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Il ‘caso Natasha’

Novembre 04
02:00 2006

Di Natascha Kampusch, la ragazza rapita a Vienna all’età di 10 anni mentre andava a scuola una mattina di otto anni fa e tenuta prigioniera da un uomo fino alla sua liberazione, si è detto che fosse affetta da ‘sindrome di Stoccolma’, espressione usata per definire il sentimento di solidarietà “ che può arrivare all’innamoramento – che scatta nel sequestrato, messo in situazione di stress psicofisico, nei confronti del sequestratore. Credo, invece, che in questo caso non ci siano elementi per ipotizzare tale sindrome. Wolfgang Priklopil, che all’epoca del sequestro aveva 35 anni, l’aveva rapita non per pedofilia ma a scopo di estorsione di denaro. La somma per il riscatto di Natascha non fu, però, mai richiesta dall’uomo (definito psicolabile dalla sua vittima) per paura di essere scoperto. Natascha per tutto il tempo da reclusa non ha mai smesso di pensare alla propria libertà, anche a costo di trovarsi di fronte al suicidio di lui, possibilità di cui – ha detto – era più che convinta, in quanto ne avevano sempre parlato. Infatti, il suo sequestratore le diceva che se fosse stato scoperto si sarebbe ucciso, perché non avrebbe retto alla vergogna che gli sarebbe derivata dal fatto che tutto sarebbe venuto alla luce del sole. E così è stato: Wolfgang, dopo la fuga di lei, è morto gettandosi sotto un treno. Quando è stata informata di questo, Natascha ha pianto. Anche se non ha rimpianti per essere fuggita, questa morte tragica le pesa – ha sostenuto la ragazza – come un assassinio. D’altra parte, questa ipotesi finale lui gliela aveva fatta vivere sempre con sensi di colpa. La storia dell’adolescenza di Natascha è la storia di una lunga, paziente e drammatica battaglia per la conquista della libertà: dalla vita, inizialmente, in un bunker costruito nel garage di casa, alla vita nell’appartamento; dalle uscite insieme, sempre sotto stretto controllo da parte di lui, sino alla fuga. Natascha per raggiungere il suo obiettivo non si è lasciata andare alla disperazione e al dolore perché tenuta prigioniera, ma ha saputo prendere in mano la situazione e l’ha affrontata con gli strumenti intellettuali a sua disposizione. Per riuscirci si è innanzitutto data forza, convincendosi che fuori della sua prigione sia la sua famiglia che le forze di polizia la stavano cercando e che non avrebbero mai smesso di farlo. Rapita che era ancora bambina, Natascha era inizialmente dipendente da lui in tutto, ma con il passare degli anni è riuscita a costruire la dipendenza del rapitore nei suoi confronti, in virtù della personalità debole e perdente dell’uomo. Così, con l’obiettivo di ottenere la libertà, la sua vita da reclusa è diventata anche una storia di seduzione. E’ un dato di fatto che tutti i bambini sperimentino la loro capacità di seduzione in famiglia, con delle moine, per ottenere qualcosa a cui tengono molto, rivolgendosi preferibilmente al genitore dell’altro sesso. Di questo comportamento lo psicanalista Freud ne aveva tirato fuori un complesso psichico, quello di Edipo. Tornando a Natascha, il suo sequestratore sapeva che lei desiderava la libertà, e negli ultimi mesi della prigionia gliela faceva assaporare con delle uscite insieme, pur tenendola a distanza da sé di pochi centimetri. Ancora, lui le suggeriva per gioco dei modi concreti di fuggire, quasi, secondo Natascha, si augurasse per lei di riuscire nel suo intento. ‘Potresti fare così o così’ le diceva. Il destino ha voluto che veramente un giorno si verificasse la distrazione di Wolfgang che il medesimo aveva ipotizzato e fantasticato per gioco. Altro elemento fornito da Natascha è che i rapporti sessuali erano sempre stati voluti anche da lei. Nelle situazioni di seduzione, infatti, i rapporti sessuali giocano un ruolo importante. Anzi, la componente sessuale è l’arma vincente. Natascha ha avuto di fronte a sé per 8 anni soltanto il proprio sequestratore: il ‘mostro’ nella sua mente di bambina! Nei primi sei mesi dopo il sequestro non era mai uscita dal bunker: per questo aveva sofferto di crisi di claustrofobia e della paura di morire sepolta viva, pensando che il suo sequestratore potesse morire all’insaputa di tutti; inoltre aveva vissuto la tortura di un cibo sempre uguale, in quanto nutrita esclusivamente con wurstel e biscotti. Nonostante ciò, in lei era scattata la volontà di conquistare il mostro, ottenendone prima la fiducia e poi l’amore. Come sia stato possibile per Natascha trasformare la sua vita da reclusa in una storia di seduzione io lo spiegherei così. La ragazza per sopravvivere aveva dovuto separarsi dentro, cioè aveva dovuto operare al suo interno uno sdoppiamento, così come spesso avviene nelle situazioni troppo dolorose e scioccanti. Una separazione interna quale stratagemma inconscio di difesa, che, come si sa, può portare a sviluppare forme di schizofrenia. Nel caso di Natascha, mentre una parte di sé si era mantenuta ferma e salda nella ricerca della agognata libertà, l’altra parte aveva recitato un ruolo seduttivo nei confronti del suo aguzzino, dapprima per guadagnarsi la sua fiducia ed ottenere così libertà di movimento all’interno dell’appartamento (dove aveva potuto leggere e guardare la televisione) ed in seguito per conquistarlo affettivamente ed eroticamente, ottenendo la possibilità di uscire in giardino e persino in strada insieme a lui. Presumo che Natascha abbia acquisito negli anni la consapevolezza del proprio potere sull’uomo che la teneva sequestrata mentre creava un rapporto di scambio con il medesimo, nel quale entrambi hanno cercato di comprendere il dramma dell’altro, pur mantenendo ferme le proprie volontà. Natascha oggi è libera. Ma di Wolfgang, comunque, a me piace pensare che prima di gettarsi sotto un treno si sia sentito anche lui liberato da un peso e che abbia pensato: ‘Finalmente ce l’hai fatta, sei libera, ed è così che era giusto che finisse!’. Dell’intervista di Natascha si è detto che la ragazza si sentiva condizionata dalla presenza delle telecamere al punto che sembrava recitare e persino che pareva avere una maschera. Per me, invece, l’intervista televisiva ha rappresentato per lei il suo primo tentativo di riunire, ormai liberata dalla sua prigione, le due parti separate di sé, che debbono ora imparare ad integrarsi in un’unica Natascha per uno sviluppo sano della sua personalità tanto a lungo sacrificata. ‘Ho pensato sempre – ha detto nell’intervista – che quando sarei uscita da quella prigione, rispetto alle mie coetanee mi sarebbe mancata la formazione didattica non avendo potuto andare a scuola’. Natascha quindi ha voglia di recuperare sul piano culturale e contemporaneamente vorrebbe anche fare l’attrice, dal momento che l’esperienza drammatica vissuta negli ultimi 8 anni le ha insegnato soprattutto come recitare con il suo aguzzino quel ruolo di seduzione che le ha regalato la salvezza. I suoi gesti, la postura, il modo di esporre in modo convincente ed accattivante fatti e circostanze, tutto questo suggerisce che le cose siano andate proprio così.

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