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Il Castello fantasma

Il Castello fantasma
Ottobre 26
08:04 2018

Stava uscendo dalla redazione del giornale quando, inaspettatamente, arrivò una telefonata. Rispose. Una voce profonda e lontana chiedeva di lui. <<Si! Sono io. Mi dica!>> Dall’altra parte della cornetta si sentiva a malapena una voce di donna. <<Il castello…ognuno ha uno spazio… Stia attento a dove permane!>> Robert nel frattempo prendeva appunti sul taccuino. <<Non la sento bene! Da dove chiama?>> domandò. <<Il Castello sullo sperone di roccia…il lago…>> e la chiamata s’interruppe. Il giornalista qualche tempo dopo riuscì a rintracciare da dove partiva la chiamata e fece una ricerca su internet. Il suo stupore fu grande: un antico castello, più precisamente i suoi ruderi, era presente su di uno sperone di roccia affacciato sul lago in un luogo che Robert conosceva bene perché ci trascorse qualche anno della sua infanzia. I giorni da quella chiamata passarono e Robert decise di recarsi a fare una visita in loco. Partì! Durante il tragitto, fu assalito da uno stato d’inquietudine nel rivedere quei luoghi. La sua infanzia era stata felice ma qualche discussione in quelle vacanze ci fu. Niente in confronto con quello che doveva vedere. Arrivato in zona, pernottò a un alberghetto a conduzione famigliare. Era quello dove albergava nelle vacanze della sua infanzia. I proprietari, ormai anziani, lo riconobbero e scambiarono le solite parole di circostanza. Robert ricordava ancora i loro nomi: il signor Antonio e la signora Anna. <<Non mi ricordo del castello però! Sapete dove è ubicato?>> domandò a un certo punto Robert. <<Ma quale castello, Robert! I tuoi genitori ti ci hanno portato diverse volte. Non è un castello ma è ciò che ne rimane. Il tempo…>> gli rispose Antonio. <<Ho capito>> rispose Robert e intanto una certa inquietudine riemergeva. Gli spiegò l’accaduto, ossia la chiamata che ricevette, ma non ottenne nessuna informazione se non tanta perplessità. <<Fecero qualche tempo fa una conferenza sull’infinito…>> disse la signora Anna. <<Sull’infinito?>> domandò Robert. <<Sì, era estate, l’allestirono tra i ruderi. Poi ci fu l’incidente…>> continuò la signora Anna interrompendosi all’improvviso. Il marito la fulminò con lo sguardo. <<Incidente? Che incidente?>> chiese Robert. A quel punto Antonio gli riferì bruscamente l’accaduto: <<Durante la conferenza, si staccò un pezzo di rudere che, cadendo sull’impianto, innescò un incendio. Niente di che ma andò distrutta quasi tutta l’apparecchiatura e così la conferenza dovette essere interrotta. Capita…>> Dal modo con cui l’aveva detto però, Robert sentì che sotto sotto c’era qualcosa legato non alla conferenza ma al luogo. Decise che per quel giorno le domande potevano bastare, ringraziò e fece una passeggiata. Si recò nei luoghi da lui frequentati e poi si mise a prendere un caffè seduto in un bar sul lago e, mentre lo ammirava, notò la roccia su cui si ergevano i ruderi del castello. <<Non può essere quello! E’ un rudere! Neanche quattro pareti sono rimaste! A malapena si riconosce la torre!>> pensò ad alta voce. Domandò al proprietario del bar se effettivamente quello era il castello della zona e se fu tenuta lì una conferenza. Ricevette tutte risposte affermative. A questo punto decise che all’indomani si sarebbe recato in loco per un sopralluogo. Giunto il giorno prestabilito, Robert raggiunse i ruderi faticando molto e vide ciò che rimaneva dell’antico castello: tre quarti di mura e qualche volta all’interno. Recenti scavi archeologici mettevano in luce ciò che rimaneva dei sotterranei. Scattò qualche foto e prese degli appunti. C’erano delle zucche mature sparse tra i ruderi e uno spaventapasseri. <<Non mi spaventi!