Il fatto grave è che Salvatore Ligresti compra a due lire le aree agricole di Milano che ben presto diventano preziose aree edificabili, il tutto mentre i giornali celebrano la “fine intelligenza imprenditoriale” del siciliano don Salvatore. Quanti osano ribellarsi al sistema vengono definiti con dileggio “moralisti” e “giustizialisti”. Poi interviene la magistratura che fa scoppiare il caso Tangentopoli. La famiglia Cancellieri già allora è amica di Antonino Ligresti. In seguito Salvatore Ligresti viene condannato in via definitiva per il reato di corruzione. Ma veniamo ai giorni nostri. Nel 2012 Salvatore Ligresti, divenuto anche magnate delle Assicurazioni, è indagato per falso in bilancio dei conti Fonsai, società che presenta un buco di 800milioni di euro. Interrogato dal pm Orsi di Milano sui suoi rapporti con il presidente dell’Isvap (autorità di controllo delle assicurazioni) Giancarlo Giannini, don Salvatore risponde che «tramite Berlusconi aveva aiutato Giannini ad entrare all’Antitrust, essendo in scadenza all’Isvap». «Chi altro ha aiutato tramite Berlusconi?» – chiede il pm – e l’ing. Ligresti risponde «Anna Maria Cancellieri a svolgere la carica di commissario prefettizio a Parma». Era il 2011 e a Parma rimase un mese soltanto, per poi entrare a far parte del governo Monti. Arriviamo, dunque, al 17 luglio 2013 quando i Ligresti vengono arrestati per i falsi in bilancio di Unipol-Fonsai. Don Salvatore finisce agli arresti domiciliari mentre le due figlie Ionella e Giulia vengono portate in carcere. Il figlio maschio, invece, diventa latitante in Svizzera. Lo stesso giorno il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri telefona alla compagna dell’ing. Ligresti offrendole la sua solidarietà. «Non è giusto, lo so» – la consola – «C’è modo e modo», «Qualsiasi cosa, conta su di me». In quella circostanza non c’è alcun accenno alle condizioni di salute di Giulia Ligresti, che si presenteranno problematiche solo a distanza di un mese dall’arresto. La famiglia Cancellieri è legata da rapporti di affetto alla famiglia Ligresti. Ma quella telefonata appare come la spia rossa del “sistema del capitalismo di relazione”, dove si mescolano politica, finanza, imprenditoria e il vertice delle istituzioni repubblicane. Dopotutto il figlio del ministro è stato voluto dagli stessi Ligresti per lavorare per un anno come direttore generale di Fonsai, percependo la modica cifra di 5milioni di euro! Il figlio, comunque, porta a termine con successo la fusione di Fonsai con Unipol. Il 19 agosto Antonino Ligresti chiama il ministro Cancellieri per segnalarle che la nipote «Giulia è malata di anoressia e bisogna tirarla fuori». Allora la Cancellieri, massimo responsabile dell’Amministrazione penitenziaria, si attiva con il Dap (Dipartimento di amministrazione penitenziaria). Ed è a questo punto che le condizioni di Giulia Ligresti in carcere sono oggetto delle telefonate con i due vice direttori del Dap, affinché facciano «quanto di loro stretta competenza» per tutelare la salute della medesima. E la sera del 21 agosto la Cancellieri chiama Nino Ligresti per avvisarlo che ha effettuato la segnalazione al Dap. A questo punto il caso è riportato ampiamente dalla stampa nazionale e nella mente dei cittadini cominciano ad albergare i dubbi. I pubblici poteri di cui è investita il ministro della Giustizia sono a rischio deviazione? I due vice capi dell’Amministrazione penitenziaria non lo sanno già per proprio conto che bisogna tutelare la salute dei detenuti? C’è da temere che un giorno si arrivi a formulare un elenco di nomi di persone altolocate che non debbono mai essere arrestate? Fatto sta che il 28 agosto Giulia Ligresti passa dalla detenzione in carcere agli arresti domiciliari in modo formalmente corretto dopo aver patteggiato la pena richiesta sin dal 2 agosto, mentre gli altri detenuti malati e persino invalidi continuano a restare in carcere. Quanti sono i casi simili a quello di Giulia Ligresti? Su 67.000 reclusi circa 31.000 sono affetti da gravi problemi medici o psicologici. La procedura è chiara: le richieste di passare agli arresti domiciliari debbono giungere nell’ufficio del Capo di Gabinetto del ministero della Giustizia, per poi venire inoltrate negli uffici del Dap, e da qui, dopo un’istruttoria sul caso, può partire la segnalazione al magistrato di sorveglianza che valuta e decide. Ma allora c’è da chiedersi perché gli altri detenuti malati continuano a morire in carcere?

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