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Il modello Riace

Il modello Riace
Ottobre 07
14:54 2018

Non sono mai stata a Riace e, quindi, non conosco di persona quello che succede là.

Da quello che ho capito dai resoconti di altri, però, Riace era uno dei tanti paesi italiani, in estinzione, almeno in parte. Gli immigrati, allora, hanno ripopolato la parte superiore, proprio quella spopolata a partire dagli anni ’60, riaprendo le botteghe artigiane e commerciali, resuscitando antichi mestieri tipici. Così, c’è un ambulatorio medico che serve per tutti, un asilo multietnico, dove lavorano 14 ragazzi del posto, e la scuola dell’obbligo.
Mi viene spontaneo paragonare questo paese all’isola di Ventotene che, da questo anno scolastico, non ha più la Scuola media.

Infatti, a Ventotene (circa 200 abitanti), non c’erano sufficienti bambini per tenere aperta una scuola, anche se moderna, ristrutturata e intitolata persino ad Altiero Spinelli! Per risolvere il problema, era  stato proposto di accogliere due famiglie di siriani, nove persone in tutto ma con tre ragazzi da iscrivere alle medie. Ebbene, quei profughi non sono stati accettati. I Ventotenesi hanno preferito, per i figli, la scuola sulla terraferma a un’ora di battello, quando il mare lo permette. Hanno scelto, cioè, che i figli, tra i 10 e i quattordici anni, rimangano, per tutto l’anno scolastico, lontani da casa.

Di questo si è parlato poco. Invece, c’è tanto clamore sul Sindaco di Riace. Se non ha osservato le leggi, di cui lui stesso è rappresentante e garante, è evidente che deve essere giudicato dalla magistratura. Ogni persona, sindaci compresi, deve osservare le leggi.

Stupisce, però, tutto questo chiasso, come stupisce che addirittura il Ministro dell’Interno, garante degli organi elettivi e degli enti locali, così come a tutela dei diritti civili, compresi cittadinanza, immigrazione, asilo, lo abbia definito “uno zero”, emettendo, cioè, un giudizio di valore su una carica istituzionale del suo stesso stato!

Ma sono i tempi moderni a cui dobbiamo adeguarci, dove tutti possono dire quello che gli passa per la testa, non nella propria camera da letto, come si faceva una volta, ma ovunque, davanti a folle sbavanti o nelle ben pianificate e orchestrate dirette face book.

Io posso solo aggiungere, magari, le parole di  padre GianCarlo Bregantini, già Vescovo della Diocesi di Locri-Gerace per 14 anni, che conosce personalmente la situazione: ”Confido nella magistratura perché possa far luce su tutta questa dolorosa vicenda. Sento però che tutto potrà essere chiarito se si spegneranno quei toni polemici di chi cerca non la verità ma la vittoria di opinioni personali interessate. È  in gioco il bene comune del paese. Chiedo alla politica di riflettere bene su questo ‘modello’, specie in questo momento di grandi battaglie, per evitare che in futuro il binomio tra sicurezza e migranti diventi negativo e di contrapposizione. I migranti, come si impara da Riace, sono una risorsa non un pericolo. Riattivano paesini che stanno morendo, come già constatiamo con tanta trepidazione anche in Molise. Accoglierli con saggezza e con un buon piano di integrazione, specie insegnando loro la nostra bella lingua italiana, renderà più aperti i nostri cuori e le nostre città. Perché è vero quello che scrive papa Francesco, nella sua Evangelii Gaudium, quasi descrivendo la piccola Riace: ‘Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo!’”

Come ripeto, non sono mai stata a Riace, ma ho fatto qualche passeggiata in Piemonte, dove non è raro trovare campi e cascine, una volta animati e fertili, completamente abbandonati. La città ha adescato figli e nipoti dei vecchi contadini, mezzadri, braccianti.

Credo, quindi, che si debba tornare indietro, che le nostre campagne debbano essere ripopolate per dar lavoro a tanti e aumentare la nostra produzione di cibo. Questo lo dico, ovviamente, agli italiani e spero che ci pensino su.

Credo anche, però,  che i migranti possano aiutarci a ripopolare le nostre campagne. Mi rendo conto che non sia semplice. Ci deve essere, in ogni comune interessato, qualcuno che se ne occupi, che insegni il mestiere, che guidi e accompagni queste persone per un periodo di tempo, prima che possano essere autonome.

Accogliere i poveretti fuggiti da miseria e fame, oltre che da guerre, terrorismo, dittature, non è abbastanza, se poi li lasciamo sulle strade.  Dobbiamo farli entrare nel ciclo produttivo facendo del bene a loro ma anche al nostro paese. È con il lavoro che l’essere umano realizza la dignità della sua persona, aumenta il Pil, paga le pensioni ecc. ecc.

Si blatera sempre di chiudere i porti e di rimandare al proprio paese quelli che non sono “veri” profughi.

Si tratta di slogan, spesso inattuabili o attuabili a prezzo di innumerevoli morti, che creano, però, consenso immediato. Non si approfondisce mai, seriamente, il motivo che spinge tanta gente a rischiare la propria vita nei barconi  e neppure si progetta seriamente come integrare concretamente  quelli che ci sono.

Lo so, è più facile urlare frasi ad effetto che lavorare davvero, trovare soluzioni realistiche, impegnarsi in un mondo che non può più essere quello degli anni settanta, come ancora credono la maggioranza dei nostri politici.

Persino le persone che sono ancora in attesa di una risposta alla loro domanda di asilo dovrebbero rendersi utili alla comunità che li ospita. Dato che beneficiano già di un mantenimento, possono fare dei lavori volontari, tipo pulire le strade, tagliare l’erba nei giardini, nei fiumi, nei torrenti e tanto altro.

Ogni tanto, in qualche comune illuminato, ci provano, anche se questo richiede molta responsabilità, perché bisogna insegnare, seguire, controllare, e non basta stare seduti a lamentarsi.

Qualcuno mi dirà che ai richiedenti asilo non è permesso lavorare. Lo so, ma queste regole andavano bene quando nessuno si sognava di venire a chiedere asilo in Italia. Ora non è più così. Cambiare regole fatte per un mondo che non esiste più, può anche evitare che razzismi, fascismi, nazismi, plagino del tutto  le nostre menti.

 

Renata Rusca Zargar

http://www.senzafine.info/

 

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