>> disse Robert guardando il fantoccio. Ritornato in paese, decise di saperne di più studiando la storia di quel castello e si recò nella biblioteca comunale. Raccolto tutto il materiale disponibile, iniziò la consultazione. Ciò che emergeva e che riteneva fosse importante, lo annotava nel suo taccuino. Non soddisfatto della ricerca, chiese al bibliotecario dove potesse integrarla. <<C’è un avvocato che qualche anno fa fece uno studio sul castello e al riguardo tenne una conferenza. Può chiedere a lui. Ha lo studio sulla via principale. Non può sbagliare perché è l’unico studio posto su quella strada>> gli disse il bibliotecario. Robert lo ringraziò e decise di recarsi immediatamente a trovare l’avvocato. Lo trovò nel suo studio e, presentatosi, l’avvocato lo fece mettere a suo agio. <<E’ una storia molto affascinante per il velo di mistero che la circonda. Fino agli inizi del ‘900 vivevano gli eredi di un’antica famiglia le cui origini si perdono nella notte dei tempi>> disse l’avvocato. <<E poi?>> gli domandòRobert. <<Poi l’ultima erede morì senza lasciare figli>> aggiunse l’avvocato che prese da un angolo dello scaffale un fascicolo e lo pose a Robert. <<Qui troverà molto. E’ il frutto di anni di ricerche da me effettuate>> disse l’avvocato a Robert mentre gli porgeva il fascicolo. Robert lo ringraziò e l’avvocato gli disse che era a disposizione se ne aveva bisogno. <<Stia attento, mi raccomando!>> gli disse mentre accompagnava Robert all’uscio. Il giornalista si recò in un bar allestito con mobilio inizi ‘900, si mise in un tavolino appartato e iniziò a studiare le carte. Stette due ore a leggerle e rileggerle e quando finì…si ritrovò al punto di partenza. Ciò che emerse dalle carte? La storia di una famiglia aristocratica dove ciò che poteva essere rilevante era celato dall’oscurità, ossia non riportato. A questo punto ricontattare l’avvocato a cosa serviva? Decise di andare a pranzo. Mentre pranzava, una signora gli si avvicinò e gli disse: <<A casa del signor Marlow, c’è un quadro. Lo acquistò anni fa. Anticamente era di proprietà di quella famiglia!>> Dette queste informazioni, la signora uscì dal ristorante. Robert appuntò sul taccuino: “Marlow quadro”. Dopo pranzo andò a riposare. Entrato in albergo, prima di recarsi nella sua camera, chiese al signor Antonio se conosceva il signor Marlow. Subito ottenne l’informazione che cercava. Robert ringraziò e si recò nella sua stanza. Riposato, andò a casa del signor Marlow. Suonò il campanello. Aprirono senza chiedere chi fosse. All’uscio della porta, Robert chiese: <<Non ha domandato chi fosse al citofono. Perché?>> L’uomo alla porta era il signor Marlow in persona che gli disse: <<Mi hanno informato della sua presenza in città e del fatto che oggi si sarebbe recato nella mia dimora.>> In effetti, la casa era una palazzina al centro del paese, costruita nella seconda metà dell’ottocento. Entrati, si accomodarono nello studio. <<Sono un piccolo imprenditore locale che qualche tempo fa ha acquistato il quadro che vede alla sua destra.>> Robert indirizzò lo sguardo alla sua destra e lo vide. Era raffigurato un uomo seduto su di una poltrona, sulle cui ginocchia era posta una bambina e affiancato da una figura femminile posta in piedi alla sua destra. <<Sono coloro che penso?>> domandò Robert. Il signor Marlow fece un cenno affermativo e aggiunse: <<Notizie ulteriori a quelle che ha non posso aggiungere. Mi dispiace.>> Si salutarono e prima di uscire Robert fotografò il quadro, per poi recarsi in paese per un caffè. Mentre lo sorseggiava, gli venne un’idea alquanto folle: recarsi all’imbrunire presso i ruderi di quel che rimaneva del castello misterioso. Per evitare di rifarsi la scarpinata-i ruderi erano in mezzo alla boscaglia-, si fece prestare il vecchio fuoristrada dal proprietario dell’hotel. Partito, in quell’autovettura gli sembrava di rivivere i reportage di guerra ma, per fortuna, andava solo a fare una “scampagnata”. Arrivato a destinazione, parcheggiò e percorse a piedi l’ultimo tratto. Perché