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Il “fenomeno 5 Stelle”

Marzo 09
21:37 2018

Il Movimento 5 Stelle ha stravinto senza dubbio le elezioni del 4 marzo, ma non regge alla prova di alcuni fatti. Vediamoli. A pochi giorni dal trionfo elettorale, il Movimento 5 Stelle si è candidato al governo del Paese. Ma lo ha fatto già prima, nella misura in cui ha formato e presentato la lista dei ministri in pectore. Ora il loro problema sarà quello di sostituire la critica di costume (qualunquismo) e il giustizialismo, con una politica di governo. Il che collassa di fronte al fatto che gli eletti del M5S non sono asceti, come si è visto, bensì persone emerse dal corpo del proletariato giovanile odierno, che mantengono uno status di bisogno materiale. Lo “scandalo” dei mancati bonifici l’ha confermato. Inconsapevole dei costi del vivere quotidiano, il “capo” ha dettato una linea materialmente insostenibile per gli eletti del movimento. Veniva la voglia di domandare al comico miliardario se, per caso, conoscesse i prezzi correnti del pane e degli altri viveri di prima necessità. Grillo e i suoi dovevano mantenersi ob torto collo su una linea di moralismo fanatico. Non potevano fare altrimenti, poiché oltre il moralismo fanatico emergono la condizione e la natura sociale dei suoi stessi eletti e del suo elettorato, che sottintende un tipo di istanze classiste che il M5S cerca di espungere e rimuovere dal contesto delle vicende politiche. L’idea che basti solo una politica moralizzatrice per rimettere in sesto il Paese, ha rivelato i suoi limiti, le sue insufficienze e contraddizioni. Non era più convincente. Serviva una proposta di governo e l’hanno presentata. O, almeno, hanno esibito una squadra di governo. Gli elettori, spinti da un sentimento di rabbia e di indignazione verso una casta politica corrotta e ributtante, hanno iniziato ad accorgersi che il male non consiste soltanto e semplicemente nell’uso degenere del potere politico, bensì nella natura stessa della politica nel quadro statale borghese. Una politica che, anche se fosse ricondotta, in linea teorica, in un ambito di decoro, sul piano pratico continuerebbe ad agire contro le masse del proletariato. Il M5S non si accorge, o finge di non accorgersi che sono altre (assai più profonde) le pulsioni sociali che iniziano a germinare nel grembo di una coscienza embrionale (non ancora di classe) dell’elettorato grillino. In primis, emerge un’istanza di giustizia sociale, che non può essere soddisfatta dal moralismo, ovvero dal giustizialismo deteriore. Quindi, affiora il rigetto o la rivolta ad uno status di sottomissione rispetto ad un’economia che si determina altrove e che funziona come una vera e propria macelleria sociale. Si fa strada una nuova idea del modo di produrre il cambiamento dello status sociale di milioni di persone e tutto ciò ha generato un senso di inquietudine, di rabbia e di insofferenza verso le prediche, un’avversione ed un fastidio verso una politica che si dimostra sempre più dissimulata ed ipocrita, in quanto mistifica le ragioni reali che stanno all’origine dei bisogni, delle sofferenze e dei disagi di milioni di proletari, soprattutto dei giovani precari del Sud Italia. Mi pare che non si comprenda ancora come un’operazione (sottesa) di demoralizzazione dei proletari, determinata da un senso di inutilità del voto, non sia riuscita per nulla. Le elezioni hanno denunciato esattamente il contrario: la fragilità e l’attaccabilità del quadro politico borghese. Infatti, si è messo in moto un processo di rottura che ha coinvolto milioni di persone, appartenenti in gran parte al proletariato giovanile e meridionale, che testimonia in modo palese come la politica borghese non sia affatto onnipotente, ma possa essere disarticolata da un’iniziativa cosciente ed attiva del proletariato odierno, composto dal precariato giovanile.

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