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Il Castello di Graffignano

Il Castello di Graffignano
Luglio 11
02:00 2008

Sorge nella parte orientale della provincia di Viterbo, a 187 metri d’altezza, nel comprensorio della Valle Teverina, a pochi chilometri dal confine con l’Umbria. La visita al Borgo di Graffignano è resa interessante dalla mole del Castello Medievale che venne eretto a guardia delle vie d’accesso ai centri dell’entroterra.
Ha forma rettangolare ed è munito di una torre cilindrica alta una ventina di metri. Intorno al Maniero, che non è visitabile, si dispongono le case del centro storico, le “case di dentro” come si diceva fino a qualche tempo fa, con le caratteristiche scale esterne, le cantine (già adibite a stalla) e modesti elementi architettonici in gran parte di tufo. Fra i primi Feudatari figurano i Conti Da Persano, di origine Longobarda, come è scritto presso l’archivio Comunale di Viterbo, che dominavano sulle terre conosciute come Selva Pagana. Successivamente la zona passò dapprima sotto il dominio della famiglia Baglioni di Orvieto e quindi sotto quello di Viterbo, che tra il XV e il XIV secolo aveva consolidato una posizione di rango nelle lotte tra Papato e Impero. L’atto di sottomissione, dopo una lunga ed aspra contesa con gli Orvietani, venne rogato il 21 marzo 1282, al tempo del Pontificato di Martino IV.
Per il feudo di Graffignano seguì un periodo di relativa tranquillità, consacrata anche dal matrimonio tra la Viterbese Guitta Gatti (figlia di quel Raniero legato al conclave di Viterbo del 1270) e Simone Baglioni.
Graffignano continuò a condividere, nel bene e nel male, le sorti del capoluogo della Tuscia. Coi Prefetti di Vico, padroni della città di Viterbo nella prima metà del XIV secolo, si registrarono frequenti episodi di intolleranza, resi ancor più incontrollati dal trasferimento della sede Papale ad Avignone. Dopo la restaurazione, favorita dal cardinale-guerriero Egidio Albornoz, cui si deve il ritorno del Pontefice a Roma, Graffignano tornò ai Baglioni che avevano offerto al Papa un aiuto determinate nella lotta contro i Di Vico. La nobile famiglia di origine Orvietana tenne il Castello, con alterne vicende, fino al XVII secolo, quando passò a Domitilla Cesi, vedova di Adriano Baglioni. Fu grazie a questa donna illuminata che si diffuse il culto per san Filippo Neri, ancor oggi molto vivo. In effetti i Cesi erano molto amici di Filippo e in particolare lo era il cardinale Pier Donato Seniore Cesi con cui Domitilla era imparentata.
Alla fine del 1669 il feudo di Graffignano passò alla famiglia di Federico Borromeo, che diffuse nel paese la devozione per il suo antenato San Carlo, e successivamente alla signoria di Scipione Publicola Santacroce la cui famiglia era stata elevata, nel frattempo, al rango principesco da Benedetto XIV (1741). Questa nobile famiglia di origine Romana favorì la ripresa dell’economia agricola, migliorando le condizioni dei contadini, e dette al paese una sua impostazione urbanistica.

Bibliografia (Istituto Italiano Castelli, Lazio – Bonecchi – Il Castello VII° / VI° anno)

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