a piedi? Perché era un tratto dove la vegetazione formava una specie di “tunnel”: quasi a separare due luoghi, due dimensioni e, infatti, tale percezione non fu smentita per ciò che accadde in seguito. Percorso il tunnel, Robert non credette ai propri occhi: di fronte a lui si parava non più qualche rudere, ma un castello maestoso. Oramai era sopraggiunta la notte ed esso appariva addirittura quasi più nero della notte stessa. Non sapeva cosa fare. Una voce gli disse di entrare o così gli parve di capire. Il portone d’ingresso era semiaperto. Si fece coraggio ed entrò. Una volta dentro, domandò se c’era qualcuno, ma non gli rispose nessuno. <<E adesso? Che faccio? Da non credere!>> si disse. La paura gli consigliava di andarsene mentre il suo spirito di giornalista no: <<Indaga!>> gli diceva fermamente. Ascoltò il secondo consiglio. <<E adesso che faccio? Da dove inizio?>> si disse. Innanzi a sé si presentava un salotto ampio con camino e una scala posta nel lato sinistro che portava ai piani superiori. <<C’è qualcuno?>> disse ad alta voce ma non ricevette alcuna risposta. Si diresse nel salotto e notò sulla scrivania un testamento redatto. Una volta letto, all’inizio non capì. Poi… <<In sostanza il de cuius si è fatto un testamento nominando erede non altro che se stesso! Assurdo!  E che “tutto deve rimanere così com’è!”>> Robert stava continuando il monologo quando all’improvviso risentì quella voce che gli diceva: <<Il libro genealogico…nelle segrete…>> Si guardò intorno ma non vide niente. Non aveva paura di quella voce, anzi. Lo rassicurava. Dal lato destro del salotto, “celata” da una porta, c’era un’altra scala che portava ai piani inferiori. Scese. Si ritrovò davanti ad un corridoio delimitato da celle in ambo i lati. Le ispezionò tutte. In alcune c’erano delle bottiglie di vino, in altre niente e, nell’ultima, dei libri accatastati. Iniziò a ispezionarli: alcuni erano molto antichi. Lo sguardo si pose su di un libro antico e particolare. In pelle marrone, conteneva la storia di quella famiglia. Lo prese e risalì. Salendo le scale, si sentì dell’aria sul collo. Si voltò ma non vide nulla. Stava per uscire dal castello quando decise di ispezionarlo: si recò nella scala di sinistra e salì. Il primo piano conteneva diverse stanze. Un’ultima scala lo condusse sulla torretta. Aperta l’unica porta di accesso, Robert si trovò in uno studio con finestra che si affacciava sul giardino, si mise seduto dietro la scrivania e iniziò a leggere il libro che aveva con sé. Dalla lettura emerse la genealogia di una famiglia che attraversò diverse epoche storiche. Robert si stupì per la longevità. Mentre stava chiudendo il libro, si accorse che mancava una pagina: l’ultima era stata strappata. <<Strano! Non me ne sono accorto dalla lettura. E che cosa può contenere?>> si domandò. Gli venne l’idea di cercare quella pagina. Tornato nel salotto, si soffermò ad ammirare un quadro di famiglia sopra il camino. Raffigurava una famiglia tipica di un’altra epoca. Lo incuriosiva la figura paterna: un uomo risoluto e oscuro. Osservatolo attentamente, notò la stessa persona raffigurata nel quadro del signor Marlow ma più invecchiata e con uno sguardo diabolico; mentre le altre persone raffigurate, anch’esse le stesse più la domestica, nei loro volti la giovialità aveva lasciato il posto alla tristezza. A un certo punto risentì quella voce: <<Nella stanza della signora…>> gli parve di capire. Robert ispezionò la casa e alla fine entrò in una stanza che apparentemente sembrava la camera dei coniugi se non fosse perché Robert ne aveva contate due. Di chi era quella stanza? Non della figlia adolescente poiché aveva la sua. Sul comodino trovò ciò che stava cercando: la pagina mancante. <<Come mai è qui?>> si disse quando all’improvviso, sentì la solita voce che gli sussurrava: <<Stia tranquillo adesso che può vedermi. Non si spaventi…>> e si sentì toccare la spalla. Giratosi di scatto, Robert vide una figura femminile. <<Sono la domestica di quello che fu questa casa!>> gli disse. Robert sobbalzò sul letto cercando di capire: innanzi a sé aveva la figura di uno spettro. Ripresosi dalla paura, gli domandò cosa volesse. <<Suo nonno anni fa fece uno studio su questa famiglia ma poi lo interruppe. Non ricorda le storie che gli raccontava? Quelle di un castello immaginario e del suo padrone tiranno?>> Robert, fatto un attimo di mente locale, ricordò tutto. <<Come ho fatto a dimenticare? Ora ricordo. Una volta venne a trovarci qui in vacanza. Che strano! Ho rimosso tutto!>> disse al fantasma e aggiunse: <<Ma lei chi è?>> Il fantasma gli rispose: <<Sono lo spettro di ciò che fu>> Robert gli domandò: <<Perché è ancora qui?>> Lo spirito gli disse: <<Leggi la pagina mancante!>> Robert la lesse. Emergeva la figura di un padre-padrone ostinato nel mantenere invariato tutto ciò che possedeva. <<Qui si vive in una dimensione cristallizzata! Una dimensione non più esistente. Una prigione!>> gli disse lo spettro. <<Che cosa posso fare io per lei?>> gli domandò Robert. <<Liberaci! Solo una figura esterna potrebbe riuscirci! Se il conte Tyrant si rendesse conto della pena che comporta la nostra condizione…>> Detto ciò, s’interruppe perché un forte colpo si udì provenire dal salotto. Svanita, Robert non poteva non recarsi in quella stanza. Entrato, lo vide. Il conte con il suo bastone gli si presentava davanti a lui e, come vide Robert, gli disse: <<Chi sei? Cosa ci fai qui? Che cosa vuoi?>> Gli pose tre domande cui Robert rispose: <<Sono un giornalista e sono qui perché chiamato per portare un messaggio!>> Il conte disse: <<Quale messaggio?>> Robert gli disse: <<Liberi la sua famiglia da questa dimensione. Il mondo è cambiato!>> Sentito ciò, il conte gli disse:<<Libertà? Sono liberi! Nelle loro stanze possono fare quello che il costume detta!>> Robert gli disse: <<Guardami! Il mondo è cambiato! Libera questa famiglia e liberati dalle tue paure! Non devi avere paura del cambiamento. Dette quelle parole, Robert pensò che sarebbe andata male per lui ma un fatto inaspettato sopraggiunse: il conte rise. <<Cosa c’è da ridere?>> gli disse Robert. <<Non sapevo di avere un parente così coraggioso!>> gli rispose il conte.  Robert non sapeva cosa dire. <<Un parente?>> gli disse. <<Tuo nonno fece uno studio se non sbaglio che non hai letto. Informati prima di agire! Non è un caso se venivi qua in vacanza…>> Robert gli disse che sul libro che aveva letto, non si era accorto di niente. <<Quel libro riporta la storia della genealogia di un cognome>> gli rispose il conte. Robert gli disse: <<E adesso cosa facciamo?>> Il conte lo guardò e gli disse: <<Prima mi demonizzi e poi mi schernisci? Va a casa tua e scordati tutto. Qui ci penso io!>> Robert, presa più fiducia in se stesso, gli disse che doveva liberare la sua famiglia dal suo giogo. <<E’tutto ciò che ho! Questo sono io! Ho creato io questa dimensione di esistenza!>> gli rispose il conte. <<La morte può essere una rinascita in meglio! Un’opportunità. Lei sembra un demone oscuro o un buco nero. E poi il suo nome la dice lunga… Non crede?>> gli disse Robert con una vena d’ironia che non sapeva da dove provenisse. Il conte s’infuriò, creò un caos nella stanza che fece volare tutto. Robert per salvarsi dovette saltare dalla finestra. In volo, sentì dire: <<Almeno qualcosa ha appreso a fare il reporter di guerra…la scaltrezza! Pace…>> Si ritrovò spiaggiato e zuppo il mattino sulla battigia del lago. Si alzò e cercò il castello ma vide solo i ruderi. Decise di far benedire il luogo, <<Non si sa mai…>> si disse Robert. Qualche tempo dopo si recò nuovamente in quei ruderi all’imbrunire ma non avvenne niente di paranormale.  Si recò in riva al lago, per poi cenare con un bel risotto alla zucca!

 

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